L’effetto dei prezzi dell’olio d’oliva sui mercati internazionali – .

L’Unione Europea ha diffuso il nuovo rapporto sull’ Situazione del mercato dell’olio d’oliva aggiornata al 30 maggio 2024.

I dati di produzione e scorte attesi a fine settembre non sono cambiati molto, segnalando solo l’aumento della produzione in Spagna e quindi una crescita del Le scorte presunte nell’UE alla fine della campagna ammontano a 360mila tonnellate.

UN dati molto ottimistici se l’andamento dei consumi e delle vendite transfrontaliere procederà al ritmo dichiarato dalla stessa Commissione nella relazione.

Esaminiamo quindi l’andamento nel dettaglio.

Secondo il rapporto precedente da ottobre a gennaio l’export di olio d’oliva dall’Europa verso i paesi terzi è stato pari a 188mila tonnellate.

Secondo il rapporto più recente da ottobre a marzo le esportazioni dall’UE verso i paesi terzi sono state di 292mila tonnellate.

La media mensile dell’export nei primi quattro mesi della campagna olearia è stata quindi di 47mila tonnellate, per salire a 52mila tonnellate nei mesi di febbraio e marzo.

Nonostante il forte aumento dei prezzi, che ha raggiunto il suo picco nel mese di gennaio, le esportazioni di olio d’oliva non sono diminuite, anzi sono aumentate del 10% rispetto ai mesi precedenti.

È chiaro ed evidente, quindi, che il mercato ha ben assorbito i rincari, senza ricadute particolarmente significative sull’export che, nel bimestre ottobre-marzo, risulta infatti in calo del 12,8% rispetto agli stessi mesi della campagna precedente ma più per mancanza di prodotto piuttosto che per ripercussioni commerciali.

In effetti, se esaminiamo le dinamiche in alcuni grandi paesi europei importatori di petrolio, notiamo questo il mercato americano non ha risentito dell’aumento dei prezzi (-2,1% ottobre marzo mentre era -1,2% ottobre-gennaio), mentre negli altri paesi l’effetto shock dei rialzi è stato riassorbito. Ciò vale ad esempio per il Brasile (-22% ottobre-gennaio mentre è -14% ottobre-marzo) e per il Canada (-19% ottobre-gennaio mentre è -7,8% ottobre-marzo).

Le uniche note discordanti sembrano essere quelle dell’Estremo Oriente, ovvero Cina e Giappone, che però non sembrano aver assorbito l’impatto psicologico dell’aumento dei prezzi. In Cina il calo delle esportazioni di olio d’oliva resta stabile al -60% mentre in Giappone si passa dal -49% di ottobre-gennaio al -34% di ottobre-marzo.

Lo scenario complessivo della commercializzazione dell’olio d’oliva è quindi decisamente meno drammatico di quello normalmente rappresentato. Ciò che resta è il calo complessivo dei consumi, dovuto alla scarsità di prodotto e all’incognita sul comportamento dei consumatori che “disamoreranno” l’olio d’oliva non appena i volumi di produzione torneranno alle dimensioni.

 
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