Perché facciamo scherzi? – .

Perché facciamo scherzi? – .
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Gli scherzi sono molto diffusi nelle caserme, ma anche nei campus universitari, nei campeggi, negli uffici e alle feste. Anche nel mondo della scienza. Ma perché ci piace fare brutti scherzi agli ignari malcapitati, divertendoci alle loro spalle? E perché in certi periodi dell’anno (Carnevale, 1° aprile) si fanno più scherzi del solito?

1 aprile e Carnevale. Per cominciare, le battute hanno bisogno di una struttura che le giustifichi. Le migliori sono fornite dalle festività come Carnevale (“ogni scherzo è valido”), Capodanno, 1° aprile (“Pesce d’aprile”), Halloween (“dolcetto o scherzetto?”). Sono occasioni per ribadire che scherzare è un’eccezione consentita in certi periodi (“Una volta all’anno è consentito impazzire”). La tradizione degli scherzi, infatti, nasce nell’antichità per celebrare il rinnovamento delle stagioni, in cui il “vecchio” deve morire per fare spazio al “nuovo”, quindi anche le norme e le gerarchie sociali vengono ribaltate. La loro versione moderna consiste nel lanciare torte ai politici: per ricordare loro che, proprio come noi, sono esposti alle miserie della vita.

Gli scherzi dei greci e dei romani. Gli scherzi, quindi, sono un fenomeno sociale antichissimo. Servono a rafforzare i legami, i valori e la gerarchia di un gruppo, a sanzionare comportamenti scorretti o a ridimensionare chi ha troppo potere. E, talvolta, per scoprire nuovi aspetti della realtà. La battuta, infatti, ci accompagna da millenni: il Decameron (1350) di Giovanni Boccaccio ne racconta diversi, ma secondo i critici Ulisse può già essere considerato un burlone perché ingannò Polifemo dicendogli che si chiamava “Nessuno”. E la letteratura greca e romana è piena di personaggi burloni (soprattutto servi), che ispirarono la nascita dei giullari e le maschere di Arlecchino e Pulcinella. Eppure non è facile definire uno scherzo. Per Moira Marsh, antropologa dell’Università dell’Indiana Bloomington e autrice di Praticamente scherzando è «una forma di gioco unilaterale. È un copione in cui un bersaglio (la vittima) viene manipolato, spinto a dire o fare qualcosa sulla base di una convinzione errata”: nell’esempio del marinaio, la ricerca di un tono inesistente. “Scherzi sempre alle spese di qualcuno”, sottolinea Marsh. «Lo scopo è provocare disagio mentale o fisico, ma non necessariamente angoscia; imbarazzo, ma non necessariamente umiliazione; dolore ma non necessariamente mortificazione”.

Lo scopo degli scherzi. Insomma, gli scherzi sono trasgressivi, perché trattano le persone come marionette, senza il loro permesso.

Sono come scherzi messi in scena: l’effetto comico è dato dalla presenza parallela di due sceneggiature, una apparente e una reale, che si svela alla fine, dando significato allo scherzo. Ma con una differenza: negli scherzi i burloni e gli spettatori ridono anche se conoscono già il finale, l’unica incertezza è quando verrà scoperto l’inganno e quali saranno le reazioni della vittima. Immaginarli è metà del divertimento per un burlone. Qual è lo scopo degli scherzi? L’antropologo Keith Basso dell’Università del New Mexico li definisce “un piccolo gioco di moralità”. Spesso, infatti, uno scherzo è concepito “per inviare un messaggio di sanzione da parte di un gruppo”: lo scherzo è l’occasione per dare una lezione a qualcuno che se lo merita.

L’occhiello di Lucio Battisti. Come ha fatto il giornalista Franco Zanetti, che ha fondato il sito di notizie musicali nel 1996 Rockol.it: «Per due anni», disse, «i giornali hanno ripreso i nostri articoli senza citarci come fonte. Così il 1 aprile 1998 creammo un falso scoop: Lucio Battisti, dopo diversi rifiuti da parte delle case discografiche, avrebbe pubblicato sul sito il suo nuovo album luciobattisti.com, che abbiamo effettivamente aperto. E avrebbe un titolo L’asola». Già il titolo era un indizio rivelatore: togliendo l’apostrofo e spostando l’accento lo è diventato L’unicoche in dialetto romanesco significa la fregatura, l’inganno. Solo una stampante del Corriere della Seradurante la stampa del giornale, da appassionato di enigmi, si accorse che le lettere iniziali dei 12 titoli dell’album, lette in successione, formavano la scritta pesce d’aprile e corretto l’articolo. Ma tutti gli altri giornali caddero nella trappola, annunciando l’album inesistente di Battisti. «Nemmeno questa volta sono arrivate alla redazione richieste di verifica, che avrebbero evitato cifre mediocri», precisano i redattori di Rockol.it. «Anzi, abbiamo assistito a comici tentativi di appropriarsi della notizia, tanto che i presunti scoop si sono trasformati in boomerang».

Burloni e vittime. Lo scherzo ha avuto successo perché cucito su misura per le vittime: «L’abilità del burlone», spiega Marsh, «consiste nell’adattare gli scherzi in modo che sfruttino le abitudini, le debolezze e la personalità delle vittime. Più stretto è l’adattamento, migliore è lo scherzo. Secondo la logica dello scherzo, infatti, le vittime non recitano un copione: sono semplicemente se stesse, mettendo in mostra inconsciamente i propri difetti affinché gli altri possano prendersi gioco di loro.

Quando rispondono a falsi stimoli (come lo spot di Battisti) si mostrano per come sono realmente: «Incarnano il divario tra come vedono se stessi e come li vedono gli altri. L’ignoranza di sé è l’essenza del ridicolo: ridiamo di coloro che pensano di essere migliori, più intelligenti o più forti di loro”, osserva Marsh. Alcune vittime vengono scelte perché irritabili o antipatiche, altre perché godono di privilegi dai quali altri sono esclusi.

Bella faccia, brutta partita. Gli scherzi ai matrimoni, invece, introducono il brivido dell’imprevisto nelle feste che gli sposi vorrebbero controllare in ogni aspetto. Gli scherzi erotici (una torta a forma fallica, o l’arrivo di una spogliarellista) mettono in imbarazzo i novelli sposi attirando l’attenzione sui loro atti sessuali: un modo per ribadire che la loro privacy è meno importante del gruppo. In tutti questi casi, l’unico modo adeguato per la vittima di reagire allo scherzo è fare bella figura e accettare l’umiliazione giocosa senza perdere lucidità e dignità, pena l’emarginazione. Riconoscere la propria credulità (“Ci sono cascato”) “migliora l’immagine della vittima, che dimostra di avere un sano senso dell’umorismo, e mitiga la trasgressione dei burloni, trasformando l’aggressività in una forma di affetto”, dice ancora Marsh .

In realtà, tutti gli scherzi insegnano la stessa lezione di fondo: che “qualsiasi comportamento abituale fatto automaticamente, senza pensare, basato sulla fiducia negli amici o nell’autorità, porta a un comportamento insensato”, aggiunge Marsh. «Il controllo della nostra vita è in realtà un autoinganno. Le vittime di uno scherzo non sono persone attive, ma persone manipolate che seguono un copione creato da altri. Come un pesce che abbocca all’esca.” È proprio da questa immagine che deriva l’espressione “pesce d’aprile”, per designare chi ingoia una storia falsa e si lascia abbindolare.

I falsi Modigliani. A volte uno scherzo può lasciare cicatrici che durano per sempre. Come i critici d’arte scherniti da una delle battute più clamorose del secolo scorso quando. Nel 1984, a Livorno, il Museo d’Arte Moderna Villa Maria ha celebrato il centenario della nascita di Amedeo Modigliani. La direttrice del Museo, Vera Durbè, per verificare una leggenda secondo la quale l’artista aveva gettato nel Fosso Reale alcune sculture incompiute perché insoddisfatto della loro riuscita, fece dragare il canale per ritrovarle.

In realtà si trattò di una trovata pubblicitaria, che spinse tre studenti livornesi a fare uno scherzo: scolpirono una testa in stile Modigliani e la gettarono nel Fosso. Lo scherzo andò oltre le loro previsioni: la notizia del ritrovamento fece il giro del mondo, e molti famosi critici d’arte (tranne Federico Zeri) la giudicarono autentica. Quando i ragazzi uscirono allo scoperto per svelare lo scherzo, mostrarono i punti deboli del mondo dell’arte: i critici, i “professori” si erano attribuiti un’autorità per giudicare l’autenticità delle opere che in realtà “è impossibile da possedere” commenta Francesco Mangiapane, semiologo dell’Università di Palermo. E sono rimasti screditati.

sincerità e fantasia. Lo scherzo, quindi, può essere un atto trasgressivo di sincerità: come il bambino che, nella fiaba di Hans Andersen I vestiti dell’imperatore, disse «Il re è nudo!» quando lo vide sfilare con il “tessuto leggerissimo” (invisibile agli stupidi, ma in realtà inesistente) realizzato per scherzo da due truffatori. Altre volte, invece, una fantasiosa bufala può trasformarsi in realtà. Come accadde all’imprenditore Richard Branson, che il 1° aprile 1989, a bordo di una mongolfiera a forma di disco volante, atterrò di notte in un campo nel Surrey: fu circondato dall’esercito britannico, che credette si trattasse davvero di un Ufo. La scritta era su quella palla Virgin Galactic Airways, un’azienda inesistente: Branson infatti l’ha fondata anni dopo, e nel 2021 è diventata la prima azienda al mondo a portare civili nello spazio con un volo suborbitale. Gli scherzi sono una cosa seria.

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