“A Mutiny Never Seen Before” – Libero Quotidiano – .

“A Mutiny Never Seen Before” – Libero Quotidiano – .
“A Mutiny Never Seen Before” – Libero Quotidiano – .

Testimone prezioso del tempo, Italo Cucci È stato Direttore e inviato speciale per mezzo secolo della storia e della gloria degli Azzurri. Andando-vedendo-incontrando-raccontando ha vissuto in prima persona giornate emozionanti per la nostra Nazionale e altrettante sfortune. Ancora sotto shock per la partita (non) giocata contro gli svizzeri, si abbandona a Libero ai ricordi. Quelli malinconici, almeno, visto quello che le notizie delle ultime ore dettano.

Da quale disgrazia calcistica vuoi partire?
“Fin dal Mondiale del 1950, ero ancora un bambino e mi raccontavano che quella dolorosa sconfitta arrivò in modo comico: per paura del viaggio aereo, dato che la tragedia di Superga era ancora fresca, la Nazionale si trasferì in Brasile in piroscafo. Fu un viaggio infinito, gli azzurri si allenavano sul ponte della nave e tutti i palloni finivano in mare. Al Mondiale perdemmo con la Svezia e tornammo subito a casa.”
La prima sconfitta italiana vissuta in diretta?
«Ai Mondiali del Cile ’62. Ero lì come giovane inviato e, per un paio di articoli poco felici scritti da due colleghi italiani contro il Cile, ci fecero pagare in campo. L’arbitro Aston fischiò la fine della partita contro i cileni. Ci batterono anche loro, finì 2-0 per loro e addio alle nostre speranze».

Inghilterra 1966: l’anno del famigerato Corea, la madre di tutti i flop.
“Era la partita decisiva per passare ai quarti di finale, Fabbri mandò il suo vice, Valcareggi, a spiare l’allenamento dei coreani. “Si muovono come Ridolini”, dichiarò Ferruccio. Bulgarelli si fece subito male e giocammo in dieci perché non erano ancora state introdotte le sostituzioni. Trafitti da un fulmine di Pak Doo-ik, tornammo a casa pieni di pomodori”.
Passiamo al 1970?
“Siamo arrivati ​​secondi dietro al grande Brasile ma tra polemiche: Gianni Brera, interista, e altre influenze politiche hanno portato all’incredibile passaggio di consegne tra Mazzola e Rivera. Una follia. Nella finale dell’Azteca, lo stesso Pelè si è stupito nel vedere Rivera, Pallone d’Oro, in panchina.”
Nel 1974, con la sconfitta ai Mondiali di Germania, venne sviluppato il concetto di Azzurro tenebra.
“Era la nazionale dei messicani che era stanca e un po’ sfinita: Rivera, Riva, Mazzola, Facchetti, Burgnich. Inoltre lo spogliatoio era diviso in clan. Si sparse la voce che qualche azzurro aveva provato a comprare il pareggio contro la Polonia per qualificarsi ma Artemio Franchi, presidente della federazione calcistica, mi giurò che non era vero.”

Nel 1986 un’altra sconfitta: Bearzot visse un momento di debolezza e affondò con i suoi cavalieri che avevano compiuto l’impresa a Spagna ’82.
“Dopo quel trionfo suggerii a Enzo: vai via, accetta l’offerta che ti arrivava dalla nazionale degli Emirati Arabi Uniti. Ma Bearzot, friulano romantico e testardo, non rinunciò agli azzurri. Negli ottavi di finale con la Francia fece marcare Platini da Baresi, purtroppo fu Beppe e non Franco: 2-0 per i transalpini”.
Andò meglio nel 1990 (terzo) e nel 1994 (secondo). No?
“Nel 1990 giocammo in trasferta a Napoli, dove Maradona e l’Argentina tifavano, e perdemmo per una gaffe di Zenga. Quattro anni dopo arrivammo secondi perché Baggino, dolorante, sbagliò il rigore decisivo a causa delle sue condizioni fisiche non perfette. Fu costretto a giocare per la pressione degli sponsor.”
Durante i Mondiali del 2002 siamo stati derubati da un informatore, giusto?
“Prima di quel Mondiale sono andato in Corea e ho incontrato il potente locale che era responsabile dell’evento. Ho capito subito da che parte tirava il vento. Nella partita contro la squadra di casa, l’arbitro Moreno ci ha vergognosamente eliminati. È stata la seconda Corea della nostra storia. La prima ce l’eravamo meritata nel 1966, quella l’abbiamo subita.”

L’attuale periodo buio della nostra nazionale è iniziato in Sudafrica. Cosa ricordi del 2010?
«La convinzione che ho maturato su Lippi. Non si deve mai tornare sul luogo del trionfo, come fece Bearzot nel 1986. L’unico grande allenatore che è riuscito a vincere due Mondiali, e di fila, con la Nazionale è stato Vittorio Pozzo: nel 1934 e nel 1938».
Da allora abbiamo vinto solo un Europeo, nel 2021, ma ne abbiamo persi tre. Poi siamo subito usciti in due Mondiali e non ci siamo qualificati in altre due occasioni.
«Nel 2010 ho deciso di concludere la mia lunga storia di inviato dei Mondiali e degli Europei, quasi prevedendo quello che stava succedendo alla nostra amata Nazionale».
A mente fredda, cosa pensi del crollo con la Svizzera?
“È stato quasi un ammutinamento contro tutto e tutti. Non ho mai visto una squadra italiana giocare, o meglio non giocare, in quel modo. A parte Donnarumma e Calafiori, chi salvare? Nessuno.”
Ancor meno Spalletti? Oppure le concede delle attenuanti?
«La convinzione è sempre la stessa: non si può allenare la Nazionale con la mentalità e la strategia di un allenatore di club».
Rimedi?
“Affidare la squadra non a un allenatore che viene dal campionato e che pretende tempo da trascorrere con i giocatori e imporre le sue idee. Bisogna mettere un selezionatore alla guida degli azzurri. Una persona che viene dalle strutture federali e che sia in grado di guidare la nazionale in pochi giorni. Chi seleziona, non chi allena.”
Bearzot proveniva dai ranghi federali…
“Anche Valcareggi. E, stranamente, uno ha vinto un campionato del mondo e l’altro un campionato europeo.”
Sono pochi i giocatori italiani che giocano nelle squadre di club, una tendenza che molti stanno adottando.
“È in parte vero, ma le nostre meravigliose nazionali giovanili, l’Under 17 e l’Under 19, stanno ottenendo successi.”
Il talento della speranza a cui possiamo aggrapparci?
«Francesco Camarda, mi dicono che ha segnato 483 gol nelle giovanili del Milan e nelle altre squadre in cui ha giocato. Ha 16 anni ma ricordo che a quell’età esordirono in Nazionale Renzo Vecchi, detto il Figlio di Dio, e Gianni Rivera, detto il Ragazzo d’Oro».

 
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