dove nacque il Piccolo Principe – .

dove nacque il Piccolo Principe – .
dove nacque il Piccolo Principe – .

L’abbiamo letto tutti, ed è uno dei romanzi più tradotti e conosciuti al mondo. Stiamo parlando del Piccolo Principe, il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944) che il giudice più trasparente e onesto, il tempo, ha elevato a classico imprescindibile della letteratura per ragazzi. Lo dicono anche i numeri: oltre 200 milioni di copie vendute e traduzioni in più di cento lingue. Ma non solo. Perché il libro, uscito negli Stati Uniti nel ’43 e postumo in Francia nel ’46, è anche una trasposizione letteraria della vita dell’autore e deve molto a un episodio tragico, l’incidente aereo del 1935 che costrinse Exupéry a un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara.

Gabriele Dadati (nato a Piacenza 42 anni fa, autore di Il Modello di Klimt, 2020) ha deciso di partire da qui per costruire la sua storia nella storia. Le ali del piccolo principe, edito oggi da Solferino (277 pp.; 18,50 euro), è innanzitutto un appassionato omaggio a un personaggio fuori dagli schemi, come Saint-Exupéry, ma anche studioso della parola. Una biografia, dunque, sulla quale Dadati ha cucito i bei vestiti del romanziere; ma anche un invito a riscoprire la sua prosa, che sarebbe “difficile immaginare più scarna”.

Dadati, cosa significa seguire le orme di una figura come Saint-Exupéry?

“Significa esplorare una vita al limite dell’eroico. Stiamo parlando di un uomo molto particolare: è stato un pioniere dell’aviazione ma anche uno scrittore molto apprezzato. Prima del Piccolo Principe aveva infatti scritto altri romanzi di successo che dovremmo iniziare a rileggere. Ma Saint-Exupéry era anche un uomo di grande spiritualità, come dimostra la sua Cittadella incompiuta, un libro di grande spessore filosofico che andrebbe riletto e apprezzato.”

Perché allora ricordiamo solo Il Piccolo Principe?

“Probabilmente perché è il suo unico libro illustrato e per bambini. Questo potrebbe aver contribuito a distinguere il romanzo dalle altre opere di Saint-Exupéry.”

In che modo l’incidente del 1935 ha influenzato il romanzo più famoso di Saint-Exupéry?

“Sicuramente lo ha influenzato se guardiamo l’ambientazione – il deserto – e i personaggi, compreso il protagonista. Che somiglia molto al fratello di Saint-Exupéry, François. E c’è anche un altro dettaglio: François è morto prima dell’incidente di Saint-Exupéry avvenuto nel ’35. Sul letto di morte François indossò la stessa vestaglia che, letteralmente parlando, avrebbe indossato poi il piccolo principe. Ciò significa che Saint-Exupéry aveva già disegnato il romanzo nella sua mente prima dell’incidente, il che poi inevitabilmente ha accelerato le cose.”

Cosa ci insegna una storia come quella del Piccolo Principe? E qual è l’eredità che ci lascia Saint-Exupéry?

“Saint-Exupéry era un uomo straordinario. E non si è negato nulla. Ci insegna che dobbiamo sempre dare il massimo e non rinunciare a nulla di ciò che consideriamo davvero importante. Quanto al suo capolavoro, direi che è un’opera complessa e va presa molto sul serio. Anche perché Il piccolo principe è un libro serio. Ci insegna, ad esempio, che costruire affetti e legami non è una cosa da prendere alla leggera. E ci fa anche capire l’importanza delle parole: il protagonista ci dice quello che pensa in modo diretto, senza fronzoli. Insisto molto su questo aspetto”.

Perché?

“Perché su Saint-Exupéry è stato scritto tanto. Ma pochi hanno davvero ascoltato le sue parole. E questo, secondo me, è il valore specifico dell’arte. Sono partito da qui. Poi c’è anche il lavoro di ricerca classico, a cui mi sono dedicato molto”.

Ora che sapete tutto di questo scrittore, come potreste definire Il Piccolo Principe con poche pennellate?

“Lo definirei un romanzo che ci insegna a prendere sul serio i sentimenti, dai più umili ai più intensi.”

 
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