Castrogno, nuova protesta. «Ora la verità sulla morte di Patrick» – .

Castrogno, nuova protesta. «Ora la verità sulla morte di Patrick» – .
Castrogno, nuova protesta. «Ora la verità sulla morte di Patrick» – .

La situazione all’interno del carcere di Castrogno si fa sempre più drammatica: carenza di personale (solo 140 agenti contro i 218 previsti) con 400 detenuti presenti invece di 200, mettono a rischio servizi e sicurezza. L’ultimo allarme arriva dal segretario regionale del Sappe, Giuseppe Ninu: «I nostri istituti penitenziari sono navi alla deriva e, in alcuni casi, l’assenza di direttori o comandanti ha fatto implodere l’organizzazione, con il rischio non solo della sicurezza interna. È necessaria un’azione efficace e profonda affinché il pianeta carcere possa orbitare nel rispetto del dettato costituzionale, disponendo innanzitutto di un numero adeguato di agenti di polizia penitenziaria, operatori e professionisti del settore, in strutture moderne ed efficienti, in grado di ridurre il sovraffollamento degli istituti. detenuti, in particolare quelli che, affetti da diverse patologie gravi, non sono costretti a scontare la pena detentiva come detenuti, ma vengono ricoverati in luoghi designati, non certo le Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), altro grande fallimento”.

Ed è proprio in quest’ultimo brano di Ninu che si svolge la storia del ragazzo di 20 anni, Patrick Guarnieri, trovato impiccato nella sua cella a Castrogno il 13 marzo, giorno del suo compleanno. Ieri mattina, davanti al carcere, è stato ricordato da un presidio di 200-300 persone (molti di etnia rom come Patrick) tra organizzazioni, partiti politici (Radicali e Casa del Popolo), familiari (tra cui la madre ) e amici, erano presenti anche alcuni ultras. Striscioni issati con la scritta: “Verità e giustizia per Patrick”. «Non era compatibile con il carcere – dice Adele Di Rocco, coordinatrice di Codice Rosso, che vuole fare luce sui fatti – Il ragazzo era autistico, con ritardo cognitivo, non avrebbe dovuto essere lì». «Non andava messo in isolamento – aggiunge Marco Costantini, presidente di Sbarre di zucchero – tra l’altro Patrick non riusciva nemmeno a urlare». Il ricordo di Diletta, autistica come Patrick, è stato toccante: «Lo Stato è forte con i deboli e debole con i forti, sento che le persone fragili sono odiate». È allora che dal presidio parte il coro di “dimettersi subito”, rivolto al direttore del carcere. A pochi passi, nella rete, rose bianche e post-it sono ordinatamente disposti con dichiarazioni d’affetto di amici e parenti di Patrick (“Voglio ricordarti dolce com’eri”): la sorella Anastasia riempie il foglio di momenti di vita vissuta insieme come «quando mi portasti le caramelle a scuola». Ariberto Grifoni, storico radicale teramano, che ha passato la vita a denunciare lo stato delle carceri italiane «insieme a Marco Pannella», chiede una riforma della giustizia «che parta dal basso, dalle carceri: i legislatori fanno leggi indifferibili , il problema riguarda i detenuti come prigionieri. Inoltre, la pena, ai sensi dell’articolo 27 della Costituzione, deve mirare alla rieducazione”. Adele Di Rocco dice di «non credere al suicidio: è entrato vivo ed è uscito morto. Abbiamo nominato un medico che farà luce sull’accaduto: tra pochi giorni avremo la risposta. Valuteremo anche i video”. Il 16 maggio Di Rocco, insieme agli altri, sarà a Roma per chiedere un incontro con il ministro della Giustizia.

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Il Messaggero

 
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