intervista a Margherita Buy – .

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Il regista Nanni Moretti con alcuni degli interpreti di “Tre piani”

Per la prima volta Nanni Moretti porta sullo schermo un romanzo: parla di Tre piani di Eshkol Nevo. Ma perché il grande autore, al suo tredicesimo film, decide di ispirarsi ad un testo non originale? Difficile rispondere. Forse perché il suo cinema è in continua evoluzione, sospeso tra elementi privati, politica e storia. O forse perché non vuole più essere al centro della scena, lasciando spazio alla narrazione. Per certi versi è come se sentisse il bisogno di essere un osservatore attento, senza cucirsi sulla pelle il ruolo del protagonista. Potrebbe essere il contrario della bella Santiago, in Italia, quando Moretti di fronte alla barbarie diceva: “Non sono imparziale”. Dobbiamo schierarci. Anche in Tre piani Moretti rivendica la necessità di perseguire la verità, e non è un caso che presti il ​​volto a un giudice. Ma lui resta in scena meno degli altri attori, osservando da lontano e offrendo un’interpretazione a tratti testamentaria. Moretti porta avanti la riflessione sul perdono, sulla necessità di comunicare, rimanendo fedele anche a quanto spiegato in Bianca: «Ogni scarpa è una passeggiata. Ogni passeggiata, una visione del mondo». Tre piani si apre all’altro e trova nella sua imperfezione la sua sincerità. «Sia sullo schermo che nel libro viene descritto un dolore profondo. Poi per fortuna c’è uno spiraglio, alla fine c’è spazio anche per la positività”, dichiara Margherita Buy, che presta il volto alla moglie di Moretti. Ci sono più storie che si intersecano. La narrazione
si trasferisce da Israele a Roma. Vengono raccontate le storie di tre famiglie che vivono nello stesso palazzo. C’è chi perde la testa di fronte all’essere genitore, chi ha il terrore che la pupilla dei suoi occhi sia vittima di abusi, chi deve fare i conti con un figlio che ha investito e ucciso una donna mentre era dietro la ruota. Nel cast, oltre a Moretti e Margherita Buy, ci sono anche Alba Rohrwacher, Riccardo Scamarcio e Adriano Giannini. Riguardo al suo rapporto con Moretti, Buy spiega: «Ci conosciamo da tanti anni, facciamo film insieme. Si è creata una certa fiducia. Abbiamo elementi in comune che facilitano il nostro lavoro. Siamo messi alla prova”. Tre pianoforti è stato l’unico film italiano in concorso al Festival di Cannes. Era già stato selezionato nel programma dell’edizione 2020, poi cancellata a causa della pandemia. «Abbiamo dovuto ripartire, anche se avevo un po’ paura per lo spostamento del festival da maggio a luglio, dopo che avevamo aspettato già un anno. Ma noi volevamo andare avanti”.
Nel film interpreta una madre combattuta.
«Essere genitori significa essere vicini ai propri figli ogni giorno, ogni ora. Dobbiamo sempre lasciare una porta aperta ai loro problemi, al confronto, dando loro una mano a prendere le decisioni giuste, anche quando sono adulti. È qualcosa di spontaneo, ma ci vuole tantissima buona volontà. Parlare è una forza. Poi ogni famiglia ha problemi diversi. Da un lato c’è quello che cerchiamo di insegnare, ma quello che viene percepito può essere diverso. Il nostro compito è stare al loro fianco”.
Three Floors riflette anche sul concetto di colpa.
«Perdonare non è mai stato facile, il senso di colpa ci accompagna, anche se secondo me non aiuta molto. La società
in qualche modo ci aiuta a concentrarci su ciò che conta davvero. Penso alla psicoanalisi, che ci fa guardare
di fronte a situazioni davanti alle quali non si possono chiudere gli occhi”.
E poi ci sono i silenzi.
«In ogni casa può esserci qualcosa che non viene detto. In alcuni casi è un problema, altre volte può rappresentare una salvezza. Vorrei che ci fossero regole precise! Ognuno ha la propria soggettività, che deve trovare armonia con le altre”.
Ho letto che credi molto nella sorellanza. È vero?
«Eravamo tre sorelle in casa. Questo cambia il modo di pensare, orientandosi verso il femminile. Ci aiutiamo a vicenda,
ci capiamo. Ero abituato a crescere con loro, compresa mia madre. Insieme abbiamo un forte legame, di
grande solidarietà. Una cosa è certa: se devo chiedere una mano a qualcuno mi rivolgo a una donna”.

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