My Lady Jane – Il goffo anti-Bridgerton di Prime Video :-) – .

My Lady Jane – Il goffo anti-Bridgerton di Prime Video :-) – .
My Lady Jane – Il goffo anti-Bridgerton di Prime Video :-) – .

La storia presa così com’è, tante bandiere piazzate ovunque, l’approccio pop-pruriginoso. Uffa, che fatica.

Mentre guardavo i primi quattro episodi di La mia Lady Jane (Non li ho visti tutti e non ho intenzione di farlo, per favore non forzatemi), non ho potuto fare a meno di immaginare i piani alti di Prime Video in preda al dolore per il successo di Bridgerton sono Netflix.
Com’è possibile, si saranno chiesti, che così tante persone inizino a guardare questa merda zuccherina? Ma soprattutto, perché non ce l’abbiamo?

Non vedo nessun’altra possibile ragione per produrre La mia Lady Janeche avrà anche origini letterarie (dal romanzo di Cynthia Hand), ma la cui natura televisiva come “anti-Bridgerton” è più che mai evidente: un’altra serie ambientata in un contesto storico inglese opportunamente attualizzato e rivisitato senza troppo rispetto per la Storia e molto per l’inclusività, in cui si parla di amori, intrighi di corte e pettegolezzi vari, con protagoniste giovani ragazze desiderose di indipendenza e riscatto sociale, il tutto raccontato con un tono leggero, esplicitamente pop, con una robusta dose di pruriginosità.

Poi ovviamente, La mia Lady Jane aggiunge anche il carico di fantasia, ma a quel punto ne vale la pena.
Ebbene no, non ne vale la pena, perché le intenzioni sono una cosa e il risultato finale è un’altra.

La mia Lady Janecreato da Gemma Burgess (lei stessa autrice letteraria di romanzi “new adult”, che sono fondamentalmente Young Adult ma non così giovani) racconta un momento preciso della storia inglese, ma con un importante colpo di scena (anzi, due).

Siamo più o meno a metà del XVI secolo e sul trono d’Inghilterra siede Edoardo VI, unico figlio maschio di Enrico VIII, il famosissimo sovrano Tudor che, per i suoi desideri amorosi e coniugali (vi ricordate Anna Bolena e tutta quella faccenda?) diede vita a un vero e proprio scisma religioso, fondando la Chiesa anglicana in aperta polemica con il papato cattolico di Roma.
Se guardiamo i fatti, Edoardo era un ragazzo che morì molto presto, e gli successe, dopo un certo numero di manovre di palazzo, la cugina Jane Grey, che però rimase regina per pochi giorni, per poi essere detronizzata e uccisa da La sorella maggiore di Edward, Mary, che in seguito sarebbe passata alla storia come Bloody Mary (la Bloody Mary delle bevande). Dopo Mary toccherà alla sorella Elisabetta (ovvero Elisabetta I, quella dei film con Judi Dench e Cate Blanchett), dopo la quale la dinastia Tudor si estinguerà definitivamente.

BENE, Mia Signora Jane si inserisce in questa storia ben codificata, per distorcere un punto fondamentale: Jane Grey in realtà sale al trono dopo la morte del cugino Edward, ma non viene uccisa dopo giorni. Un po’ un classico “e se”.

Diciamo subito, però, che stiamo parlando di a cosa succede se lungi dall’essere un’ipotesi storica analizzata rigorosamente. Al contrario: la figura di Jane Grey, diventata regina a diciassette anni, diventa il pretesto per raccontare una storia di adolescenza ribelle, di contrasto tra sogni di indipendenza e responsabilità familiari e istituzionali, e ovviamente di travolgenti primi amori.

Ma non solo. Manca ancora il twist fantasy che, oltretutto cosa succede sesembra un che cazzo. Se in realtà lo scontro feroce all’interno della famiglia reale fu tra cattolici e anglicani, con Maria che voleva rovesciare lo scisma paterno per riportare il regno al cattolicesimo (senza tuttavia riuscirci) e non disdegnava omicidi ed esecuzioni sommarie, in La mia Lady Jane tutta questa tensione religiosa svanisce, sostituita da qualcosa di simile nelle dinamiche, ma radicalmente diverso nella pratica: nel mondo della serie, infatti, accanto agli esseri umani tradizionali ci sono i cosiddetti “ethians”, che sono fondamentalmente dei mutaforma, persone che, a comando, possono trasformarsi in uno specifico animale.

In questo contesto Maria è ancora quella cattiva, quella “sanguinosa”, ma non perché sia ​​una cattolica che nutra rancore verso gli eretici, bensì una razzista che vuole lo sterminio della minoranza etiana.

Negli ultimi anni, quello delle rivisitazioni storiche, delle riletture del già vissuto, delle visioni del passato filtrate attraverso le categorie del presente, sta diventando un tema artistico evidentemente molto intrecciato con rivendicazioni politiche e culturali che nulla hanno a che fare con fare solo con le serie televisive.

La famosa (o famigerata) inclusività, che inizialmente si riferiva “soltanto” a una maggiore rappresentazione, davanti e dietro lo schermo, di minoranze fino a quel momento relegate a ruoli marginali e/o troppo stereotipati, si è poi allargata a riflessi e incarnazioni più estreme, per certi versi iconoclaste, che diventano particolarmente visibili nei racconti storici: l’idea di fondo è che se la Storia (con la S maiuscola) è stata ingiusta, la finzione ha nella sua natura la capacità di raddrizzare certi torti, proprio perché, essendo finzione, può tecnicamente fare ciò che vuole.

Bridgertonche ha debuttato a Natale 2020, ha rappresentato uno dei primi e più visibili esempi di questo discorso, con una storia ambientata durante la Reggenza inglese in cui la quota di personaggi neri presenti (e ben integrati) all’interno della società era molto più alta rispetto alla realtà storica a cui la serie faceva riferimento. Una scelta che Bridgerton ha sempre cercato di spiegare in termini di cosa succede sema senza neanche troppo sforzo: il concetto, semplicemente, era “raccontiamo questa storia qui, con questi personaggi qui, e se non ti piace puoi guardare qualcos’altro”.

Il funzionamento di Ponte di Bridgertongiusto per essere chiari, era del tutto legittimo, così come è legittimo quello di Mia Signora Janecompresi i mutaforma magici. E questo perché, molto semplicemente, nella finzione puoi fare qualsiasi cosa, altrimenti non si chiamerebbe finzione.
Naturalmente, però, questa legittimità di fondo, quasi assiomatica, non ha nulla a che vedere con l’effettiva resa del prodotto, con il suo successo o insuccesso presso il pubblico, con la sua capacità di essere emozionante, originale e così via.

Da questo punto di vista, e pur cercando di mantenere la mente quanto più aperta possibile come i tempi richiedono, è difficile non vedere in La mia Lady Jane un pasticcione pasticcione che fatica a intrattenere e che sembra inciampare anche nei suoi messaggi più politici e inclusivi, che potrebbero già sembrare eccessivi in ​​una storia che si presenta come puro intrattenimento, ma se poi si rivelano anche incoerenti…

A proposito del fatto che Mia Signora Jane se sia divertente o meno, nel senso più generale del termine, è ovviamente una questione molto soggettiva, che dipende anche dal pubblico di riferimento a cui si appartiene. È abbastanza chiaro che la serie non parla a me, un maschio eterosessuale over 40 che tende ad amare di più l’azione e la fantascienza rispetto al gossip e alle storie d’amore frustrate.

Allo stesso tempo, La mia Lady Jane non sembra avere nulla di fresco o innovativo da offrire nel genere. La protagonista aspira all’indipendenza in un mondo di matrimoni combinati, la madre rigida che se ne frega dei sentimenti della figlia, personaggi pessimi che non avranno praticamente mai possibilità di riscatto, e una storia d’amore esplicitamente difficile e contrastata, sono solo alcuni degli ingredienti classici di una serie che, pur volendo essere “distruttiva” rispetto ad un certo modo di raccontare, in realtà si inserisce senza troppi sforzi in un genere pop-gossip che abbiamo già visto più volte .

Né sembra capace di offrire dialoghi, colpi di scena e recitazione di livello particolarmente elevato: trincerandosi dietro un approccio esplicitamente comico che giustifica una marcata riconoscibilità dei ruoli, La mia Lady Jane propone personaggi tagliati a fil di spada e caratterizzati da una o due qualità che ritornano continuamente, e che diventano carburante per i più classici conflitti del genere. Ma se l’intrattenimento è tutto e solo nei piccoli litigi, nelle battaglie ormonali, e in un’ambientazione folle generica con una recitazione molto carica, al limite della parodia, insomma, faccio fatica.

E poi c’è la questione più politica e culturale, in cui Signora Jane prova a piazzare delle bandiere “obbligatorie”, ma alla fine queste faticano a trovare una loro organicità, soprattutto in un contesto in cui il prodotto deve essere effettivamente venduto.

Non è solo che Edward è più vecchio e molto più nero della sua controparte reale. Poi certo, il fatto che i dipinti ci mostrino il padre Enrico VIII bianco, e che abbia due sorelle, una completamente bianca e l’altra per metà, rende il tutto quasi grottesco: se l’obiettivo è dirci che non dobbiamo nemmeno guardare il colore della pelle, altrimenti siamo razzisti, dobbiamo rispondere che oltre alla coerenza storica ce n’è anche un’altra, molto più importante, che è quella interna alla storia. E se un fratello e due sorelle hanno tre etnie completamente diverse, anche diverse dalla realtà storica, mi dovete dare un minimo di giustificazione, altrimenti non percepisco la storia, ma solo le famose bandierine.

Ma c’è un problema ben più rilevante che riguarda la stessa protagonista Jane (interpretata da Emily Bader). Volendo scrivere la perfetta eroina femminista, colei che cerca indipendenza e libertà contro il potere patriarcale, non dovrebbe necessariamente finire con un personaggio per lo più odioso, unidimensionale, molto ridondante nel ripetere sempre gli stessi concetti. E se si trascura il fatto che sembra non possa esistere un’eroina femminista che non neghi l’amore in quanto tale, è certamente strano vedere una serie che abbia questo approccio moderno e inclusivo, e nella quale la nostra Jane poi si innamori di il primo bel coglione (interpretato da Edward Bluemel) che le fa formicolare il basso ventre.

È in questi dettagli che emerge il contrasto tra l’intenzione (ripeto, intenzione) inclusiva, provocatoria e dirompente e la concretezza di una sceneggiatura che poi deve vendersi a un pubblico di ragazzi e (soprattutto direi) ragazze che hanno tremore da tempo immemorabile diventa chiaro. sempre per le stesse cose, primo fra tutti un innamoramento ormonale in cui si presta attenzione solo alle persone sbagliate (con l’idea di poterle rimettere a posto), a prescindere da tutti i buoni propositi del giorno prima .

Il risultato è una serie che si crede super frizzante e innovativa, ma che non lo è dal punto di vista della struttura di base, non è nell’esagerazione inclusiva che era già stata avviata da Ponte di Bridgerton e che qui semplicemente trabocca oltre ogni ragionevole confine, e in fondo non è neppure nell’implementazione di un elemento fantasy che, tutto sommato, suona meno interessante di quanto realmente accaduto nella Storia: forse era proprio la realtà dei conflitti religiosi a essere considerata troppo scabrosa e delicata per il pubblico odierno.

Non escludo che ci sia una parte del pubblico, di cui per tante ragioni personali e biologiche non faccio parte, che possa apprezzare la proposta di La mia Lady Janema non credo che si tratti di qualcosa che lascerà un segno particolare. Più in generale, anche in questi tempi in cui tutto sembra valerne la pena, mi piacerebbe poter mantenere la possibilità di guardare una serie come questa e lasciarmi scappare una domanda semplice, istintiva, affettuosa: ma che diavolo è questa stronzata?

Perché seguire My Lady Jane: se ti piace molto Bridgertonpotrebbe piacerti almeno in parte anche la sua copia più stupida e confusa.
Perché rinunciare a My Lady Jane: la devastazione che provoca alla storia non è adeguatamente compensata da una sceneggiatura sufficientemente creativa o divertente.

 
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