“Italia, alcuni tecnici stanno tracciando un percorso attraverso…” – .

“Italia, alcuni tecnici stanno tracciando un percorso attraverso…” – .
“Italia, alcuni tecnici stanno tracciando un percorso attraverso…” – .

E anche una riflessione ampia, che coinvolga tutto il sistema, senza nascondersi.

“Il problema è che siamo vecchi. Come Paese. E il calcio è semplicemente lo specchio del Paese. Chi deve decidere è talmente preso dagli aspetti politici che non pensa mai alla tecnica, alla palla, in senso stretto. Il gioco deve essere al centro del dibattito.”

Come uscirne? Il sistema dovrebbe essere riformato?

“Abbiamo bisogno di un rinnovamento, siamo stati lasciati fuori dal Mondiale due volte. Ma quante volte lo abbiamo ripetuto? Ma poi non facciamo niente. In Germania hanno 24 centri federali. In Francia 16. In Svizzera 3. Noi ne abbiamo uno, costruito nel 1957. Senza strutture non c’è pianificazione. Senza pianificazione non c’è crescita”.

Gli svizzeri sono diventati forti, noi siamo diventati poveri. Come è successo?

“Quando sono entrato in FIGC come coordinatore tecnico nel 2010, prendevamo 3-4 gol in ogni partita contro i ragazzi svizzeri. Allora sono andato da loro per capire. Abbiamo fatto due giorni di allenamento, di corsa. Loro, avendo tre centri federali che raccolgono i ragazzi ogni 80-90 km, hanno lavorato una settimana intera. È così che si cresce.”

Si ha la sensazione che corrano tutti più velocemente di noi.

“Per fare il pressing giusto, quello che ti fa vincere le partite, servono tempismo corretto, distanze corrette, un gruppo organico, valori morali. Il pressing va allenato. Ci sono giocatori che costano 70 milioni. Ma non sanno fare pressing. Non importa quanto costi, ma quanto vali.”

C’entra anche il fatto che in Serie A il 65% dei minuti sono giocati da stranieri?

“Il problema non sono gli stranieri, ma gli stranieri mediocri. Tolgono spazio ai giovani italiani senza alzare il livello, anzi lo abbassano. Rileggete la storia: ogni volta che abbiamo favorito l’invasione di giocatori dall’estero, l’Italia è andata in difficoltà.”

Giocatori scarsi, grandi allenatori. Siamo più bravi a insegnare che a fare?

“Come eccellenza, sì. Qualcuno sta tracciando la strada, nel gioco: Gasperini, Sarri, Italiano, De Zerbi. Ma il problema è alla base. Servono allenatori che guardino al futuro. Bisogna formare i maestri, soprattutto nei settori giovanili, nelle scuole calcio. Altrimenti succede come l’altra sera: professionisti strapagati che non sanno cosa fare con la palla tra i piedi”.

Il quadro è fosco. Dovremmo rassegnarci?

“Il calcio ti dà sempre un’altra possibilità, è questa la sua bellezza. Ma solo se cambi idea, con umiltà. Si può fare. Lo abbiamo già visto altrove, in altri Paesi. Ma per farlo dobbiamo rinnovarci, concentrandoci sul gioco, sui fatti e non sulle parole. Sul merito e non sul clientelismo. Ma c’è un solo segreto per il successo.”

Quale?

“Giocate in squadra. È l’unico modo per vincere.”

 
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