Alluvione a Cogne, interviene la Società Italiana di Geologia Ambientale – – .

Alluvione a Cogne, interviene la Società Italiana di Geologia Ambientale – – .
Alluvione a Cogne, interviene la Società Italiana di Geologia Ambientale – – .

Massimiliano Fazzini (Presidente del Climate Risk Team della Società Italiana di Geologia Ambientale): “Non è sempre solo il cambiamento climatico. Ora vi spiego cosa è successo.”

Napoli, 1 luglio – “Siamo ancora una volta di fronte all’esito drammatico di intensi fenomeni “meteorologici”, forieri di danni, di paura ma, almeno in questa occasione, senza vittime. E ancora una volta è urgente cercare di fare chiarezza sui concetti, che spesso e volentieri vengono utilizzati in maniera non del tutto corretta, in un contesto che ha finalmente bisogno di chiarezza. L’esito ambientale dell’evento idrometeorologico verificatosi nell’estrema porzione nord-occidentale del territorio italiano è talmente complesso, determinato da una serie di fattori esogeni, che non può essere descritto in “fretta e furia” senza prima aver adeguatamente analizzato diverse input che furono forieri del disastro avvenuto.

Partiamo innanzitutto dal concetto sempre più utilizzato di eccezionalità meteorica: da una prima analisi superficiale dei dati storici, in relazione alla porzione di territorio montano interessata dai fenomeni più intensi, si può dedurre che solo al pluviometro di Noasca – in Valle Orco – le cumulate giornaliere, orarie e triorarie possono essere definite statisticamente eccezionali. Ma allora perché tutto questo disastro, caratterizzato anche da una notevole estensione areale? Ci sono altre risposte, prima di tutto, evidenza più importante, la mancanza di dati sufficientemente estesi dal punto di vista temporale; quasi tutti i pluviometri analizzati presentano serie storiche di breve periodo o disomogeneità di rilevazione nella serie stessa, per cui affermare che in quel preciso punto la precipitazione sia eccezionale è scientificamente scorretto. Pertanto è possibile solo affermare che i 172 mm di pioggia caduti, di cui 127 mm in 3 ore al pluviometro di Noasca, potevano avere tempi di ritorno superiori al secolo.

D’altro canto, la natura termodinamica delle precipitazioni è stata generata da una situazione decisamente complessa e piuttosto rara; dai modelli previsionali a scala locale, dall’analisi del radiosondaggio di Novara Cameri e dall’osservazione delle animazioni RADAR e satellitari, è stata infatti osservata un’intensa convergenza nell’area interessata dagli eventi atmosferici tra aria molto umida e instabile all’interno del jet polar e un’advezione di correnti molto umide e calde provenienti dal Mediterraneo sud-orientale. L’orografia molto complessa, con picchi tra i più elevati del continente europeo, ha favorito intensi moti ascendenti alla mesoscala.

Inoltre, almeno nel primo pomeriggio di sabato, lo zero termico si è attestato vicino ai 4000 m. con conseguenti precipitazioni intense fino a 3400-3600 m. slm. Ma quanto è effettivamente “piovuto” in quota, alla testata delle valli colpite dagli eventi? Nessuno lo sa, poiché non disponiamo di strumenti di monitoraggio quantitativo a quote superiori ai 2300 m. slm, fatta eccezione per la stima molto approssimativa delle precipitazioni sul ghiacciaio del Plateau Rosa, alla testata del torrente Marmore. Né la stima derivante dalle animazioni radar Doppler può essere così precisa a scala locale. Questo fenomeno ha causato in definitiva, da un lato, la completa saturazione dello strato superficiale di suoli già sottili e prossimi alla saturazione, e, dall’altro, un più rapido scioglimento del manto nevoso ancora abbondante nella zona alla testata dei bacini idrografici interessati.

Dall’arrivo del fronte freddo, le precipitazioni si sono verificate in forma liquida fino oltre i 3500 m, interessando quasi tutti i bacini montani e cadendo su terreni saturi d’acqua per le precedenti piogge e per lo scioglimento delle nevi ancora molto abbondanti in alta quota. Violente piene torrentizie, determinate da tempi di portata pressoché nulli e da estese colate detritiche, spesso ricorrenti, hanno provocato effetti estesi e diffusi nelle valli dei torrenti Orco, Soana e Stura di Lanzo e dei cinque bacini minori che caratterizzano la valle di Cogne, con magnitudo addirittura superiore ad alcuni eventi verificatisi nella zona, nelle estati degli anni ’90, tra il 94 e il 96″Lo ha affermato Massimiliano FazziniClimatologo, Presidente del Climate Risk Team della Società Italiana di Geologia Ambientale.

Non è sempre il cambiamento climatico. “Ma il cambiamento climatico c’entra oppure no? La risposta scientificamente più corretta è no! Da un lato, la forzante termica attiva da più di mezzo secolo sull’intero pianeta determina una sempre crescente quantità di energia a disposizione del complesso e caotico sistema – mare – atmosfera; è quindi logico aspettarsi fenomeni atmosferici sempre più estremi e temporalmente frequenti. D’altra parte, se le statistiche confermassero che ad ogni evento intenso – sia esso meteorico, termico o idrologico – corrisponde un nuovo record o almeno uno dei “numeri” Fazzini continued – superiore a una serie storica di dati, allora non ci sarebbero più dubbi: ci troveremmo già scientificamente in un clima nuovo, con maggiori rischi per la popolazione. Sì, perché l’uomo – che ha sicuramente e in vari modi causato questo squilibrio della termodinamica atmosferica e non solo, deve ora cercare di adattarsi a queste nuove situazioni critiche, cercando, una volta per tutte e con il massimo buon senso possibile, di mitigare questo rischio. che è sempre più presente nella vita di tutti i giorni. E crediamo che ci sia rimasto pochissimo tempo”.

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