Gravità quantistica in una trappola atomica – .

Gravità quantistica in una trappola atomica – .
Gravità quantistica in una trappola atomica – .

In questa fotografia, si vedono cluster di circa diecimila atomi di cesio fluttuare in una camera a vuoto, fatti levitare da raggi laser incrociati che creano un reticolo ottico stabile. Un peso cilindrico in tungsteno e il suo supporto sono visibili in alto. Credito: Cristian Panda, UC Berkeley

Un tempo, per studiare la gravità, bastava lasciar cadere un oggetto dall’alto, come nel caso del celebre esperimento, attribuito a Galileo, della caduta di gravi dalla Torre di Pisa. Oggi le questioni fondamentali della fisica ancora senza risposta – e sono tante – attorno a questa che resta la più irriducibile delle forze, l’unica che resiste ancora a una teoria del tutto, richiedono esperimenti enormemente più complessi. Esperimenti come quello preparato da un team di fisici dell’Università della California, Berkeley, riportato questa settimana sulle pagine di Natura, per cercare piccole deviazioni dalla teoria della gravità comunemente accettata. Deviazioni che, se trovate, potrebbero offrire indizi, ad esempio, per comprendere meglio la natura dell’energia oscura. Anche se i ricercatori non hanno trovato alcuna deviazione dalla teoria della gravità di Newton, i miglioramenti attesi nella precisione dell’esperimento promettono di scoprire prove a sostegno – o confutare – teorie come quella su un’ipotetica “quinta forza” mediata dalle particelle, il cosiddetto “camaleonte”. , o “simmetroni”, candidati a spiegare l’energia oscura.

L’esperimento, condotto sulla scia di altri analoghi di cui abbiamo già scritto MediaInafcombina un interferometro atomico, che consente di misurare con precisione la gravità, con un reticolo ottico in grado di tenere in posizione piccoli gruppi di atomi – in questo caso, gruppi di circa diecimila atomi di cesio – raffreddandoli e intrappolandoli con un sistema di raggi laser, per tempi relativamente molto lunghi, fino a 70 secondi. Consentendo così di arrivare a una misurazione dell’attrazione gravitazionale esercitata sugli atomi da una piccola massa – un cilindro di tungsteno – cinque volte più precisa della migliore attualmente disponibile.

Schema dell’esperimento condotto presso l’UC Berkeley. Piccoli cluster di atomi di cesio (rosa) sono stati immobilizzati in una camera a vuoto verticale, quindi ogni atomo è stato diviso in due pacchetti d’onda (bianco e blu) in modo che si trovassero in una sovrapposizione quantistica di due “altezze”, la “metà” superiore (bianca) più vicina alla massa di tungsteno (il cilindro lucido) e l’altra “metà” (blu) più bassa. Quando i pacchetti d’onda si ricombinano, danno origine a un’interferenza che consente di misurare la differenza di attrazione gravitazionale tra le due “metà”. Crediti: Cristian Panda/UC Berkeley

Ma come funziona? “In una prima fase, gli atomi di cesio vengono raffreddati con luce laser ad una temperatura prossima allo zero assoluto e intrappolati in ‘fori’ luminosi vicino ad un piccolo cilindro di tungsteno”, spiega MediaInaf uno dei coautori dello studio, Guglielmo Maria Tino dell’Università di Firenze. «Viene quindi creato un interferometro atomico: ogni atomo viene portato per alcuni secondi in uno stato quantistico in cui si trova contemporaneamente in due posizioni diverse in cui i valori del campo gravitazionale generato dalla massa sorgente sono diversi. Quando le due parti si sovrappongono nuovamente si osserva un effetto di interferenza quantistica da cui si può misurare l’attrazione gravitazionale esercitata sugli atomi dalla massa di tungsteno».

«Rispetto a precedenti esperimenti basati sull’interferometria atomica per lo studio degli effetti gravitazionali, come quelli condotti dal mio gruppo a Firenze ormai da circa vent’anni, la particolarità di questo lavoro», continua Tino, «sta nella piccola massa della sorgente utilizzata, da qui la necessità di ottimizzare la sensibilità dell’interferometro atomico controllando al contempo i possibili effetti sistematici».

Lo scopo principale di questi esperimenti, come abbiamo detto, è cercare risposte ai grandi problemi irrisolti della fisica fondamentale, dalla natura dell’energia oscura alla ricerca di una formulazione quantistica della gravità. “La maggior parte dei teorici concorda sul fatto che la gravità sia quantistica, ma nessuno ha mai osservato una firma sperimentale in tal senso”, ricorda a questo proposito un altro degli autori dello studio, Holger Müller della UC Berkeley. “Se potessimo tenere i nostri atomi 20 o 30 volte più a lungo di quanto mai prima, potremmo avere una probabilità da 400.000 a 800.000 volte maggiore di trovare prove che la gravità è effettivamente quantistica”.

L’interferometro a reticolo atomico può essere utilizzato, come sensore quantistico, anche per applicazioni più “quotidiane” che richiedono misure di precisione della gravità. «L’interferometria atomica è particolarmente sensibile alla gravità o agli effetti inerziali. È possibile sfruttarla per costruire giroscopi e accelerometri», sottolinea il primo autore dello studio, Cristian Pandadell’UC Berkeley. “Ciò dà una nuova direzione all’interferometria atomica, dove il rilevamento quantistico di gravità, accelerazione e rotazione potrebbe essere effettuato con atomi tenuti insieme da reticoli ottici in una struttura compatta che resiste alle imperfezioni ambientali o al rumore”.

«Questi dispositivi», conclude Tino, «potrebbero essere utilizzati, ad esempio, nella ricerca di cavità sotterranee e di risorse minerarie, nel monitoraggio dei vulcani attivi e nello studio dei terremoti».

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