Lo Scarpone – Sotto il cielo stellato del Sentiero Italia Cai – .

La Via Lattea fotografata lungo la tappa SID31N in Valtellina

Avevo quattro o cinque anni quando, uscendo di casa con la famiglia per andare a cena fuori con alcuni amici, alzai per la prima volta lo sguardo al cielo in una fredda sera d’inverno. Ricordo ancora quel momento come se fosse oggi, è incredibile come le sensazioni e le emozioni legate ad una visione improvvisa e spettacolare si cristallizzino per sempre nell’animo di un bambino: sopra di me giaceva un cielo assolutamente nero in cui brillavano un numero infinito di stelle d’ogni splendore, come una trapunta scintillante che ricopriva il letto della Terra. Rimasi senza parole, colpito da quella visione, perso tra tutti quei punti luminosi che circondavano una striscia lattiginosa che poi avrei imparato a riconoscere come la Via Lattea, la nostra galassia vista dal punto in cui il nostro pianeta è immerso al suo interno. Ancora non sapevo nulla di stelle e costellazioni, vedevo solo migliaia di piccole luci che mi guardavano e le guardavo senza poter decidere in che direzione guardare per vedere di più, ce n’erano così tante nel cielo. Quello fu il mio “imprinting”, tanto che già in prima elementare la mia maestra (a quel tempo ne avevamo solo una che sapeva tutto) sapeva che “da grande” avrei fatto l’astronomo. Il percorso era chiaro e senza dubbio mai avviato da quel giorno fino alla laurea con lode in Astronomia presso l’Università di Padova. Ma eravamo nel 1972 e in un paesino di poche case dell’Umbria, a una decina di chilometri da Spoleto (PG), quando ancora non c’erano nemmeno i lampioni a illuminare la strada sterrata che saliva sulla collina. Un luogo privilegiato per vedere le stelle e ancora abbastanza buio per poterne vedere molte, anche se non così tanto come allora.

Inquinamento luminoso creato dalle luci urbane tra Como e Lecco reso evidente dalla coltre nuvolosa che riflette le luci © Roberto Ciri

I tempi cambiano e il progresso avanza sempre, ma nel frattempo perdiamo ciò che avevamo e ciò che la Natura ci offre: le città si espandono e divorano terreni coltivabili, le piste da sci e gli impianti di risalita aumentano e divorano i boschi di montagna, la produzione industriale, gli allevamenti intensivi, l’accesso veicolare il traffico e i rifiuti si intensificano con la conseguenza che fiumi, laghi, mari, suolo e aria si riducono a depositi di plastica e sostanze tossiche. Milioni di tonnellate di anidride carbonica vengono immesse nell’atmosfera che innalzano la temperatura media del pianeta, generando fenomeni climatici sempre più violenti e devastanti, riscaldando gli oceani, vero termostato del pianeta, acidificando le acque e distruggendo le barriere coralline che costituiscono un grande serbatoio per immagazzinare anidride carbonica, come le foreste, come quella amazzonica, che vengono sempre più decimate per fare spazio alla coltivazione, all’allevamento e allo sfruttamento dei legni pregiati. Tutto questo mentre la popolazione del pianeta aumenta inesorabilmente fino ai 10 miliardi previsti in soli trent’anni. Allo stesso tempo, l’illuminazione pubblica e privata è in aumento, soprattutto in Italia, anche se la popolazione italiana è stabile o in calo. I problemi sono tanti e ce ne sono di più gravi e prioritari, ma è molto chiaro anche il messaggio che dobbiamo trasmettere rispetto ai cambiamenti ambientali causati dall’uomo che hanno facilitato la zoonosi, cioè il salto di specie tra animale ed essere umano. di cui il virus Sars-Cvo-2 è solo l’esempio più recente. Ma se per ogni problema ci limitiamo a dire che ce ne sono di più grandi e più importanti, alla fine ogni problema resta irrisolto. Ognuno lotta per ciò che gli sta a cuore, ciò che conta per me è l’ambiente naturale e il cielo stellato, che fa parte della Natura, e il problema che oggi ci impedisce di vedere il cielo stellato e che toglie a milioni di bambini la possibilità di sperimentare questa emozione ha un nome: inquinamento luminoso, una forma di inquinamento antropico consistente nell’alterazione della qualità della luce naturale presente nell’ambiente notturno a causa delle luci artificiali. Hai mai visto la Via Lattea in una notte limpida mentre esci di casa? SÌ? Allora sei tra i pochi fortunati che vivono lontano dalle fonti di luce artificiale e possono comunque godersi il cielo stellato! Adesso è un privilegio, dato questo il cielo non è più buio, non certo da città o paesi vicini, ma è grigio e giallastro a causa dell’inquinamento luminoso. Quando la luce viene introdotta nell’ambiente esterno nelle ore notturne, al di fuori degli spazi che necessitano di illuminazione, la quantità naturale di luce presente viene alterata e si produce inquinamento luminoso, cioè inquinamento della luce naturale prodotta dalla luce artificiale. Una fonte di inquinamento luminoso è la luce che una lampada o un faretto o un lampione diffondono al di fuori dell’area che dovrebbe illuminare. Le stesse superfici illuminate producono inquinamento luminoso riflettendo o diffondendo nell’ambiente la luce che le raggiunge. Alzando ormai gli occhi al cielo da una posizione che non sia in qualche zona isolata di montagna o nell’entroterra dell’Italia centrale è molto difficile osservare più di 50 o al massimo 100 stelle, quando le stelle visibili ad occhio nudo da l’emisfero boreale è 2900. In città si vedono a malapena quelli più luminosi come Sirio, Arturo, Deneb, Vega, Procion, Capella o Aldebaran, mentre vedere la Via Lattea è un sogno per molte persone che non l’hanno mai vista. Tutto questo per l’illuminazione pubblica e stradale in primis e per l’illuminazione di case, edifici, fabbriche, magazzini, parcheggi, stadi, centri sportivi e così via, quindi per le nostre scelte di vita e la nostra ricerca di benessere e di “sicurezza” .

Inquinamento luminoso in una notte limpida in montagna © Roberto Ciri

La principale causa di inquinamento luminoso è data dalle emissioni di sistemi di illuminazione esterna non conformi, cioè quei sistemi che non solo emettono la luce funzionale alla visione notturna, ma ne disperdono buona parte in altre direzioni oltre il piano dell’orizzonte in barba alle leggi regionali contro l’inquinamento luminoso. Le lampade a LED si stanno diffondendo, in particolare nel settore dell’illuminazione pubblica, grazie al loro basso consumo. I LED stessi sembrano svolgere un ruolo importante nel livello di inquinamento luminoso nella parte blu dello spettro. Ciò è legato al fatto che utilizzano luce con forti componenti bianco-blu che viene diffusa molto di più dalle molecole dell’atmosfera rispetto alla luce con una componente prevalentemente gialla, come quella dei sistemi di illuminazione al sodio ad alta pressione. Il fenomeno determina un aumento del livello di inquinamento luminoso in prossimità delle sorgenti, fino a poche decine di chilometri, mentre lo riduce lontano poiché la luce blu si è già diffusa. Il problema e le conseguenze sono ben descritti sul relativo sito italiano www.polluminoso.it. In Italia l’inquinamento luminoso aumenta del 10% ogni anno ed è stato calcolato che dal 2025 non potremo più vedere le stelle di notte da molte zone del territorio nazionale (Francesco Leccese – Università di Pisa – Convegno: AIDI 2001, Convegno Nazionale sulla luce come innovazione, Perugia, Volume 2).

Ma non si tratta solo di non vedere le stelle, cosa che interessa a pochissime persone, si tratta anche di salvaguardare l’ambiente e la nostra salute: l’inquinamento luminoso ha effetti deleteri sull’ecosistema, sulla salute umana e anche sul cambiamento climatico visto il consumo energetico che comporta. Si stima che l’illuminazione del pianeta aumenti del 2% all’anno e che l’inquinamento luminoso colpisca l’80% della popolazione mondiale e il 90% negli USA e in Europa. La luce artificiale altera anche il nostro rapporto con l’ambiente in cui viviamo e provoca danni di varia natura, ambientale, scientifica, culturale ed economica. Ha effetti sia sulla Natura che sulle persone: le luci delle città disturbano il ciclo vitale degli animali e alterano i rapporti tra prede e predatori; alcuni animali hanno cambiato le loro abitudini di caccia; le luci artificiali hanno effetti deleteri sulle tartarughe marine appena nate, sulle lucciole sempre più rare, sui pipistrelli che sono importanti insettivori; la luce artificiale anticipa e accelera la fotosintesi delle piante, innescando la crescita e la fioritura stagionale; la luminosità notturna altera l’orientamento e i meccanismi di migrazione; l’alterazione dei processi di competizione e predazione può influenzare le dinamiche delle popolazioni di animali selvatici e, di conseguenza, l’impatto dell’illuminazione artificiale può avere implicazioni ecologiche anche a scapito dell’uomo. Anche la salute fisica e mentale dell’uomo, infatti, risente delle conseguenze della scomparsa del ciclo della luce naturale: uno degli effetti più importanti è legato alla produzione di melatonina, uno degli ormoni regolatori del nostro orologio biologico interno con anche un ruolo funzione antiossidante in grado di inibire l’insorgenza di tumori. La melatonina viene prodotta di notte e questa produzione viene interrotta in presenza di luce. Ora gli unici posti dove è ancora possibile vedere il cielo stellato o la Via Lattea sono le zone montane, i rifugi e bivacchi alpini e le zone rurali lontane dalle luci artificiali delle città. La visibilità della Via Lattea nelle pianure e nelle zone periferiche delle città è ormai un lontano ricordo.

Nel 700° anniversario della morte del sommo poeta Dante Alighieri suo “E poi siamo usciti a rivedere le stelle…” (cit. da “La Divina Commedia” – Inferno XXXIV, 139) sta diventando sempre più un vecchio ricordo per noi adulti e una meraviglia di cui migliaia di bambini non possono più godere, se non nei pochi cieli bui rimasti in montagna e in pochi scarsamente aree urbanizzate della penisola. Le montagne e le poche zone scarsamente urbanizzate della penisola restano l’ultimo rifugio per tornare “a rivedere le stelle”, un’ulteriore opportunità offerta dal Sentiero Italia CAI.

Cielo stellato al rifugio Colombé lungo la tappa SID25S © Roberto Ciri
 
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