l’olio extra vergine di oliva è verde – .

La versione 2024 dell’etichetta a semaforo Nutri-Score adottata da sette Paesi europei attribuisce all’olio extravergine di oliva il colore verde e la lettera B (ne avevamo già parlato in questo articolo sull’aggiornamento Nutri-Score nel lontano 2022). La notizia è ‘rivoluzionaria’ per un Paese come l’Italia dove il ministro Francesco Lollobrigida e la Coldiretti hanno sempre dichiarato in malafede o per ignoranza che l’etichetta a semaforo penalizza l’olio extravergine di oliva, attribuendogli il colore rosso.

Disinformazione sul Nutri-Score

Dato che il Nutri-Score è molto semplice da capire, essendo basato su cinque lettere e cinque colori, viene da chiedersi come sia possibile che un ministro e i suoi collaboratori creino tanta confusione. Contrariamente a quanto ribadito più volte da questi signori, e anche dal Presidente del Consiglio, olio, pasta, Parmigiano Reggiano e Grana Padano non hanno mai avuto il bollino rosso.

La classificazione dell’olio extravergine di oliva secondo il nuovo algoritmo Nutri-Score

La pasta ha sempre avuto l’etichetta verde, mentre il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano quella arancione. In origine, anche l’olio extravergine di oliva aveva un’etichetta arancione, ma una precedente modifica dell’algoritmo per distinguere i grassi commestibili lo ha promosso al giallo. Dal 2024 il sistema di calcolo è stato nuovamente aggiornato, così l’olio extravergine di oliva ha guadagnato un’altra posizione passando dal giallo al verde: il miglior punteggio possibile per un olio vegetale, insieme all’olio di colza (vedi foto sopra). Nei sette paesi europei che adottano il Nutri-Score, le bottiglie di olio con il bollino giallo (lettera C) si possono ancora trovare sugli scaffali dei supermercati perché sono scorte di magazzino.

La reazione di Serge Hercberg

A questo proposito Serge Hercberg, professore di Nutrizione e ideatore dell’etichetta a semaforo, pubblica una nota su LinkedIn in cui rileva le strane motivazioni che spingono il governo italiano, il primo ministro Giorgia Meloni e le lobby industriali ad attaccare il modello dell’etichetta di petto .

“In Italia – scrive Herberg – la demagogia del gastropopulismo e l’adulazione identitaria del nazionalismo culinario fanno parte delle strategie delle lobby alimentari e dei politici, in particolare quelli di estrema destra, che cercano di sfruttare e bloccare l’attuazione del Nutri-Score . Cercano di presentarsi come modelli di virtù posizionandosi come grandi difensori dei cibi tradizionali. Ma mantengono una confusione disonesta: non è perché un prodotto sia tradizionale, gastronomico e faccia parte del patrimonio culinario (concetti importanti su cui è possibile comunicare), bisogna nascondere la trasparenza sulla qualità nutrizionale e rifiutare di esporre il Nutri-Score . Un alimento grasso, salato o zuccherato, anche se tradizionale, anche se ha una denominazione di origine, resta nutrizionalmente un prodotto grasso, salato o zuccherato”.

Lollobrigida pubblica un post riportando informazioni errate sul Nutri-Score

Il Nutri-Score e i prodotti tradizionali

“Inoltre – prosegue l’esperto – infatti la stragrande maggioranza dei cibi tradizionali sono giudicati positivamente dal Nutri-Score, solo i formaggi e i salumi sono classificati D ed E (questo non fa altro che ricordare al consumatore che, dato il loro contenuto di sale e grassi saturi, acidi grassi, questi alimenti devono essere consumati in quantità e frequenze limitate, il che è in perfetta sintonia con il modello nutrizionale della dieta mediterranea). D’altronde dietro molti cibi tradizionali ci sono grandi gruppi industriali che non hanno alcuna voglia di vedere ufficializzato il Nutri-Score…”

“È deplorevole – continua Hercberg – vedere come i politici di Fratelli d’Italia e della Lega, ma anche dell’attuale governo italiano, antepongano la difesa di interessi puramente economici (che sono infatti quelli del settore agroindustriale) settore riunito in Federalimentare, con il gruppo Ferrero in prima linea, i prodotti non sono componenti modello della dieta mediterranea, né alimenti realmente tradizionali), a quelli della popolazione, impedendo ai consumatori di accedere ad una reale trasparenza sulla qualità nutrizionale degli alimenti che sia basato sulla scienza e comprensibile per tutti (quello che porta il Nutri-Score).”

“E troviamo sempre nei discorsi di questi politici – conclude Hercberg – una negazione totale della scienza e della salute pubblica. Contraddicono infatti i 140 studi scientifici condotti in 20 paesi da ricercatori accademici senza conflitti di interessi che hanno tuttavia validato l’algoritmo alla base del calcolo del Nutri-Score e ne hanno dimostrato l’efficacia e l’interesse per i consumatori”.

© Tutti i diritti riservati Foto: Fotolia, Serge Hercberg, Depositphotos

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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle Preparazioni Alimentari, ha diretto il mensile Altroconsumo e ha maturato una vasta esperienza nelle prove comparative. Come libero professionista si è sempre occupato di tematiche alimentari.

 
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