un piano mai visto prima – .

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DiDavide Frattini

La proposta di tregua tra Egitto e Qatar. Inizia l’attacco a Rafah: ordine di evacuazione, poi i primi raid

GERUSALEMME – La freccia gialla curva indica un’altra svolta che pochi sperano possa verificarsi sette mesi dopo l’inizio della guerra. È la disperazione più che il calcolo che spinge migliaia di palestinesi ad abbandonare la periferia di Rafah, come ordinano i volantini lanciati dall’esercito e le chiamate automatiche arrivate sui cellulari. È un appello che hanno sentito tante altre volte, gran parte della popolazione ormai affollata nella cittadina al confine con l’Egitto è già fuggita dal nord della Striscia e dall’invasione israeliana. In queste aree si contano oltre un milione e mezzo di sfollati interni.

Rafah è diventata il simbolo di questa guerra. Così la prima reazione israeliana all’annuncio di Hamas – “Abbiamo accettato la proposta di tregua” – resta la conferma dell’operazione militare per stanare gli ultimi quattro battaglioni di Hamas nelle zone dove si nasconde anche Yahya Sinwar, il leader dei leader, fondamentalisti e pianificatore dei massacri del 7 ottobre nel sud di Israele. Nella notte l’artiglieria intensificò i bombardamenti ed i primi carri armati si spostarono verso la parte orientale della città.

Lo spiegano fonti del governo di Gerusalemme di non aver visto prima il documento dell’accordo, che conterrebbe soprattutto richieste che il primo ministro Benjamin Netanyahu e la coalizione di governo si sono sempre rifiutati di accogliere. Il piano prevede tre fasi, ciascuna della durata di 42 giorni, nella seconda entrerebbe in vigore il cessate il fuoco permanente. Quella fine del conflitto che il primo ministro ha rifiutato proclamando il desiderio di ottenere una “vittoria totale”. Ora che “la palla è nel campo di Israele”, come dice uno dei leader fondamentalisti, il consiglio di guerra ristretto ha deciso per ora solo di inviare una squadra esplorativa al Cairo.

Dove David Barnea non è andato nel fine settimana, il direttore del Mossad, incaricato ieri sera di valutare il testo. Egitto e Qatar sembrano aver gestito da soli questa fase del negoziato, cogliendo di sorpresa, almeno apparentemente, i mediatori americani – “stiamo esaminando i dettagli” – e sicuramente quelli israeliani. Dall’inizio del conflitto, 213 giorni fa, Netanyahu ripete che la pressione militare è la migliore strategia per ottenere la liberazione dei sequestrati, mentre da mesi i parenti dei rapiti chiedono un accordo. Nei tunnel di Gaza rimangono 133 persone rapite, tra cui almeno 30 morti in prigionia. L’accordo delineato da egiziani e qatarioti prevede che donne, minori, anziani e malati verranno rilasciati entro le prime sei settimane in cambio del rilascio dei detenuti palestinesi.

Ieri sono stati accolti oltre 100mila civili nel sud di Gaza il messaggio di partire verso Khan Younis che fino all’inizio di aprile era il principale campo di battaglia, ora tocca a Rafah, dopo settimane di annunci e proclami. Dopo settimane di tentativi da parte della diplomazia internazionale di fermare l’ordine che Netanyahu ribadisce di voler dare: il presidente Joe Biden si oppone all’offensiva, lo ha ripetuto in una telefonata di mezz’ora con il primo ministro. Avrebbe ottenuto la riapertura del valico di Kerem Shalom attraverso il quale transitano gli aiuti umanitari: le autorità hanno deciso di chiuderlo dopo che decine di colpi di mortaio lanciati domenica dai paramilitari jihadisti hanno ucciso quattro soldati.

L’incursione preoccupa l’Egitto: la pressione dei palestinesi è a pochi metri dalla barriera e dai cancelli tenuti chiusi dal presidente Abdel Fattah al Sisi. Che mette in guardia dai “pericoli di un’operazione militare”. Come l’Arabia Saudita: «Bisogna fermare questa campagna sanguinosa e sistematica». I palestinesi uccisi in totale sono quasi 35mila. DF

6 maggio 2024 (modificato il 6 maggio 2024 | 22:53)

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