La “ramovatura” della ‘Ndrangheta nella Capitale. «Roma prende tutto quello che può» – .

ROMA «Roma è una città particolare, non ha né la mafia, né la camorra, né la ‘ndrangheta. Prende tutto quello che può ottenere». A pronunciare la sentenza, durante una telefonata con il giornalista Alberto Nerazzini, è una persona a lui vicina Fabrizio Piscitelli disse “Diabolik” considerato un personaggio importante del traffico di droga a Roma, assassinato il 7 agosto 2019 nel Parco degli Acquedotti della Capitale. “Roma città aperta” è il titolo della prima inchiesta di un nuovo format in onda su La7 scritta e condotta da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini. La “confessione” fatta al telefono è forte, esclude la dominanza di un’associazione sull’altra ma non esclude la presenza di cellule criminali. Nei vicoli della città eterna si annodano trame nere intessute dalla criminalità organizzata calabrese e albanese e dalla cosiddetta “camorra romana” gestita da uomini nati in Campania e poi trasferiti nella capitale. D’altronde Report si è occupato recentemente anche delle connessioni mafiose a Roma, delle strade piene di droga, dei negozi usati come lavatrici per ripulire il denaro sporco e dei summit per stringere nuove alleanze e spartirsi le aree di competenza. Che ha ricostruito gli affari e gli interessi delle bande attivo nel “Grande Collegamento Criminale”. I riflettori sono puntati sugli affari di una delle famiglie della ‘ndrangheta più pericolose, quella degli Alvaro di Sinopolisi stabilì per qualche tempo nella capitale. Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, appartenenti a storiche famiglie reggine, sarebbero ai vertici del “locale” che operava a Roma dal 2015 dopo aver ottenuto l’investitura ufficiale dalla casa madre calabrese. «Noi di Roma siamo una propaggine di laggiù», hanno detto in un’intercettazione.

La “Ramossione”

È il 9 novembre 2022 quando la Dia, la direzione investigativa antimafia, interviene a Roma nord per effettuare una serie di arresti che fanno seguito a quelli effettuati con la maxi indagine denominata “Derivazione“, che aveva colpito la prima ‘ndrangheta “locale” della capitale. La partnership, come dicevamo, avrebbe un proprio leader Antonio Carzo E Vincenzo Álvaro. IL. è stato coinvolto anche nel blitz degli uomini e delle donne dell’antimafia Ottimo caffè Cellinisottoposto a sequestro preventivo da parte del Tribunale di Reggio Calabria nel 2009 e poi confiscato nel processo”Rilancio” celebrato a Roma. In questo procedimento «è emerso il titolo fittizio di Tortuga e Vincenzo Alvaro è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare nel giugno 2011, poi condannato nel 2014 con l’aggravante di mafia a sette anni di reclusione. Il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione nell’ottobre 2020 perché è venuta meno l’aggravante mafiosa e il reato stesso è stato estinto, ma è stata confermata la confisca”.

Il processo

È in corso dinanzi all’ottava sezione penale del Tribunale di Roma il dibattimento ordinario scaturito dalle indagini”Derivazione” degli imputati che hanno optato per la procedura ordinaria: tra loro anche Vincenzo Alvaro. Nell’indagine, coordinata dai sostituti procuratori Michele Prestipino e Ilaria Calò con i pm Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Stefano Luciani, vengono contestate le accuse di associazione mafiosa, commercio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione a vario titolo aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, iscrizione fittizia di beni, truffa ai danni dello Stato aggravata al fine di agevolare la ‘ndrangheta, riciclaggio aggravato, favoreggiamento aggravato e concorrenza esterna in associazione mafiosa. Nell’ultima udienza il tenente colonnello dei Carabinieri Sergio Bovio ha ripercorso la vicenda relativa al Gran Caffè Cellini, ricordando come è stata acquistata l’attività «in data 16 febbraio 2006 per la somma di euro 107.500». (FB)

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