in Danimarca 90 euro a mucca – .

in Danimarca 90 euro a mucca – .
in Danimarca 90 euro a mucca – .

La Danimarca sta per introdurre una nuova legge, la prima del suo genere al mondo: una tassa sulle emissioni di gas serra da bestiame e agricoltura. I proventi, che non saranno esigui, saranno reinvestiti in politiche verdi per accelerare la transizione verde.

La tassa sulle emissioni

La scelta è pionieristica, la Danimarca è il primo Stato al mondo a sviluppare una legge di questo tipo: l’ imposta sulle emissioni di gas serra causate dall’allevamento del bestiame sarà una realtà. Dal 2030, su ogni capo di bestiame posseduto (soprattutto bovini e suini) verrà applicata una tassa di 672 corone danesi (circa 90 euro).

L’accordo politico è stato raggiunto in seno al coalizione di governo presieduto dal primo ministro Mette Frederiksen che auspica che questa legge venga esportata e applicata fuori dalla penisola.

Si presuppone che le emissioni di gas climalteranti (soprattutto metano) derivanti dall’allevamento corrispondano al 12% delle emissioni globali. Da qui la tassa sulle emissioni. Sembra che ci saranno alcune esenzioni all’applicazione di questa tassa sulle emissioni e che ci sarà la possibilità di una detrazione fiscale del 60% per mitigare l’impatto sugli agricoltori.

Imposta sulle emissioni

Ma il principio non cambia: il settore lattiero-caseario danese è molto sviluppato e, nel 2022, si contavano un milione e mezzo di mucche. Considerando che ognuno di loro produce mediamente 6 tonnellate di anidride carbonical’impatto dell’allevamento di bestiame sulle emissioni di gas serra climalteranti è evidente. Tanto che il settore agricolo e quello zootecnico rappresentano il principale fonte di emissioni di gas serra in Danimarca.

E qui, sulla scia (ormai dimenticata) del Green Deal europeo, la Danimarca si pone un obiettivo chiaro: ridurre le emissioni di gas serra del 70% entro il 2030. Come fare? Con la tassa sulle emissioni e reinvestendo quanto guadagnato in politiche verdi. 40 miliardi di corone danesi (circa 3,5 miliardi di euro) saranno infatti destinati a iniziative di riforestazione su vaste aree e alla creazione di zone umide per preservare fauna e flora autoctone e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Tassa sulle emissioni: le proteste

L’industria lattiero-casearia ha più o meno accolto con favore la notizia della tassa sulle emissioni, ma i contadini non l’hanno presa bene e alzarono la voce:

“È un esperimento inquietante. Riconosciamo che c’è un problema climatico, ma non crediamo che questo accordo risolverà i problemi. Metterà solo i bastoni tra le ruote agli investimenti verdi in agricoltura”.

Ecco come si esprime Peter Kiær, presidente dell’associazione degli agricoltori Bæredygtigt Landbrug. Gli fa eco Peder Tuborgh, amministratore delegato di Arla Foods, sesto produttore mondiale nel settore lattiero-caseario con un fatturato di quasi 14 miliardi:

“Il regime fiscale potrebbe colpire ingiustamente alcuni agricoltori e allevatoricompresi i produttori biologici che stanno già facendo tutto il possibile per ridurre le proprie emissioni”.

Tuttavia, anche se le proteste si fanno sentire, la tassa sulle emissioni gode del sostegno di un’ampia maggioranza politica ed è quindi molto probabile che venga approvata.

Ma l’allevamento del bestiame è davvero così inquinante?

sì, il metanoprodotto principalmente da letame, ha un impatto sul cambiamento climatico dell’85% in più rispetto all’anidride carbonica in un periodo di 20 anni. Ecco perché limitare le emissioni è un punto fondamentale per mitigare il cambiamento climatico. Le aziende agricole contribuiscono a Il 32% delle emissioni globali di metano (percentuale che sale al 40% in Italia). Una mucca adulta può produrre fino a 500 litri di metano ogni giornoSono infatti i bovini a guidare la classifica dei maggiori produttori di metano, seguiti da ovini e suini.

Per questi motivi la tassa sulle emissioni attualmente in fase di approvazione in Danimarca si rivela necessaria. Inoltre, gli allevamenti di bestiame non solo producono gas climalteranti, ma consumano anche risorse.

  • L’acqua: per produrre un chilo di carne bovina occorrono 15.000 litri di acqua, per quella suina parliamo di 6.000 l/kg, per quella avicola 4.000. Per produrre formaggio vaccino occorrono più di 3.000 l/kg e per produrre latte più di 1.000 l/kg.
  • Il suolo: gli allevamenti di bestiame non solo occupano fisicamente spazio, ma necessitano anche di risorse agricole (foraggi, soia, ecc.) per nutrire gli animali. Per questo motivo, l’allevamento di bestiame è uno dei principali fattori di deforestazione nel mondo. Si stima che se l’intera popolazione mondiale diventasse vegetariana, l’utilizzo dei terreni agricoli si ridurrebbe da 4 miliardi di ettari a uno solo.

Questo, ovviamente, non vuol dire che l’intera popolazione mondiale dovrebbe smettere di consumare carne. Spetta però a ciascuno di noi essere almeno consapevole dell’impatto che le nostre scelte hanno sul mondo. Banalmente provandoci limitare il consumo di carneUn consumo che dal secondo dopoguerra ad oggi è aumentato del 500%, arrivando a 325 milioni di tonnellate annue e che, purtroppo, è destinato a superare i 400 milioni entro il 2050.

Arianna Ferioli

 
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