Oggi è il “Giorno della memoria del disastro di Chernobyl”: 38 anni fa il più grave incidente atomico della storia. Un’esplosione nella centrale nucleare ucraina ha diffuso la nube radioattiva che ha causato circa 4mila vittime secondo le stime dell’Onu, molte di più secondo altre fonti e 350mila sfollati dalla regione circostante. Gran parte della popolazione colpita è rimasta nelle zone contaminate, anche a causa delle difficili condizioni economiche, con conseguenze disastrose per la salute e per l’ambiente, gli ecosistemi, la flora e la fauna.
La quantità di radiazioni rilasciate secondo Legambiente: “è stata almeno 100 volte superiore a quella delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki”. “Il fall-out nucleare ha colpito l’Ucraina, la Russia e per il 70% ha colpito la Bielorussia, il Paese più colpito”. “Oltre all’abbassamento delle difese immunitarie e all’aumento di numerose patologie legate ad una dieta fortemente contaminata da radionuclidi, si registra un fortissimo aumento dei casi di cancro alla tiroide che ha colpito soprattutto i più piccoli a causa dello iodio radioattivo fuoriuscito dalla centrale nella prima fase del disastro. A ciò si aggiungono una serie di gravi patologie psicologiche legate alla cosiddetta “sindrome di Chernobyl”. Molti, spiega Legambiente, hanno presentato sintomi legati alla consapevolezza di vivere in una zona altamente contaminata e senza futuro per sé e per la propria famiglia.
Per questo motivo, ogni anno, il 26 aprile, si celebra la “Giornata internazionale in ricordo del disastro di Chernobyl” in commemorazione del disastro del 1988.6, a seguito della decisione assunta l’8 dicembre 2016 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Oggi Chernobyl è abitata, ci vivono circa 500 persone e l’età media è molto alta. Vive solo in alcune zone ed è vietato l’accesso alle zone altamente contaminate. Prima della guerra molti abitanti della zona fungevano da guide per i turisti che visitavano la zona.
