perché il welfare è “rapina” – .

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perché il welfare è “rapina” – .

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Robert Nozick e il suo collega di dipartimento John Rawls essi costituiscono, come abbiamo visto la settimana scorsa, i due poli estremi del panorama della filosofia politica del XX secolo. Entrambi partono dalla stessa critica all’utilitarismo ed entrambi propongono di superare questa prospettiva adottando la premessa kantiana secondo la quale ogni individuo deve essere trattato come fine a se stesso e mai come mezzo. I diritti individuali quindi non possono essere scambiati o ridotti nemmeno per ottenere un beneficio sociale maggiore. Ciò che sorprende è che, sebbene il punto di partenza sia lo stesso e il percorso proposto sia lo stesso, gli esiti raggiunti dai due filosofi siano così diametralmente opposti: da un lato l’egualitarismo di Rawls, dall’altro il libertarismo di Nozick.

In termini generali, la riflessione filosofica sulla politica può essere vista come l’analisi della natura di quelli che sono i valori più rilevanti rispetto alla nostra convivenza: libertà, benessere, uguaglianza, felicità, potere. Quanto sono compatibili questi valori tra loro? Quanto sono in conflitto? A quale di questi dovremmo dare risalto? Le risposte a queste domande assumono generalmente tre forme diverse. Il primo è tipico degli utilitaristi, i quali credono che esista un unico principio prevalente – la massimizzazione dell’utilità sociale – al quale tutti gli altri principi debbano essere subordinati perché in qualche modo derivati ​​da esso. Un secondo approccio è quello che punta su una pluralità di valori ma che tuttavia riconosce una gerarchia. Rawls, ad esempio, rientra in questa categoria. Il suo “principio di priorità”, infatti – ne abbiamo parlato a lungo nelle scorse settimane – stabilisce che tra il principio di uguaglianza e quello di libertà occorre riconoscere la libertà come priorità “lessicografica”. Infine, ce ne sono altri, come Isaia Berlinoche accettano una forma di pluralismo radicale per cui i cittadini possono avere, e molto spesso hanno, visioni del mondo e valori tra loro incompatibili e irriducibili.

Casi in cui è necessario trovare regole di convivenza che superino questa incompatibilità di valori. Sarebbe facile, quasi ovvio, far ricadere l’approccio libertario di Nozick nella prima categoria, quella centrata sul ruolo di un valore preminente, e identificare tale valore con quello della libertà. Sarebbe facile perché in realtà l’approccio di Nozick rientra in quelli del valore unico. Meno ovvio è il fatto di riconoscere che questo valore unico non è quello della libertà ma, piuttosto, quello della proprietà, e in particolare dell’“autoproprietà”. Uno degli interpreti più astuti di Nozick spiega questo punto così: il filosofo britannico Jonathan Wolff: “Nessuno ha il diritto di interferire con la tua persona o proprietà a meno che tu non abbia acconsentito o abbia perso i tuoi diritti violando i diritti degli altri – questo diritto alla libertà – è semplicemente una conseguenza di questo diritto all’autoproprietà” (Roberto Nozick: Proprietà, giustizia e stato minimo, Polity, 1991). È quindi l’idea di “autoproprietà”, secondo Nozick, che viene posta a fondamento di tutti gli altri diritti da cui derivano e che dovrebbe essere utilizzata come bussola decisionale di fronte ad ogni possibile problema politico. Le implicazioni politiche di tale visione della libertà sono analizzate da Nozick nella prima parte di Anarchy, State and Utopia.

Il punto di partenza è la visione anarchica della libertà

Scrivilo Beniamino Tucker “Se l’individuo ha il diritto di governarsi da solo, tutte le forme esterne di governo sono tirannia” (“State Socialism and Anarchy”, in Woodcock, G., ed., The Anarchist Reader, Fontana, 1977, p.151). Se accettiamo la preminenza assoluta del principio di libertà non possiamo considerare legittima alcuna forma di potere statale, afferma Tucker. Il compito che Nozick si pone è quello di partire da questo presupposto, che gli piace, e dimostrare, invece, che anche una forma minima di Stato legittimo può esistere. Una forma di Stato che può essere considerata legittima perché agisce senza violare il diritto fondamentale di “autoproprietà” né gli altri diritti che ne derivano. Il compito di Nozick, in altre parole, è cercare di dimostrare che l’anarchia non è l’unica conseguenza logica che può derivare dal prendere sul serio l’inviolabilità del diritto alla libertà individuale. Ma torniamo al tema della “proprietà di sé”. Questo è, infatti, il concetto attraverso il quale Nozick sviluppa l’idea kantiana della “separatezza delle persone”. Abbiamo visto la settimana scorsa come la critica all’utilitarismo, quella di Rawls e quella di Nozick, parta proprio dal presupposto kantiano secondo cui gli altri non possono mai essere considerati come un mezzo per il raggiungimento dei miei fini.

La lotteria degli occhi

Ciò significa, ad esempio, che politiche redistributive che limitano le libertà di alcuni per promuovere il benessere di molti – politiche perfettamente legittime in un quadro utilitaristico – non possono essere ammissibili né per Kant, tanto meno per Rawls o Nozick. Per esprimere questa idea kantiana della “separatezza delle persone” Nozick sceglie la via dell’“autoproprietà”, della proprietà di sé. È questa la tesi secondo la quale solo il soggetto ha il diritto di decidere su ciò che lo riguarda e per questo non può essere costretto a sacrificarsi per il bene di qualcun altro. Sebbene sia legittimo e persino lodevole farlo, ciò è possibile solo quando la decisione è autonoma e non deriva da ingerenze esterne. Lo stato sociale, ad esempio, viola in questo senso il diritto all’“autoproprietà”. Lo stato sociale, infatti, attraverso la tassazione, provvede alla fornitura di beni e servizi a beneficio dei più svantaggiati. Poiché questa tassazione è obbligatoria e non volontaria, la produzione di questi beni e servizi si basa su una forma di violenza, una vera e propria rapina. A questo proposito Nozick porta l’esempio della “lotteria degli occhi”. Immaginiamo che la tecnica chirurgica abbia raggiunto un livello tale da consentire trapianti oculari perfettamente sicuri sia per il donatore che per il ricevente che, dopo il trapianto, avrà la certezza di poter riacquistare completamente la vista. In un mondo in cui purtroppo sono tanti quelli che nascono ciechi o che lo diventano a causa di malattie o traumi, la redistribuzione di un occhio da chi ne ha due a chi non ne ha nemmeno uno sano rappresenterebbe un aumento della utilità complessiva.

 
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