Le importazioni di gas dal Congo non stanno andando come aveva promesso l’ENI – .

Le importazioni di gas dal Congo non stanno andando come aveva promesso l’ENI – .
Le importazioni di gas dal Congo non stanno andando come aveva promesso l’ENI – .

Il tempo è galantuomo, ripeteva Voltaire. Dopo due anni è possibile tracciare il quadro di un fallimento già annunciato, nonostante la retorica impiegata all’epoca dal “governo dei migliori” e rilanciata più volte dalla compagine meloniana attraverso il fumoso Piano Mattei per l’Africa. Le cifre teorizzate nel 2022 nell’accordo che legava l’Italia al Congo per l’importazione di gas in realtà, non hanno retto alla sfida della realtà. Rispetto al miliardo di metri cubi previsto da ENI per lo scorso inverno, lo Stato africano ha esportato a Roma solo 150 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL), come riportato dalla piattaforma Kpler. Il colosso energetico italiano ha registrato ritardi nella fabbricazione degli impianti necessario, oltre ad avere un problema non trascurabile con la svasatoquindi la pratica che vede le compagnie energetiche bruciare il gas naturale invece di catturarlo perché sarebbe troppo “costoso”. Insomma, l’ennesimo strumento nelle mani dei ricchi che massimizza il profitto a spese dell’ambiente e della salute.

Tra i circa cento produttori di gas naturale c’è anche la Repubblica del Congo, che però soffre della mancanza di un sistema efficiente di estrazione ed esplorazione. È qui che entra in gioco ENI, che ha creato il progetto Congo LNG con grandi ambizioni, finora rimaste disattese. Al momento, infatti, sono solo due i carichi via nave diretti in Italia, di cui uno incompleto e che dovrà essere integrato con GNL a marchio USA. La prima fase del progetto è quindi conclusa. lontano dagli obiettivi prefissati; L’ENI non si arrende e punta alla seconda fase, che prevede la costruzione di un’ulteriore nave FLNG, in grado di liquefare a bordo il gas naturale, con una capacità operativa circa sei volte superiore a quella della nave attualmente utilizzata. Anche qui, però, si registrano ritardi rispetto alla roadmap. Come riporta Greenpeace, la costruzione della nave è stata affidata alla Cina, nello specifico alla società Wilson che, tramite alcuni documenti, ha fatto sapere che la fabbricazione potrebbe proseguire fino a giugno 2026. Un bel colpo alla retorica dell’ENI e del governo (prima Draghi ora Meloni), che puntava ad avere un’importazione annua di GNL dal Congo pari a 4,5 miliardi di metri cubi a partire dal prossimo inverno.

Poco più di due anni fa si concludeva in Congo “una missione molto importante per il governo italiano”, per usare le parole dell’allora ministro degli Esteri Luigi di Maio. Un passaggio che avrebbe dovuto contribuire alla fine della dipendenza dal gas russo entro 18 mesi, almeno secondo le previsioni di Roberto Cingolani, che accompagnò Di Maio in Africa come ministro per la Transizione ecologica. Un obiettivo che oggi, a più di due anni di distanza, non è stato ancora raggiunto. Allo stesso modo, l’intento del diversificazione delle forniturecon l’Algeria che praticamente sostituisce la Russia prebellica in termini di numeri (coprendo circa il 41% dei consumi italiani), anche grazie al flop in Congo. Due Paesi su cui l’Italia ha deciso di virare dopo le sanzioni economiche contro Mosca, in un paradosso tutto tricolore: punire uno stato autoritario per arricchire gli altri.

Protagonista di una violenta repressione del dissenso, accompagnata da arresti arbitrari e limitazioni dei diritti, l’Algeria è da tempo sotto i riflettori delle principali organizzazioni non governative per i diritti umani, tra cui Amnesty International che da un anno denuncia un peggioramento dello stato della democrazia nel Paese. La Repubblica del Congo si fonda su una struttura autoritariaguidata dal generale Denis Sassou Nguesso dal 1979, escluso il periodo tra il 1992 e il 1997. Nguesso ha spinto per un certo culto della personalitàrepressione della libertà e dei diritti. Il Paese è al centro di diverse denunce da parte di ONG, che hanno documentato a serie di violazioni dei diritti umani commessi dalle forze di sicurezza congolesi da aprile a settembre 2021. Durante questo periodo, almeno 179.000 cittadini della vicina Repubblica Democratica del Congo, tra cui molti rifugiati e richiedenti asilo, sono stati “rastrellati, arrestati arbitrariamente e costretti a lasciare la Repubblica del Congo”.

[di Salvatore Toscano]

 
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