“Un riconoscimento per tutte le donne che hanno la voglia e la tenacia di avere le giuste opportunità” – .

“Un riconoscimento per tutte le donne che hanno la voglia e la tenacia di avere le giuste opportunità” – .
“Un riconoscimento per tutte le donne che hanno la voglia e la tenacia di avere le giuste opportunità” – .

Intervistato da Marino Petrelli su “Il Messaggero”, Silvia marziale ha commentato il premio Arbitro dell’Anno LBA recentemente ricevuto: “Viene per le mie capacità in campo ed è un riconoscimento per tutte le donne che, come me, hanno la voglia e la tenacia di avere le giuste opportunità, senza differenze di tipologia . È un premio che è stato per me una grande sorpresa e mi ha fatto ancora più piacere che me lo abbiano assegnato gli esperti stessi. Lo vedo come un grande riconoscimento per il mio lavoro in campo e un incoraggiamento e un segno di accettazione della persona, del mio genere e dell’arbitro che sono. Il basket, e lo sport in generale, non è più esclusivamente maschile, ormai vedere una donna, anche vincente, non è più motivo di scalpore. Maggiore visibilità hanno avuto le finali del campionato di basket femminile tra Venezia e Schio. Il girone di Euro 2025 Women che si disputerà a Bologna sarà un ulteriore passo per dimostrare che il basket femminile esiste ed è sano in Italia. Grazie anche ad atleti di livello internazionale”.

Fuori dal campo, Marziali è ufficiale medico dell’Aeronautica Militare: “Il sogno della medicina è nato quando ero piccolo, ma il basket è stata la mia prima passione e a Porto San Giorgio ho iniziato a giocare, poi ad arbitrare. Gestire entrambe le cose è difficile, utilizzo gran parte delle mie vacanze per arbitrare, ad esempio a metà luglio sarò in Messico per il Mondiale Under 17 femminile, ma per ora sto riuscendo a conciliare lavoro e passione con il sacrificio”.

Nel corso della sua carriera, Silvia ha ricevuto dal presidente Malagò la Stella d’Oro al merito sportivo per l’impegno profuso durante i mesi del Covid: “Un bellissimo riconoscimento, quella medaglia la porto con orgoglio sulla mia divisa. Sono stati due anni molto difficili, mi hanno messo alla prova profondamente come persona: vedere morire così tante persone in reparto è una cosa che ti segna profondamente e ti cambia. Oggi sembra che non sia successo nulla, posso attestare con certezza quanto accaduto con la mia esperienza sul campo in terapia subintensiva”.

 
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