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scarica l’AfD e riapre l’ipotesi di una maggioranza a destra (senza von der Leyen) – .

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Ursula sì, Ursula no. Girare a destra sì, girare a destra no. A poco più di due settimane dalla chiamata alle urne per eleggere i nuovi rappresentanti nella Parlamento europeoe il Raduno Nazionale Di Marine Le Pen per cercare di rompere l’impasse tra la continuità al centro e quella radicale Girare a destra della Plenaria di Bruxelles, e di conseguenza anche della Commissione. Il team di comunicazione del nuovo presidente del partito francese, Giordano Bardellairrompe nel dibattito annunciando la rottura con l’attuale alleato europeo Alternative per la Germaniacon alcune fonti interne che speculano altrettanto l’espulsione dal gruppo Identità e democrazia. Una decisione che aiuterebbe a ‘ripulire’ l’immagine dell’ IDe che per questo non sorprende molto nei palazzi di Bruxelles, e preparerebbe il campo l’esclusione dei socialisti dalla maggioranza successiva.

Abbiamo “deciso di non sederci più” con i tedeschi AfD al Parlamento europeo, ha dichiarato il direttore della campagna elettorale, Alessandro Loubet. Il motivo, scrive Liberazionevanno ricercati nelle dichiarazioni dei leader tedeschi, Massimiliano Krahindagato per sospetto Finanziamenti russi e cinesiA Repubblica: “Non direi mai che qualcuno lo indossa l’uniforme delle SS è automaticamente un criminale”. Dichiarazioni estreme, però, non lontane da altre fatte negli ultimi anni dal partito ultranazionalista tedesco e che non hanno scatenato l’indignazione dei suoi alleati europei.

SARÀ UNA SVOLTA GIUSTA? – Oggi, però, la situazione è diversa. Mancano poco più di due settimane alle elezioni europee e da mesi si parla di una possibile maggioranza di destra che romperebbe con il tradizionale accordo centrista tra Popolare, Liberali E Socialisti. L’avanzata dei partiti conservatori e nazionalisti in molti paesi europei è in atto ormai da anni, ma per raggiungere un accordo comunitario ad alcuni gruppi è mancata la volontà di scendere a patti tra loro e, di conseguenza, i numeri che invece sembrano esistere per una maggioranza che ricalca quella da lui portata Ursula von der Leyen A Palazzo Berlaymont. Un’espulsione dell’AfD dalla famiglia ID, però, cambia parecchio la situazione: per i tedeschi del DPIcioè i membri del CDU/CSUun’alleanza a destra non sarebbe più fattibile, Marine Le Pen avrebbe continuato con il suo piano normalizzazione del partito in vista delle elezioni presidenziali del 2027 Francia e acquisirebbero maggiore rilevanza formazioni attualmente forti a livello nazionale ma poco incisive nella Plenaria di Bruxelles, Fratelli d’Italia E Fidesz complessivamente. Con i voti di Lega e Rassemblement National, oltre a quelli di una parte dei liberali, del Ppe e dei conservatori, potrebbero esserci i numeri per un accordo sulle future nomine nelle istituzioni europee.

IL LAVORO DIETRO LE QUINTE – Difficile prevedere come si sarebbe concretizzata l’apertura a un’alleanza di destra: era chiaro che sarebbero serviti anche i voti di alcuni esponenti dell’ID, come anticipato anche da Ilfattoquotidiano.it, ma la presenza dell’AfD è rimasta indigesta a troppi partiti. Una volta eliminato “l’elefante nella stanza”, le cose sarebbero cambiate. E basta guardare le dichiarazioni, le mosse, gli ammiccamenti degli ultimi mesi da parte di esponenti politici ideologicamente distanti tra loro per capire che parte dei gruppi presenti a Bruxelles stavano solo preparando il campo. L’attuale presidente del Consiglio Ue, Carlo Michelper esempio, ha dichiarato pochi giorni fa che “tra i partiti politici che si definiscono di estrema destra ce ne sono personalità con cui puoi collaborare“. Parole che rompono con la linea tenuta dal suo gruppo, quello liberale, negli ultimi cinque anni. Questo perché la famiglia politica, che si sgretolava al suo interno, è stata finora tenuta unita dalla forza di un leader simile Emanuele Macron. Ma ora che la guida dell’Eliseo è debole a causa dell’avanzata di Le Pen, le diverse anime si risvegliano e cercano il loro posto tra le sedi della Plenaria. Aprirsi a destra, per Michel, significa mettere a disposizione il proprio pacchetto di posti, e quello di chi lo seguirà, sia verso una nuovaMaggioranza Orsola‘ è più a destra. In cambio, magari, di un posto nella prossima Commissione, visto che ha deciso di ritirare la sua candidatura al Parlamento Ue dopo la proteste creare.

La stessa Ursula von der Leyen ha capito da tempo da che parte tira il vento e nelle ultime settimane ha tentato ancora una volta di rendere la sua candidatura, ormai debolissima, appetibile anche per i partiti di destra del Ppe. Ha accettato una ri-nomina con uno maggioranza molto esiguacon il popolare presidente, Manfred Weber, che segretamente spingeva per uno spostamento a destra. Ha accettato lo stravolgimento del programma politico, con la demolizione del ‘suo’ Affare verde e la svolta decisiva Riarmo europeoe flirtare con i leader conservatori, uno su tutti Giorgia Meloni. Ma oggi anche il primo ministro sembra averlo abbandonato, dopo le critiche all’ultimo mandato europeo dal palco del Vox. Così, anche nel caso di una nuova ‘maggioranza Ursula’, la sua candidatura sembra destinata a svanire nelle prime ore dopo il voto.

Come accennato, lo stesso leader dell’ FdI è tornata sui suoi passi chiedendo un cambio alla guida delle istituzioni Ue. Ma se dovesse nascere una maggioranza di destra, i sostenitori di questo cambio di equilibrio sarebbero sicuramente il presidente del Ppe, Manfred Weber, e, sullo sfondo, il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri ha però respinto l’ipotesi di un accordo con Le Pen: “Avevamo ragione sull’AfD quando dicevamo che era un forza politica impresentabile con cui nessuno avrebbe fatto accordi. In Italia con Salvini Non ho alcun problema, ma non condivido le posizioni di Le Pen Unione Europea E Nato. La mia visione politica è quella del PPE, credo in un’Europa che ha bisogno di riforme. Non saremo assolutamente alleati con Le Pen, spero in un’alleanza tra popolari, liberali e conservatori, la maggioranza alternativa a quella di verdi e socialisti”. Una valutazione che però il ministro non ha riservato al suo ex alleato Viktor Orban che ha difeso fino alla fine per evitare la sua espulsione dal PPE.

DOVE ANDRÀ IL PPE – Le dichiarazioni di Tajani aprono la questione equilibri che dovrà essere realizzato all’interno della grande famiglia europea. Tra i popolari c’è chi non accetta affatto l’idea di una maggioranza di destra al posto di quella già costituita con socialisti e liberali. Soprattutto tra i paesi del Nord Europa, di impronta più liberale e meno conservatrice: chi ha spinto, raggiunto l’obiettivo, per l’espulsione del leader della Fidesz dal partito a causa di violazioni dello stato di diritto In Ungheria. Il PPE voleva, e probabilmente ci riuscirà, essere il fattore decisivo nella prossima maggioranza dell’UE. Un ruolo che, in assenza di unità, potrebbe però ritorcersi contro di lui.

IL ‘WEBER TEAM’ (CHE ASPIRANO ALLA PRESIDENZA) – Se dovesse passare la linea Weber, con von der Leyen esclusa dai giochi, toccherebbe all’attuale presidente del Ppe ed ex Spitzenkandidat sperare nella posizione più importante nell’Unione europea. Ma con una composizione così eterogenea, ce ne vorrà uno per tenere insieme tutte le forze figura di garanzia, cosa che il politico bavarese non è: è inviso a una parte del suo partito, sarebbe difficilmente digeribile dai liberali e, inoltre, dovrebbe essere proposto dalla cancelleria tedesca che però si era già espressa l’ultimo presidente del Commissione ed è oggi a trazione socialista. Con il Germania che difficilmente riuscirà a ottenere nuovamente la guida del Berlaymont, la Francia è debole e il Spagna al contrario, Italia ha quindi buone probabilità di poter esprimere un proprio candidato alla guida della Commissione. E i nomi al momento sembrano essere due. Il primo è, infatti, quello di Tajani. Ha subito dichiarato che non pensava di tornare nell’Ue, ma il suo piano lo sarebbe figura di mediazione tra le parti, di garanzia a livello europeo in quanto ex presidente del Parlamento e votabile anche da Lega e Rassemblement National. Inoltre per lui si tratterebbe di un posto di primo piano a livello internazionale.

L’altro nome che circola in questi mesi è quello di Mario Draghi: il suo spessore internazionale è riconosciuto da quasi tutto l’emiciclo e la sua ascesa al Berlaymont, pur non essendo un incarico politico, darebbe all’Italia la possibilità di gestire dossier fondamentali come quello del Pnrr. Nelle prossime settimane si scoprirà su quale lato dell’Aula si appoggerà la nuova maggioranza. Ma il lavoro di mediazione rischia di essere lungo e faticoso.

Twitter: @GianniRosini

 
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