A Quiet Place – Giorno 1, recensione del film prequel – .

A Quiet Place – Giorno 1, recensione del film prequel – .
A Quiet Place – Giorno 1, recensione del film prequel – .

Il livello di rumore medio in una giornata a New York è di 90 decibel, destinato a scendere a zero all’inizio di A Quiet Place – Day 1. Sappiamo già cosa aspettarci dall’inizio di questa Apocalisseperché ne abbiamo già sperimentato la trasformazione in normalità con il primo capitolo e lo spiraglio di una possibile risoluzione positiva per l’umanità con il secondo titolo dedicato.

Scritto e diretto da Michele Sarnoski dopo che Jeff Nichols (The Bikeriders) ha lasciato la sedia da regista per divergenze creative, A Quiet Place – Day 1 ci mostra l’inizio dell’invasione in una delle città più votate all’invasione aliena nel cinema: New York. È forse l’unica concessione alla tradizione del genere di un film che sorprende (in positivo) per come cerca la propria strada, finendo per essere uno specchio fedele del nostro tempo, storico e cinematografico.

Samira ed Eric sono una coppia di protagonisti davvero contemporanea

I protagonisti del film sono Samira ed Eric, coppia epitome della sensibilità cinematografica contemporanea. Si tratta infatti di una coppia a livello puramente formale: due sconosciuti, che si ritrovano insieme per caso, in mezzo al silenzio e alla distruzione che cambiano improvvisamente lo scenario newyorkese. Lei, ha giocato con la consueta intensità tesa da ottima Lupita Nyong’o, è una paziente terminale che vive in un ospizio e combatte un cancro che non riesce a sconfiggere. È in città per uno spettacolo di marionette, una visita a sorpresa perché, nella sua condizione, ogni esperienza è un addio a quell’esperienza stessa, ogni giorno è una possibile ultima volta. Sogna di andare a mangiare una pizza, un’ultima pizza.

Eric invece emerge all’improvviso da una metropolitana allagata, con gli occhi pieni di terrore, mezzo annegato e mezzo morto per il panico. Giuseppe Quinn è la perfetta rappresentazione di quel protagonista maschile dedito alla sensibilità e alla gentilezza che manca dai media da moltissimo tempo. Non è debole, ma non ha paura di mostrare la sua paura, la sua sensibilità. È un giovane studente universitario che ha lasciato i genitori nel Kent per andare a studiare legge nella Grande Mela. Con la caduta della metropoli, il suo futuro cambia radicalmente. La sua scelta di vita non solo non lo ha condotto al futuro che sperava, ma oggi lo getta nell’impossibilità di rivedere i suoi cari prima della fine. È profondamente, disperatamente solo.

Nel mezzo c’è Frodo, il gatto di Samira, che, come tutti i felini, è studiatamente ignaro della disperazione che lo circonda. Vaga per la città, al guinzaglio e scappando dalle braccia della donna, ignaro degli alieni. È lui che fa incontrare Samira ed Eric, costringendoli a inseguirlo e a salvarlo, fungendo da conforto per loro quando la silenziosa consapevolezza della fine di tutto si insinua sotto la loro pelle.

L’orrore trattenuto di arrendersi e lasciarsi andare

A Quiet Place – Day 1 punta proprio a questa sensazione. Non mancano le scene di tensione che ci aspettiamo, il brivido ogni volta che un rumore alza la soglia dei decibel e i protagonisti si fermano, in attesa di scoprire se sono stati uditi da una delle creature aliene o meno. La componente apocalittica e horror, tuttavia, è piuttosto sfumata, uno sfondo da cui si cerca di far emergere qualcos’altro. Dopotutto, Samira stava già vivendo la sua Apocalisse personale prima che il mondo intero venisse travolto da quella globale.

A Quiet Place – Day 1 mira proprio a questa sensazione. Non mancano le scene di tensione che ci si aspettano, il brivido ogni volta che un rumore alza la soglia dei decibel e i protagonisti si fermano, in attesa di scoprire se sono stati uditi da una delle creature aliene oppure no. La componente apocalittica e horror è piuttosto sottile, tuttavia, uno sfondo da cui si cerca di far emergere qualcos’altro. Dopotutto, Samira stava già vivendo la sua personale Apocalisse prima che il mondo intero venisse travolto da quella globale.

Eric segue invece la donna e la sua scelta irrazionale di non evacuare ma di andare alla ricerca di un trancio di pizza nel Bronx, spinto da un’irrazionalità altrettanto facile da leggere. La compagnia umana di Samira è preferibile al tentativo anonimo e solitario di prolungare ancora un po’ la propria vita. A Quiet Place – Day 1 si rivela quindi sorprendentemente così un film più toccante e triste di un horror pieno di paura e tensione. Ciò che manca è proprio l’energia cinetica dei protagonisti che si oppongono alla fine del loro futuro, della speranza.

Il loro atteggiamento sarebbe stato inconcepibile nel cinema di genere 10, 20 anni fa. Eppure cattura molto bene il momento attuale, anche più della famiglia cinematografica (e reale) di A Quiet Place. Eric e Samira condensano le solitudini generazionali dei Millennials e della Gen Z. Lo fa con una sceneggiatura che è quasi irritante nel modo in cui si aggrappa, seppur con grande efficacia e molta inventiva, alle ansie e ai desideri di questi spettatori.

Frodo, il gatto che funge da filo narrativo e supporto emotivo al film, in questo senso è particolarmente emblematico. Onore a Michael Sarnoski per aver scelto di imbarcarsi nell’avventura tutt’altro che semplice di girare un film così complesso con un animale vero sul set, e dalla natura imprevedibile come quella felina, quando gli studios premevano per ricreare Frodo in CGI. La presenza di Frodo però agisce come una diga emotiva, come accade, ad esempio, con il cardigan giallo indossato dalla protagonista. Non è un caso che animale e indumento diventino una sorta di staffetta nelle fasi finali del film.

A Quiet Place – Suggerimenti del primo giorno uno scenario quasi tabù per l’orrore, apocalissi e film catastrofici: quello in cui i protagonisti si sono lasciati andare, che non c’è speranza di una prospettiva futura, di una via d’uscita. Lo fa in un ambiente deliberatamente costruito in modo da non essere destabilizzante: Samira segue un impulso suicida, ma dopotutto il suo tempo era limitato fin dall’inizio. Eric corregge la sua traiettoria man mano che procede.

È come il film voleva presentarci uno scenario molto oscuro, mettendo sul tavolo un’esperienza traumatica senza via d’uscita, raccontata con partecipazione, sentimento, senza nichilismo o cinismo. Tuttavia contiene continuamente le possibilità, le evoluzioni, le derive di questa premessa, preferendo regalarci momenti emotivamente toccanti come la notte nell’appartamento di Samira, la sosta in chiesa e ovviamente il finale nel Bronx.

Se volessimo applicare tutto il cinismo da cui il film stesso si tiene ben lontano, sembra quasi che il film costruisca questo scenario mettendoci già un cardigan sulle spalle e un gatto tra le braccia, trovare una scusa perfetta per consolarci, rassicurarci, abbracciarci ancor prima di aver messo la mano fino in fondo nell’orrore.

 
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