“La moglie” a Gaza e i diversi modi di essere prigionieri – .

“La moglie” a Gaza e i diversi modi di essere prigionieri – .
“La moglie” a Gaza e i diversi modi di essere prigionieri – .

Per far sì che Piper si sistemasse Gaza è difficile. Le circostanze del suo soggiorno sono difficili: vi si è recata con il marito Vivian, delegato svizzero del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR). La sua missione è aiutare le persone nelle carceri di Gaza, cosa che lo tiene occupato tutto il giorno. Piper, invece, non ha niente da fare, passa la maggior parte del tempo da sola e comincia presto a sentirsi inutile, in un contesto in cui non ha altro ruolo se non quello di “moglie” del delegato. Questo è il titolo del romanzo di Anne-Sophie SubiliaAutore svizzero-belga che con “L’Epopea“(“La moglie“, tradotto da Carlotta Bernardoni-Jaquinta e pubblicato in Italia lo scorso ottobre da Editore di capelli) ha vinto il Premio svizzero di letteratura 2023.

Scritto in terza persona, il romanzo di Subilia sembra narrare i fatti da lontano nonostante lo faccia nel presente. I nomi dei personaggi sono menzionati pochissime volte nella storia, specialmente quello di Piper, a cui il narratore si rivolge come “la moglie del delegato” o “la donna”. Diventano così quasi due figure anonime, attraverso le quali vengono raccontate le condizioni di Gaza nel 1974l’anno dopo la guerra dello Yom Kippur, già parzialmente Occupato dallo stato di Israele. In effetti, se c’è qualcosa di ancora più difficile della situazione di Piper, è proprio il confronto tra la sua condizione di donna benestante, proveniente da una famiglia inglese dell’alta borghesia, e le condizioni generali di vita dei palestinesi. Gaza viene presentata come un luogo dove le persone vengono imprigionate anche senza essere in prigione. Israele ha il controllo su tutto: dai confini, alle spiagge, all’elettricità. Ed è proprio nel raccontare Gaza che lo stile di Subilia ha la sua maggiore efficacia: scritto come una sequenza di scene visivedescrittivo, quasi fosse una sceneggiatura, di cui il romanzo è capace spostare quelli che leggono quando meno se lo aspettano, attraverso la semplicità della narrazione. Un giorno, sulla spiaggia Piper fa amicizia con una ragazza palestinese, Naima. Lui le chiede dove abita, lei costruisce piccole case di sabbia, le “baracche dei pescatori”, poi le distrugge con la mano aperta. Poco dopo, un pomeriggio, mentre accompagna Naima a casa, Piper trova una folla di gente inferocita radunata davanti alle baracche, mentre una Jeep israeliana parte: devono sgombrarle entro quarantotto ore, prima che vengano rase al suolo.

La storia è costruita in questo modo contrasti di scene: gli aperitivi della coppia al Beach Club per espatriati e la miseria delle famiglie palestinesi; ammirazione per paesaggi meravigliosi, con il suono delle sirene e dei colpi di mitragliatrice in sottofondo. La differenza tra il loro stile di vita e quello a cui sono costretti gli abitanti di Gaza colpisce Piper al punto da sentirsi a disagio nel suo privilegio. Un privilegio che, nonostante ciò, è ancora sottoposto all’occupazione: quando Israele taglia l’elettricità a Gaza, le proiezioni dei film si fermano anche al Beach Club. IL tema di reclusione è ricorrente: “Se la situazione non verrà risolta, tra qualche decennio tutti i palestinesi, uomini e donne, sperimenteranno il carcere” dice Mona, psichiatra palestinese all’ospedale Al-Shifa, una sera durante una cena con Piper e Vivian. Subilia ha dichiarato di non avere intenzioni politiche quando ha scritto il libro, pubblicato nel Francia e dentro svizzero Nel 2022. La storia è ispirata all’esperienza dei suoi genitori (suo padre era un delegato del CICR), basata sui racconti di sua madre che decise di seguire il marito a Gaza nel 1974. “La moglie” presenta un contesto duro, “ma siamo lontano da ciò che accade oggi con l’aumento della colonizzazione e della violenza” ha detto lo scrittore in un’intervista per Swi. Il fatto che il libro sia uscito in Italia lo scorso ottobre – quando Hamas attaccava Israele e la Striscia di Gaza veniva colpita dall’offensiva israeliana – è stata una coincidenza, ma sicuramente ha aggiunto qualche interpretazione in più.

L’intento di Subulia è stato piuttosto quello di proporre una riflessione sull’argomentoemancipazione femminile – in questo caso di Piper, “la moglie”, l’ombra del marito. Del tutto subordinata, cerca l’indipendenza spostandosi da sola, andando al mare, viaggiando, stabilendosi relazioni con la gente del posto, Mona, Naima, il giardiniere Hadj. E sono proprio queste relazioni a salvarla, mentre tutto il resto di lei cerca di relegarla e imprigionarla nella posizione di donna. La stessa Subulia ha spiegato di aver creato intenzionalmente una figura più impersonale, affinché molte donne potessero riconoscersi: “Ho voluto evidenziare la lentezza del percorso di emancipazione femminile, così come il senso di solitudine in una terra straniera”. Hai sottolineato anche la tua consapevolezza che “la scelta di ambientare la storia a Gaza la rende immediatamente politica”, ma la prospettiva che più ti interessava era quella della quotidianità, delle relazioni e della ricerca di senso a cui aggrapparsi attraverso di esse.

 
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