«Quale farmacia in una società sempre più debole? – .

«Quale farmacia in una società sempre più debole? – .
«Quale farmacia in una società sempre più debole? – .

«Negli ultimi anni abbiamo concentrato le nostre riflessioni sugli apporti logistici e organizzativi che possiamo offrire a un Servizio sanitario nazionale che, dopo la crisi pandemica, ha preso piena consapevolezza della sua necessità di rinnovamento. Ma forse questo non basta. Le farmacie locali, e ancor di più noi farmacie comunali, devono fare di più per il nostro Paese”. Questo il commento di Francesco Schito, segretario generale di Assofarm, che riflette a tutto tondo sul ruolo delle farmacie comunali in Italia. Schito ha fatto emergere «un dubbio inevitabile, questo, dopo aver letto un rapporto della Fondazione Gimbe pubblicato sui consumi sanitari delle famiglie italiane».

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Commentate i dati sulle spese vive

Il segretario di Assofarm ha sottolineato che «secondo il noto istituto, i dati relativi alle spese vive non offrono di per sé informazioni utili sullo stato di salute delle famiglie italiane, anzi possono indurre in errore considerazioni conclusive, se tali dati non sono resi disponibili confronti con altri elementi socio-demografici, quali il livello di povertà della popolazione e il progressivo indebolimento del servizio sanitario nazionale. In poche parole: le famiglie possono ridurre la propria spesa privata perché non hanno le risorse per soddisfare i propri bisogni sanitari, oppure perché non possono accedere a servizi non presenti nel loro territorio”.

L’impatto della povertà familiare generale

Pertanto, per Schito «la povertà generale delle famiglie, e in particolare la sua dinamica geografica e temporale, sono dunque elementi essenziali per comprendere le criticità riguardanti il ​​rapporto tra la società italiana e il diritto alla salute. Un rapporto che, nonostante i diversi punti di vista, appare oggi sicuramente in difficoltà”. Da qui la domanda di Schito: “Cosa possono fare le farmacie comunali di fronte a questa situazione?”.

Esigenze sociali “poco visibili” e “trascurate”.

Secondo Schito «le strade che potremmo iniziare a percorrere da subito per farci portatori di queste questioni sociali poco visibili e spesso trascurate». Il primo «unire la dimensione economica con quella logistica ogni volta che ci battiamo politicamente per l’estensione del diritto di accesso ai farmaci. Un diritto che riguarda sicuramente chi vive in aree geograficamente remote, e chi tra i pazienti cronici ha difficoltà a raggiungere le farmacie ospedaliere. Un diritto però che deve essere garantito anche a chi sperimenta limitazioni economiche”.

Sostenere le fasce più deboli della popolazione

Quanto a una possibile seconda strada, Schito ha sottolineato che «si tratta della soluzione della principale criticità organizzativa vissuta oggi dal settore, e che rischia concretamente di ridurre la nostra presenza territoriale accanto alle fasce più deboli della popolazione. Parliamo della carenza di farmacisti, un fenomeno in progressiva crescita che ha già generato più di un problema in termini di qualità del servizio e di capacità di aprire le farmacie in orari garantiti. Il motivo di tutto ciò è ben noto. Fare il farmacista dipendente non è più un lavoro allettante: scarsa gratificazione professionale, stipendi considerati troppo bassi, pochi altri benefit. Tutto ciò spinge i giovani laureati a iniziare la loro carriera altrove”.

L’intervento necessario sulle criticità

Schito ha rivelato che «o interverremo su ciascuna di queste criticità, oppure nel medio termine non avremo più le potenzialità materiali e professionali che ci permetteranno di contribuire al rilancio sociale del Paese. La farmacia di servizio sarà sicuramente una delle principali risposte anche a questo problema. E lo sarà su almeno due dimensioni: più professionalità, generazione di risorse capaci di ripensare il livello retributivo”.

Misure da attuare immediatamente

Secondo Schito, «nel frattempo però si può riflettere sulle componenti extra-retributive, pensando soprattutto a meccanismi di welfare aziendale che migliorino il livello di attrattività del lavoro dipendente in farmacia. E questo può essere ancora più vero per alcune categorie di professionalità che oggi necessitano di maggiore sostegno, come i genitori di figli piccoli, o i neolaureati, fino ai laureandi per i quali si può immaginare un sostegno allo studio in cambio di successivi contratti di lavoro. Le componenti più deboli e indebolite della nostra società hanno bisogno di una farmacia forte, così come ne ha bisogno il Servizio Sanitario Nazionale che oggi, più che in passato, è davvero impegnato a ripensare il proprio assetto per rispondere a una società cambiata. E come sempre, come accaduto nel recente passato in tema di servizi e nuove retribuzioni, tocca a noi farmacie comunali dimostrare di avere potenzialità e idee per questo ulteriore salto di qualità”.

 
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