Cos’è l’idrogeno solforato, come funziona e dove si trova, il gas che ha ucciso 5 operai a Casteldeccia – .

Cinque operai sono morti a Casteldaccia, nel palermitano, durante la manutenzione della rete fognaria cittadina. Dalle prime ricostruzioni la tragedia sarebbe avvenuta per l’inalazione di solfuro d’idrogeno (H2S), noto anche come idrogeno solforato o diidrogeno solforato, a gas tossico e asfissiante che si accumula nelle fogne, nelle zone stagne e negli ambienti chiusi. Questo gas dal caratteristico odore di uova marce è prodotto naturalmente da attività biologica e geologica, ma anche da origini artificiali poiché è uno prodotto di scarto dei processi industriali. Alte concentrazioni possono causare asfissia e la morte in pochi respiri, e anche a basse concentrazioni può causare irritazione ai polmoni e congiuntivite.

Cos’è l’idrogeno solforato

L’idrogeno solforato è un gas naturalmente presente nell’ambiente. È altamente pericoloso per l’uomo, incolore, solubile in acqua e con una densità maggiore dell’aria, cioè pesa di più, motivo per cui tende ad accumularsi basso negli ambienti chiusi. È infiammabile a temperatura e pressione ambiente e ha una caratteristica odore di uova marce a concentrazioni comprese tra 0,70 e 14 µg/m3.

Una caratteristica che aumenta la pericolosità di questo gas è quella l’odore delle uova marce è avvertibile solo a basse concentrazionimentre quando la concentrazione di idrogeno solforato raggiunge circa 210 µg/m3 l’odore non è più percepibile perché il gas “paralizza” il nervo olfattivo. Infatti, se si pensava che l’odore di uova marce potesse essere un segnale di allarme, alle concentrazioni che provocano intossicazione questo odore non è più presente.

Come viene prodotto l’idrogeno solforato e dove si trova

Circa il 90% dell’idrogeno solforato presente nell’ambiente proviene da fonti naturali. È prodotto da batteri anaerobici (ovvero operante in assenza di ossigeno) che degradano le proteine ​​animali e vegetali in decomposizione: carcasse di animali, foglie e piante secche sono terreno fertile per questi batteri. Per questo motivo alte concentrazioni di idrogeno solforato sono normali in tutti fogne – come quello di Casteldaccia – ma anche negli accumuli di letame utilizzato nei fertilizzanti e nelle acque reflue o stagnanti.

Viene anche rilasciato tra i gas emissioni vulcaniche oppure in particolari aree geotermiche, ad esempio quelle che danno origine alle acque sulfuree utilizzate in molte sorgenti termali. Ad esempio è uno dei gas sprigionati dalle fumarole dei Campi Flegrei.

I batteri presenti nel nostro tratto gastrointestinale producono anche idrogeno solforato attraverso la degradazione delle proteine ​​che ingeriamo (e contribuiscono al tipico odore di flatulenza). Sembra anche essere coinvolto nel processi infiammatori e in quelli che regolano la crescita e morte cellulare programmata.

È inoltre rilasciato da miniere di carbone e nei processi di estrazione e raffinazione del petrolio. È un prodotto di scarto di molti processi industriali come la produzione di coke, fertilizzanti, pigmenti, ecc concia delle pellie nei processi di trattamento dei rifiuti e aziende di trattamento delle acque reflue e petrolchimiche.

Viene utilizzato in alcuni processi produttivi delle aziende tessili e in cartiere che utilizzano il metodo Kraft come intermedio per produrre altri reagenti a base di zolfo o come catalizzatore (una molecola che promuove e accelera le reazioni chimiche).

Gli effetti sulla salute dell’idrogeno solforato

L’esposizione primaria all’idrogeno solforato è l’inalazione. È fortemente irritante E soffocante e agisce inibendo l’enzima citocromo ossidasi che consente alle cellule di utilizzare l’ossigeno. Agisce sulle mucose respiratorie e oculari, sul cuore e sul cervello.

I primi sintomi si possono già notare a 150 mg/m²3soprattutto con irritazione agli occhi (cheratocongiuntivite). Esposizione a livelli più alti, da 1400 mg/m3, provoca nausea, vomito e sintomi respiratori, con tosse, attacchi d’asma ed edema polmonare. A livello nervoso provoca vertiginiconfusione, mal di testa, sonnolenzatremori e perdita di coscienza.

Esposizioni massicce tra 1500 e fino a 18.000 mg/m3 vengono rapidamente assorbiti dal tessuto polmonare e causano asfissia immediata, anche dopo pochi respiri. Questo tipo di esposizione acuta a concentrazioni così elevate si ottiene solo in rari casi, come nel caso di fughe di gas industriali accumulo di idrogeno solforato in ambienti chiusi (come le cisterne) ad esempio quando viene generato durante i processi di smaltimento delle acque reflue, dei pozzi neri e delle fognature.

L’esposizione professionale cronica o quella di persone che vivono vicino a fonti di idrogeno solforato e sono esposte per lunghi periodi a concentrazioni relativamente basse (da 70 a 140 mg/m3) può causare irritazione ai polmoni e agli occhi, difficoltà di concentrazione, emicranie e aumento del rischio e dell’incidenza di infezioni polmonari.

Sicurezza e protezione

Come riportato da ARPA Toscana, non esistono valori limite per le emissioni di idrogeno solforato, ma solitamente si fa riferimento a quelli indicati dall’OMS: 7 μg/m3 (concentrazione a breve termine) e 150 μg/m3 (concentrazione media giornaliera).

Per quanto riguarda la sicurezza, questo gas insidioso si trova nel elenco delle malattie professionali (DM 9 aprile 2008) tra gli altri “gas deleteri”, senza però una specifica indicazione per l’idrogeno solforato.

Secondo il decreto la tutela dei lavoratori deve essere attuata garantendo un’adeguata formazione degli operatori, l’utilizzo di adeguati DPI (equipaggiamento per la protezione personale) e sistemi di rilevamento gas.

 
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