il libro in edicola con Messaggero Veneto – .

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Il 29 giugno 2024 uscirà in edicola insieme al nostro quotidiano “Peraulis tasudis, Peraulis dismentaeadis” (128 pagine, prezzo 7,90 euro, Editoriale Programma).


L’odierno processo di perdita culturale e di impoverimento delle strutture linguistiche investe anche il mondo più avanzato e il Friuli non è lontano dal perdere la sua lingua e la sua identità secondo le più recenti indagini sociolinguistiche o alla semplice constatazione del degrado culturale e linguistico che lo colpisce.

Secondo Mario Martinis e Nelly Moretti, uno dei modi, seppur indiretto e parallelo, per contrastare questo pericolo è recuperare e utilizzare il bel friulano parlato dai nostri nonni e genitori, raccogliendo e riproponendo parole ormai cadute in disuso. Nasce così il bel volume Peraulis tasudis, Peraulis dismentaeadis, ovvero Parole silenziose, parole dimenticate edito da Editoriale Programma, in edicola da domani con il Messaggero Veneto.

È un “manuale di emergenza”, un vademecum linguistico utilizzabile da chiunque in ogni momento e per questo reso accessibile a tutti. In questo libro sono state recuperate più di mille parole ormai in disuso o poco usate nel linguaggio quotidiano, spiegandone l’origine (spesso dalla grande lingua madre latina, ma anche dal tedesco, dallo slavo, dallo spagnolo, dal francese, perfino dall’arabo) e riportando almeno un esempio per una migliore comprensione. Anche l’accurata e colta appendice presenta utili strumenti didattici di rapida consultazione per un uso più “affettivo e ragionevole” delle marilenghe, che contiene indici e repertori sui nomi di animali, fiori, piante, alberi, colori e poi modi di dire e “italianismi” non essere utilizzato.

Secondo i due autori, esperti della lingua friulana, le parole viaggiano con le persone, fanno parte di noi. I vocabolari vanno usati per non essere dimenticati, ma se non li conosci difficilmente riuscirai a usarli. Il dizionario rappresenta quindi un modo concreto per mantenere viva la lingua dei nostri padri che sa evocare un Friuli arcaico, duro certo, ma gentile e sagace, a volte anche sorprendentemente estroso.

Con Peraulis tasudis, Peraulis dismentaeadis scopriamo i nomi dei colori come blâf, jalin o pantianiç e ricordiamo quelli di antichi mestieri come becjâr, casulin, ciroic. Se vuoi dire che il ragazzo friulano che hai appena conosciuto è un po’ sopra le righe, puoi usare la parola mataran, mentre chi è ormai più grande di qualche anno ricorderà che sua madre metteva sul tavolo il mantîl al posto delle tavuae, oppure i tuoi genitori ti avranno raccontato dei tempi in cui sui prati a phasevin lis marculis. Tra le oltre mille voci troverai altre meraviglie come androne, beorcje, cjarande, daprûf, erte, favite, gnuche, inficje, ledrôs, mossit, norie, olme, prionte, revoc, sgarduf, taviele, usme, verrmene, zupet.

Saper parlare la lingua dei nonni e dei genitori è poesia. Svegliarsi la mattina e vedere le brose nei campi è come continuare a dialogare con i luoghi e le persone che hanno vissuto in queste terre. L’eredità della vita scorre nelle parole.

 
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