“Ho 13mila euro di rate in scadenza, non so come ma ripagherò tutto” – .

“Ho 13mila euro di rate in scadenza, non so come ma ripagherò tutto” – .
“Ho 13mila euro di rate in scadenza, non so come ma ripagherò tutto” – .

DiGiampiero Rossi

Aveva investito il TFR per avviare l’attività, a sud di Milano: «Certamente non ero ricca, ma il posto funzionava». Poi le difficoltà legate alla pandemia e alla guerra in Ucraina, che hanno fatto impazzire i costi: «Una lattina di olio è passata da 60 a 150 euro». La disdetta dell’affitto è arrivata all’improvviso, tramite lettera

Il momento in cui tutto crolla arriva al mattino. Sono poche righe di una lettera che inizia con la consueta e garbata formula “Signora molto gentile”. Un attimo fa la vita non era un giardino fiorito, ma era quello lì, il tuo. Un attimo dopo non percepisci più di averne uno, il tuo cuore impazzisce, il tuo respiro è una giostra, le tue percezioni si allentano, il tuo sterno è una camera iperbarica, la tua testa è una barchetta in tempesta, che resta a galla ma che sa perché. e per quanto tempo. E il senso di solitudine è un abisso dalle temperature siderali.
Ciò che scatena gli elementi è una comunicazione formale, una decisione aziendale semplice e legittima: «Si comunica la risoluzione del contratto di locazione…». E poco più in là, a frustrare ciò che resta dell’anima, arriva la piccola formula del “distinti saluti”. Boom. Vuoto. Silenzio. Templi che risuonano. La lettera è ancora lì, in mano, con le sue bellissime pieghe per entrare nella busta con la finestra trasparente dove appare il destinatario. È una mattina di maggio 2023 e La vita di Nadia è cambiata drasticamente in pochi secondi.

Blocca l’immagine. Riavvolgiamo il nastro di dieci anni. Nel 2013 la signora Nadia compie 46 anni e dopo una vita di lavoro d’ufficio, per conciliare nuove esigenze e aspirazioni familiari, decide di dimettersi dalla sua azienda e reinvestire il TFR in una nuova avventura: un bar all’interno di un centro commerciale. Siamo in provincia, a sud di Milano, un bar è un’impresa, un lavoro, ma è anche socialità, relazioni, una scelta di vita, un ruolo nel mondo, un posto al sole. COSÌ quei 25mila euro sembrano un investimento sensatoanche se i costi non finiscono certo qui: 7mila euro di cauzione, 1.100 euro di affitto, spese bancarie per la cauzione, corsi professionali, a partire dalla preziosa scuola del caffè. Ma c’è l’entusiasmo della nuova avventura e il tanto lavoro necessario viene ripagato dai risultati soddisfacenti. «Non siamo diventati ricchi certo, ma il bar ha funzionato»è il ricordo che rimane di quel tempo.

Febbraio 2020: il Covid congela tutto. La vita si ferma per settimane. Il bar, ovviamente, resta chiuso e anche quando arriveranno le prime, parziali e condizionate, riaperture, per chi si trova all’interno di una struttura commerciale vigono restrizioni più severe e non ci sono tavoli all’aperto che permettano un po’ di volume in più. L’unica cosa regolare è l’affitto. Che nel frattempo è addirittura salito in ragione di 500 euro ogni due anni, annullando anche l’effetto della compensazione statale. Ma il peggio arriva dopo: «La guerra in Ucraina ha fatto impazzire i costi energetici, che del resto era già aumentato enormemente prima – ricorda Nadia – e poi è seguita un’impennata di tutti i prezzi che ha cambiato completamente i parametri nei quali ci eravamo mossi fino a quel momento”. Per esempio? «Al tempo del Covid la confezione delle fette di pane costava 1,10 euro, con la guerra è arrivata a 2,10; la tanica di olio che acquistavamo abitualmente andava dai 60 ai 150 euro». Insomma, i conti non tornano più, e «considerando che l’affitto nel frattempo era arrivato anche a 2mila euro, abbiamo iniziato ad affondare alla fine del mese». Ha urgentemente bisogno di sostenere la situazione con finanziamenti. Ma non basta, «tra il 2022 e il 2203 ho visto tutto prosciugarsi costantemente – racconta la barista – e nel frattempo ho visto che da queste parti, nella galleria del centro commerciale, diversi negozi chiusi”.

Una situazione molto preoccupante, “la notte non si dorme”, ma il colpo finale è, appunto, la lettera che arriva quella mattina di maggio: lo sfratto dal centro commerciale. Tecnicamente si tratta della disdetta dell’affitto di un ramo d’azienda, ma in ogni caso per la signora Nadia si tratta di “un colpo mortale”. Sei mesi per chiudere l’attività. «Ero alle prese con i debiti che avevo accumulato, ma lavoravo – ricorda – tutto si basava su quel bar che aprivo ogni mattina, era una sorta di economia di sussistenza, ma è stato da lì che, a poco a poco e con grande difficoltà, sono riuscito a guadagnare soldi per vivere e per rispettare le scadenze. Ma lei stessa ammette tutto avviene nel rispetto delle leggi, non vi è alcuna violazione, «probabilmente perché c’è una lacuna normativa», commenta amaramente. E in quel momento cade nella disperazione.

«Mi sono rivolto ad associazioni di ogni genere, ti dicono “non sei solo”ma a quanto pare la mia situazione non rientra in nessuna di quelle che vengono aiutate in qualche modo, ho solo chiesto consigli, mai soldi, ma alla fine Mi sono trovata davvero sola perché non sono una dipendente, non sono un commerciante in senso stretto perché i centri commerciali hanno regole diverse, non sono niente”. Ma c’è un pensiero che prevale anche nel più nero degli orizzonti: “Il mio bambino”. Lui è la Grande Motivazione, quello che innesca la determinazione a puntare ad un primo obiettivo parziale: «Sono andato ovunque, ho scritto e chiamato tutti e consultato avvocati, solo per arrivare a almeno ad una prorogaper guadagnare almeno il tempo necessario per permettere a mio figlio di laurearsi, visto che quest’estate avrà gli esami finali”.

Poche creature viventi possono essere più determinate e forti di una madre, e in effetti Nadia riesce a spremere altri sei mesi di sopravvivenza per il suo bar sotto il tetto del centro commerciale. Quanto basta per mantenere in movimento l’illusorio vortice di entrate e uscite e mantenere una parvenza di normalità per gli ultimi mesi di studio del ragazzo. Dopodiché il futuro è un’incognita, le colonne d’Ercole di un’esistenza oggi sconosciuta. Niente più sbarre, il pensiero che tornare a 56 anni non è affatto facile e la zavorra di rate in scadenza per oltre 13mila euro. «Ho sempre onorato qualunque debito, lo sto facendo e intendo farlo fino in fondo – ripete ossessivamente Nadia – Non so come, ma in qualche modo restituirò tutto. Quei prestiti, però, furono fondamentali per sopravvivere fino a quel momento. Confesso che, proprio per questa sensazione di non avere niente e nessuno attorno a me, ho pensato più volte al suicidio, perché mi vedevo schiacciato, soffocato senza via d’uscita”.

Con una risata amara racconta di quando si rivolse all’ufficio per l’impiego: «Mi hanno detto che in realtà almeno un lavoro ce l’ho già finché non avrò chiuso la partita iva non potrò essere preso in considerazione. È divertente, ma è stato un altro momento in cui mi sono sentito terribilmente solo. Quella sera, devo dire, mi ha fatto bene leggere Corriere la storia di quello manager che è rimasto a casa e come ha provato a ripartire. Lo farò anch’io. Non so come, ma lo farò. Adesso l’importante è che mio figlio riesca a diplomarsi e possa seguire la sua strada, poi penserò a me”.


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1 maggio 2024 (modificato il 1 maggio 2024 | 07:22)

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