Nessuno crede al Pd all’Aventino. La Meloni pensa al suo ex portavoce. Grandi manovre per il Cda Rai – .

Nessuno crede al Pd all’Aventino. La Meloni pensa al suo ex portavoce. Grandi manovre per il Cda Rai – .
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Sull’Aventino del Pd non ci crede nessuno nel cda Rai. “Vogliamo vederli…”, sibilano la maggioranza. Ma anche nel Movimento Cinque Stelle sono piuttosto scettici. In Parlamento circola infatti la voce che il Partito Democratico, invece di andarsene, punterebbe più sulla RAI.

Una premessa procedurale. Il 21 aprile sono arrivati ​​alla Camera (70) e al Senato (51) i nomi dei contendenti alla nomina in consiglio. A partire da un mese dopo – e quindi dal 21 maggio in poi – le Camere potranno essere chiamate a votarli. La prudenza riguardo alla data è d’obbligo perché i tempi utili stanno per scadere. Con le elezioni europee alle porte e le camere chiuse per una settimana di campagna elettorale, resta solo l’ultima settimana per votare. Il calendario sarà deciso dal congresso dei capigruppo che si riunirà nella prima settimana di maggio.

I membri del consiglio sono 7. Due sono eletti dalla Camera, 2 dal Senato, 2 sono designati dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Economia e 1 dall’assemblea dei dipendenti Rai. Camera e Senato votano contemporaneamente, con “voto limitato a un solo candidato”. Una procedura che dà all’opposizione la possibilità di votare per due candidati. La maggioranza ne avrà due, votati dalle Camere, e altri due designati dal governo. C’è infine il componente designato dall’assemblea dei dipendenti Rai, “tra i dipendenti dell’azienda che abbiano avuto un rapporto di lavoro dipendente per almeno tre anni consecutivi”. Tra le nomine comunicate dal governo ci sono anche il presidente e l’amministratore delegato. L’Amministratore Delegato nomina poi il direttore generale. La nomina del presidente dovrà poi essere ratificata dalla commissione di vigilanza con una maggioranza di due terzi.

Fin qui le regole. La politica entra in gioco soprattutto sulla definizione dei tempi. Che non sono ancora certe. Se è chiaro che c’è solo l’ultima settimana di maggio come finestra prima della pausa elettorale di giugno, non è chiaro se i partiti vorranno sfruttarla oppure no. La Lega spinge affinché questa tabella di marcia venga rispettata. E secondo chi non la pensa così, lo fa perché vuole evitare le ripercussioni in Rai di una sconfitta alle europee. Chiudere il consiglio di amministrazione prima dell’8 giugno e accordarsi su questo per il futuro amministratore delegato dà a Salvini un potere contrattuale che forse non avrà il 10 giugno.

Nella maggioranza circola insistentemente uno schema che vedrebbe Simona Agnese indicata dal governo e futura presidente di Forza Italia. Antonio Tajani avrebbe chiuso l’affare e questo spiega perché ha dato ordine ai suoi uomini di non entrare nella trattativa.

Giampaolo Rossi, attuale amministratore delegato, salirebbe di grado fino a essere indicato come amministratore delegato. E per accontentare tutti dovrebbe nominare non uno, ma due direttori generali, un direttore generale e un amministratore aziendale, uno in quota Lega e uno in quota Fdi. C’è da dire che finora ha mostrato poca propensione. Ma con questo accordo, che per ora gli ambienti della maggioranza sibilano a quaderni chiusi a Montecitorio, si potrebbe procedere al suo rinnovo anche prima delle elezioni europee.

A patto che, nel frattempo, il polverone sollevato dal caso Scurati si depositi in tempo anche nella maggioranza, dove Lega e Fdi sono ai ferri corti. Il direttore dello spettacolo Paolo Corsini, legato a Fdi, è finito sul banco degli imputati per aver censurato Serena Bortone. Ma la Lega è pronta a soppiantarlo con Angela Mariella, attuale direttrice dei rapporti istituzionali, considerata in quota Lega, finirebbe per occuparsi della direzione spettacolo.

Nonostante le divisioni interne – con la Lega che solleva dubbi sulla gestione di Rossi – oggi nella sorveglianza i due partiti erano uniti contro la richiesta delle minoranze che volevano sentire Serena Bortone e Paolo Corsini per far luce sulla censura di Scurati. Bisognerà valutare cosa faranno l’8 maggio, quando Giampaolo Rossi e Roberto Sergio si presenteranno al San Macuto.

Intanto si preparano a fare il loro nome nel consiglio di amministrazione. Tra le ipotesi, Alessandro Casarin, direttore della TGR, è considerato il favorito della Lega Nord, mentre Fdi pensa a una donna, e vengono prese in considerazione la giornalista Federica Frangi e Valeria Falcone, ex portavoce della Meloni ai tempi del governo Berlusconi. candidati. Si candida anche Elio Vito. Di una cosa il centrodestra è sicuro: che l’annunciato Aventino del Pd alla fine non corrisponderà alle aspettative.

Dopo il caso Scurati, i dem hanno fatto sapere in via informale che non daranno un nome che sia espressione del partito. Fedele alla linea dell’Aventino, il partito di Elly Schlein non vuole avere niente a che fare con Telemeloni. “Deciderà il segretario. Ma sia chiaro, non è che ci manchino i nomi, ci sono ottimi manager e professionisti che potrebbero ricoprire quel ruolo», spiega a Huffpost il capogruppo Stefano Graziano. «Ma non vogliamo alcuna responsabilità verso una macchina che, anche al di là dei casi politici, sta andando malissimo, sia in termini di ascolti che di risultati».

Tra i candidati del centrosinistra, comunicati nei giorni scorsi a Camera e Senato, i nomi di Roberto Natale, direttore della Sostenibilità Rai, di Stefano Menichini, ex direttore di Europa, di Nino Rizzo Nervo con un lungo passato da direttore Rai . E proprio sul Natale convergerebbero le ricostruzioni di chi vuole raddoppiare anziché abbandonare la propria presenza in Rai. Roberto Natale, che in passato è stato portavoce di Laura Boldrini alla presidenza della Camera, verrebbe eletto con i voti del Pd ma anche di Sinistra Italiana e dei Verdi. Inoltre ci sarebbe l’accordo per eleggere Alessandra Clementini come consigliera dipendente, grazie all’accordo Usigrai-Cgil. Clementini è iscritto al Partito Democratico. Dal Nazareno negano che il complotto sia in corso. Ma la ricostruzione, rilanciata anche dal sito Sassate.it, è ritenuta attendibile dalla Rai. Ed è a prova di numeri, a meno che Italia viva e Azione, con il sostegno di parte della maggioranza, non decidano di ostacolare il piano.

Anche in questo caso il M5s farà la propria partita. E non nascondono le differenze con i compagni dell’opposizione. «Siamo propensi a confermare il consigliere uscente Alessandro Di Majo», dice all’Huffpost il capogruppo di vigilanza Dario Carotenuto. “Tanto – spiega – stiamo andando verso l’attuazione della legge sulla libertà dei media e questo significa che il consiglio di amministrazione dovrà essere rinnovato entro 15 mesi”. Il Pd l’accuserà di complottare sottobanco con il centrodestra… «Ma non abbiamo tutta la fiducia del Pd. Siamo rimasti bruciati per come si sono comportati in Rai quando c’era Draghi. Quando eravamo completamente esclusi. Il Pd dice di non essere rappresentato? E dove mettiamo Orfeo…”. Ma ti danno la colpa per cose come l’amicizia tra Conte e il direttore del Tg1 Chiocci. “Conte punta sulla rappresentanza istituzionale e perché no, sui rapporti che ha costruito negli anni. Non c’è niente di male”. Dem Graziano ha tempo per ascoltare. “Si sono messi insieme…”, scherza.

 
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