NARDELLA PARLA. «SPERO CHE IL TOUR IN ITALIA POSSA RIACCENDERE L’ENTUSIASMO COME SINNER HA FATTO PER IL TENNIS» – .

NARDELLA PARLA. «SPERO CHE IL TOUR IN ITALIA POSSA RIACCENDERE L’ENTUSIASMO COME SINNER HA FATTO PER IL TENNIS» – .
NARDELLA PARLA. «SPERO CHE IL TOUR IN ITALIA POSSA RIACCENDERE L’ENTUSIASMO COME SINNER HA FATTO PER IL TENNIS» – .

Per certi versi è anche un maratoneta. Dario Nardella, quarantacinque anni, sposato, padre di tre figliè una laurea in giurisprudenza e un diploma di conservatorio in violino il primo cittadino di una delle città più belle del mondo: Firenze.

Per certi versi anche lui è un maratoneta, dicevamo, infatti il ​​sindaco della città gigliata è un uomo paziente e resistente, pronto e volitivo, che vive la lunga attesa con giustificata emozione per la Grande Partenza dall’Italia. Dalla sua Firenze, dalla Toscana e dall’Emilia Romagna, fino al Piemonte.

Ventuno giorni dal sogno. Da un sogno che si realizza, ma che ha radici lontane. Mi è venuta un’idea in occasione dei Mondiali di Firenze del 2013. Un evento seguito ed apprezzato, frequentato soprattutto da tanti appassionati. «È stato un successo su tutta la linea e proprio in quel momento ho cominciato a pensare che si potesse fare qualcosa in più – rconto di tuttobiciweb il primo cittadino della città dei Medici -. E cosa c’è di più grande di un campionato del mondo? Il Tour de Francel’evento sportivo più televisivo al mondo dopo le Olimpiadi e i Mondiali di calcio che però si tengono ogni quattro anni”.

Nel 2013 Dario Nardella era vicesindaco di Firenze (il vice di Matteo Renzi, ndr) con delega allo sport e di conseguenza è stato anche presidente del comitato promotore della settimana iridata. «Ho capito l’impatto che quei mondiali avevano avuto sulla città e sull’intero mondo del ciclismo e ho capito quanta voglia ci fosse di vivere grandi eventi mondiali nella nostra città – prosegue Nardella -. Così ho iniziato a stabilire rapporti con il direttore del tour Christian Prudhomme e alcuni amici francesi. Abbiamo provato una prima nomination nel 2014, ma perdemmo di poco contro Leeds: quello sarebbe poi stato il Tour di Vincenzo Nibali, un volo fantastico che contribuì comunque a colorare quell’edizione di tricolore. Nonostante quella sconfitta di misura, non ho mai smesso di coltivare quel sogno e la svolta, come ha detto lo stesso Prudhomme a Parigi, in occasione della solenne presentazione alla stampa internazionale, è stata quando nel 2020, in piena emergenza Covid, Ho inviato un messaggio con una foto di Firenze completamente vuota, con la scritta: “Firenze bella e triste. Chissà se riusciremo a realizzare il nostro sogno”. Il numero uno dell’Aso (l’organizzazione che organizza il Tour, ndr) è rimasto molto colpito e me ne ha parlato solo più tardi, dopo anni di attesa. Nel frattempo abbiamo deciso di cambiare strada e fare squadra con Stefano Bonaccini e con l’Emilia Romagna e successivamente anche con il Piemonte che ci ha permesso di affrontare con maggiore serenità la sfida economica (circa 6 milioni di euro, ndr).

Davide Cassani ha avuto un ruolo importante.

«Sì, Cassani e Bonaccini sono stati fondamentali per arrivare alla realizzazione di questo progetto, così come lo sono stati i rapporti intrattenuti dal sottoscritto con Prudhomme da oltre dieci anni. Questi due fattori sono stati davvero importanti: io e Bonaccini-Cassani eravamo un’ottima combinazione”.

Senti già il profumo del Tour?

«I cugini francesi mi hanno recentemente confermato che anche per loro c’è molta attesa, sottolineando che la partenza da Firenze è la più attesa tra le edizioni che partono da fuori dei confini nazionali».

Hai mai praticato il ciclismo?

«Ho sempre avuto una grande passione per questo sport e ho anche un grande rammarico: non aver mai conosciuto Gino Bartali, uomo e corridore di immensa grandezza. Una figura mitologica e romantica che ha segnato la storia del nostro Paese. Tornando alla sua domanda, io pratico ciclismo, quando posso salgo in bicicletta. Ho un bellissimo Canyon, anche se da quando sono diventato sindaco ho dovuto ridurre le uscite: ho tanti impegni e il ciclismo è uno sport molto impegnativo che richiede tanto impegno. Non basta fare una passeggiata di mezz’ora, non ti serve assolutamente nulla”.

Hai una figura del ciclismo nel tuo cuore?

«Più di uno, anche se in cima alla mia lista c’è Alfredo Martini, uomo di grande saggezza, intelligenza e sensibilità. Un gigante. Sai cosa penso?”.

Che cosa?

«Che il ciclismo è lo sport più romantico di tutti».

Avrà incontrato anche tanti altri corridori nel corso degli anni…

«Se sei sindaco di Firenze e vivi in ​​Toscana non puoi evitare di incontrare eccellenze del ciclismo come Paolo Bettini e Alessandro Petacchi, Andrea Tafi, Michele Bartoli e Mario Cipollini, solo per citarne alcuni».

I suoi campioni da quando era ragazzino?

«Due: Mario Cipollini e Marco Pantani: due artisti. Due campioni assoluti di infinita grandezza. La parabola umana di Marco mi ha poi addolorato profondamente”.

Tra gli stranieri?

«Miguel Indurain. Elegante e fortissimo, peccato solo che i nostri Gianni Bugno e Claudio Chiappucci abbiano ceduto ai suoi colpi di pedale. Tuttavia, innegabilmente, Miguel era un campione di eleganza, eleganza e stile.”

Cosa chiedi al Tour?

«Mi aspetto un’edizione indimenticabile che rimarrà per sempre nella storia della Grande Boucle. Il rapporto tra il ciclismo italiano e quello francese è talmente profondo e vero che non può essere altrimenti. Il rapporto storico tra Firenze e la Francia è fatto per essere raccontato e ha tutto per essere una storia importante. “Mutatis mutandis”, penso che questo Tour sarà anche un grande evento di fratellanza tra due popoli di grande tradizione sportiva e culturale che da sempre vivono una sana rivalità, con pari sportività. Ci siamo sfidati su tutto: dal vino alla cultura, dai formaggi al calcio e in un momento in cui le tensioni tra Stati sono sempre così alte, spero che il Tour possa inaugurare una nuova stagione di amicizia e collaborazione tra i nostri due Villaggi. Spero che questo “Italian Tour” possa riaccendere l’amore per questo sport anche tra gli italiani, così come Sinner ha riacceso l’entusiasmo, l’amore e l’interesse per il tennis. Mi auguro anche che il nostro Paese torni ad essere una fucina di talenti, un bacino di nuovi campioni. Purtroppo non abbiamo una squadra italiana World Tour, anche se il nostro amico Davide Cassani ci ha provato con grande impegno e spero che quella speranza non si sia affievolita”.

Visto che tu realizzi i sogni, perché non provi ad aiutare Cassani a creare una squadra italiana?

«Non lo escludo a priori: sarebbe il primo passo verso quello che potremmo definire un Rinascimento del ciclismo italiano nel mondo. E Firenze, la Toscana, l’Italia sanno qualcosa del Rinascimento”.

 
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