Il festival del libro. Da Robecchi a Carofiglio. La Racket Macerata è pronta al gran finale – .

Il festival del libro. Da Robecchi a Carofiglio. La Racket Macerata è pronta al gran finale – .
Il festival del libro. Da Robecchi a Carofiglio. La Racket Macerata è pronta al gran finale – .

di Lorenzo Monachesi

Il detective Carlo Monterossi, noto autore televisivo nato dalla penna di Alessandro Robecchi, è ospite oggi alle 18.30 al teatro Filarmonica di Macerata. Raccontare.

Robecchi, cosa ti hanno lasciato dieci anni di Monterossi?

“Ho bisogno che parli di noi, della nostra società, dei luoghi in cui viviamo e tutto questo non lo faccia invecchiare. Credo nella dizione giallo-sociale, ebbene Monterossi è flessibile nel parlare della società, sapendosi muovere tra i suoi diversi livelli”.

Come è cambiato il personaggio in questo periodo di tempo?

“Con il tempo l’ho visto crescere, essere più empatico con le persone normali, con chi ha i suoi problemi, con i vari strati sociali. Nelle sue avventure incontra elementi esterni su cui indaga e le indagini mi servono per guardare alle vite non artificiali, non a quelle televisive”.

Cosa c’è di lei in lui e cosa lo rende totalmente diverso?

“In ogni personaggio c’è un po’ del suo autore perché in lui si trasferisce ciò che si è letto, sentito, scritto, detto. Monterossi è un buon borghese, vive nei quartieri alti a differenza mia, gli ho trasmesso il mio amore per Bob Dylan e anche un certo senso di giustizia, una ribellione contro le ingiustizie che ci circondano”.

Come hanno accettato i milanesi il fatto di ambientare il noir nella loro città e quindi di puntare i riflettori sugli angoli bui di una metropoli che nell’immaginario collettivo è la città dei vincitori, delle luci e del successo?

“Questo è esattamente quello che voglio fare. C’è un racconto ufficiale, quasi obbligato, della Milano delle luci, del bosco verticale, della moda, dello shopping. Siamo più di un milione e mezzo di persone e non tutti viviamo nel bosco verticale o in altre zone chic. Milano è anche una città piccola geograficamente dove le differenze e le disuguaglianze sono anche molto vicine. È una città dalla grande tradizione noir, penso a Scerbanenco la cui grandezza è stata vedere gli angoli bui alla vigilia del boom economico. , di una città che cresceva nell’ottimismo. Pensò di osservare gli angoli bui, ben sapendo che dove ci sono luci molto forti ci sono anche ombre”.

C’è quindi bisogno di parlare di questi angoli bui?

“Così rendi giustizia alla città, altrimenti diventa un granello quando si tratta solo di soldi, moda e shopping.”

Che effetto ti ha fatto vedere Monterosi in carne e ossa in tv?

“Ho partecipato alla sceneggiatura e sono contento di come è venuta la serie, sono anche entusiasta di aver lavorato al fianco di un attore straordinario come Fabrizio Bentivoglio, capace di rendere quasi inutili certe battute con una smorfia, un movimento delle mani . E’ un Monterossi perfetto, un po’ malinconico, blues e ironico”.

Gli errori sono il tema di Macerata. Raccontaci, quali sono quelli realizzati dal tuo personaggio?

“Li impegna in continuazione, il più grande è continuare a dare carburante a quella televisione facilmente lacrimante, magari lo fa da pentito ma continua a farlo. Poi nelle indagini a volte segue false piste o ha intuizioni sbagliate, ma in quel caso gli riconosco l’attenuante della buona fede. Monterossi vive dentro il grande errore di una città ingiusta, con differenze sociali clamorose e ne soffre. Essendo ricco, non ha problemi e vive nei quartieri alti, ma sente che laggiù c’è un problema. ingiustizia”.

 
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