Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 28 aprile 2024 – – .

Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 28 aprile 2024 – – .
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Rimanere.

È il verbo che caratterizza le letture di questa quinta domenica di Pasqua.

Lo troviamo nella prima lettera di Giovanni ( 1Gv 3,18-24 ), che recita: “ Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo sappiamo che Egli rimane in noi: per lo Spirito che ci ha donato “, e, più volte, nel Vangelo: “ Rimani in me e io in te “, “ che rimane in me….”, “ se rimani in me…”

Oggi la liturgia ci invita quindi a “ rimanere in Lui “.

Restare è un verbo complesso nella società odierna, la cosiddetta. “ società liquida “, dove ogni giorno tutto deve cambiare radicalmente, dove sembra possibile sperimentare tante cose in così poco tempo.

Eppure il “ cambiamento continuo “ porta a non definire se stessi.

Se voglio essere sempre qualcosa di diverso, finisco per non fare mai scelte e rimanere in una dimensione di “ eterna superficialità “che mi impedisce di creare legami e relazioni solide.

Restare invece è il verbo della costruzione, è il verbo che porta a conoscere veramente una persona, una realtà.

È difficile restare.

Spesso vorremmo scappare: scappare da un matrimonio che sembra imprigionarci, da un lavoro che non ci soddisfa, da familiari con cui davvero non abbiamo alcuna affinità.

Ma solo rimanendo si può creare una relazione che è linfa vitale per l’essere umano.

E tra i tanti” relazioni “che vengono trascurate, la principale è quella con Gesù.

C’è chi” non rimane “ in Cristo perché non è mai stato con Lui, c’è chi “ non rimane “perché pensa che sia troppo difficile seguire il Maestro, c’è chi” non rimane “perché si sente tradito, abbandonato da Dio nel momento del dolore, nel momento della sofferenza.

Tuttavia “ non restare “porta al nulla.

La frase chiave del testo evangelico che leggiamo per me è: “ Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non puoi fare nulla “.

NIENTE.

Questa è la realtà, che va ricordata a chi è tentato di abbandonare Dio o a chi non lo ha mai frequentato.

Senza di Lui non andiamo da nessuna parte e non facciamo nulla.

Il dolore, la sofferenza, sono lì per tutti.

La grande differenza è viverli nel Signore o senza il Signore.

Chi è radicato in Lui sa che Cristo non lo abbandona in quei momenti ma gli è vicino, soffre con Lui perché ha sofferto prima di lui e più di lui, arrivando fino a dare la propria vita.

Chi rimane in Dio sa che il dolore non è l’ultima parola, così come non lo è nemmeno la morte.

Gesù, resuscitando, ha dato prova che il dolore e la sofferenza sono” passi “ma non sono la fine, perché dietro di loro, dopo di loro, c’è la Salvezza.

Solo chi è radicato in Dio non perde la strada di fronte al dolore.

Chi invece” non rimane in Lui “poiché non sa o non ricorda ciò che Dio ha fatto per ciascun uomo, inesorabilmente si perde perché diventa preda di” senza senso “, finendo per abbandonarsi alla disperazione, alla rabbia.

Restare o non restare.

È la scelta fondamentale per una vita piena in Cristo.

Buona domenica e buona riflessione a tutti.

 
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