Motel Destino di Karim Aïnouz a Cannes 2024, la recensione di Federico Pontiggia – .

Motel Destino di Karim Aïnouz a Cannes 2024, la recensione di Federico Pontiggia – .
Motel Destino di Karim Aïnouz a Cannes 2024, la recensione di Federico Pontiggia – .

Dopo il temibile Tizzone ardente (2023), in gara l’anno scorso a Cannes, il brasiliano Karim Aïnouz, incredibile ma vero, riesce a fare peggio: ancora in lizza per la Palma, è Destino del motelthriller, per così dire, erotico.

Siamo nel Ceará, costa nord-orientale del Brasile, con 30 gradi tutto l’anno e temperature calde diverse. Ogni notte, ma anche di giorno – il film è più che altro una lunga teoria di lamenti, ansiti e trombe – al Motel si svolge in geometrie variabili, sotto l’egida del proprietario Elias (Fábio Assunção), ex bodybuilder e attualmente riformato, della moglie sottomessa ma non troppo sottomessa Dayana (Nataly Rocha): giochi di potere, desiderio nascosto, letti da rifare e stanze da nettare. Quando arriva Heraldo (Iago Xavier), in fuga dalla morte violenta di suo fratello, il gioco cambia, e sì, avevamo considerato il triangolo.

Karim Aïnouz ha scritto questo film, apprendiamo, con uno degli studenti della sua scuola di sceneggiatura a Fortaleza: ah, perché è scritto? Hélène Louvart, che aveva già collaborato a Non spregevole La vita invisibile di Eurídice Gusmão E Tizzone ardenteillumina con profusione di neon, ma nonostante le intenzioni “sensuali ed elettriche” non abita qui.

Tornato a casa per girare e trarre ispirazione dalla commedia pornografica (pornochanchada) popolare nel Brasile degli anni ’70, Aïnouz, colpendo sotto la vita, vorrebbe anche stigmatizzare il dramma di una generazione privata del futuro, oppressa anche nella sua speranza e irrimediabilmente alla mercé dei potenti, ai quali può opporsi solo al proprio desiderio e all’inevitabile violenza.

A parte qualche abbraccio ben coreografato e un inquietante supervisore di cui si vorrebbe sapere di più, Destino del motel è cinematicamente mal arredato, con qualcosa più da estetista che da esteta; drammaturgicamente vuoto, che sappiamo subito come andrà a finire; umanamente scadente, perché i personaggi non hanno presa, i seni sanno di plastica e… il finale di ghiaccio, a certificare il precedente e presunto caldo, beh, parla da solo.

 
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