In serata a casa di Calvino, con Fruttero, Lucentini e… – .

In serata a casa di Calvino, con Fruttero, Lucentini e… – .
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Mare mosso: Quell’estate del 1985, l’estate in cui morì Calvino, è anche una finestra che si chiude sul Novecento delle lettere italiane. Più precisamente, su un modo di intendere la cultura come esperienza totalizzante e collettiva, e non come “professione”. Da questo punto di vista, il libro che hai scritto è un modo per misurare la distanza di quel momento storico con ciò che viviamo oggi.
C’è una riflessione di questo tipo anche all’origine di “L’estate scorsa a Roccamare”?

Alberto Riva: Non credo che si tratti di misurare la distanza, perché in realtà non sento risuonare una distanza, perché il dialogo con questi autori è costante.
Il libro, infatti, nasce dai dialoghi che, grazie al deposito della loro eredità nel tempo, possono essere resi più meditati, approfonditi, dettagliati. In altre parole: potete avvicinarvi a loro e ascoltarli con più calma, guardandoli da lontano e tutti insieme. Tuttavia, quello che dici è molto, molto vero per quanto riguarda il fine di un’era. Anche se non avviene in senso letterale, la scomparsa di Calvino segna una cesura – la cesura in un modo di intendere la letteratura, che un autore e un uomo come lui incarnavano – e oggi quegli anni ci sembrano gli ultimi in cui , nella stessa estate, erano ancora tutti lì: Calvino, Citato, Fruttero & Lucentini a Roccamare, Soldati a Tellaro, Tobino, Cassola, Garboli in Versilia, Fellini sul set a Roma, Kundera a Parigi per rifiutare interviste in meritoInsostenibileecc. Il libro è fatto, credo, di dialoghi a distanzasegreto e intuitivo.

MM: Italo Calvino è la divinità che veglia, benigna ma severa, su tutte le trame che si sviluppano intorno a Roccamare. Eppure Calvino era un solitario (bellissime le pagine dedicate alla sua postazione di lavoro nella casa di Roccamare, che ricorda un nido d’uccello). Qual è stata, secondo te, la caratteristica principale di Calvino come organizzatore e “costruttore di ponti” culturale?

AR: Calvino lo era molte cose durante la sua vita, nonostante la sua morte prematura.
Credo che la sua caratteristica principale fosse da individuare nell’ Forza, fisico e mentale. Ha lavorato molto. Fu uno scrittore molto prolifico fin da ragazzo, anche come giornalista e cronista.
Con il Fiabe italiane era instancabile etnografo della cultura orale, per poi compiere una monumentale opera di riscrittura e di sintesi. È stato redattore, ufficio stampa, redattore, coordinatore editoriale presso Einaudi. Lui era un grande viaggiatore (Diario americano è uno dei suoi testi più belli, divertenti e illuminanti). Lui era un critico culturale, non solo letterario, ma di immagini, fotografia, arte, grafica. Ha collaborato formazione e a sviluppo di molti autori suoi contemporanei, a partire da Lucio Mastronardi a Gianni Nasconderedi Leonardo Sciascia a Carlo Cassolada Lalla romano a Daniele Del giudice. Aveva una pazienza infinita nel corrispondere con amici e autori (splendido il libro che raccoglie la sua corrispondenza con Leonardo Sciascia, ad esempio).
È stato, solitario com’era, l’uomo che in Italia ha lanciato un ponte tra la letteratura e le scienze, creando un trasferimento di metodo tra le diverse discipline, un’eredità a mio avviso non ancora del tutto raccolta. Le Lezioni americane sono in questo senso non tanto un epitaffio, ma una porta lasciata socchiusa, una porta che si apriva su cose che potevano essere ancora più sorprendenti. Fa impressione che siano rimasti incompiuti sulla scrivania di Roccamare: un addio timido e quasi beffardo.

 
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