“La struttura potrebbe offrire i propri servizi nel rispetto delle norme anti-Covid” – .

Corte – Il prefetto Bruno nei guai per un matrimonio – Parla la difesa dell’imprenditore Stefano Caporossi – L’udienza preliminare è stata nuovamente rinviata

di Silvana Cortignani


Viterbo – Il prefetto Giovanni Bruno

Viterbo – Stefano Caporossi

L’avvocato Giovanni Bartoletti

Viterbo – Ex prefetto indagato per falso e abuso d’ufficio, è stata nuovamente rinviata l’udienza preliminare prevista per ieri davanti al gup Giacomo Autizi.

È questa la richiesta di rinvio a giudizio scaturita da due indagini della Procura relative ad un ricevimento di nozze “proibito” risalente al 24 aprile 2021 durante la pandemia e al riconteggio delle schede elettorali delle elezioni per il sindaco di Corchiano del 4 ottobre 2021 .

Dopo il rinvio dal 7 marzo al 18 aprile, questa volta la data è il 20 giugno, a seguito di un impedimento dell’imputato, l’ex prefetto di Viterbo, Giovanni Bruno. Oltre a Bruno, difeso dall’avvocato Enrico Valentini, nell’affare ristoro sotto Covid sono imputati anche due imprenditori, Stefano e Lorella Caporossi, titolari dell’azienda agricola Parco dei Cimini di Soriano nel Cimino, difesi dagli avvocati Giovanni Bartoletti e Luigi Mancini.

Il difensore di Stefano Caporossi, l’avvocato Giovanni Bartoletti, ha intanto predisposto una memoria in cui innanzitutto ribadisce che il suo assistito “non ha partecipato all’organizzazione dell’evento né era presente allo stesso”.

La vicenda è quella nota delle “nozze proibite”, celebrate il 24 aprile 2021 da una coppia di sposi che, “per superare le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria” secondo l’accusa, chiese ad un amico che svolgeva un’attività imprenditoriale con Partita IVA per “inoltrare una richiesta alla struttura, indicando come motivo e oggetto della richiesta la disponibilità allo svolgimento di un incontro aziendale”.

Caporossi, come noto, è imputato insieme all’ex prefetto. “Non c’è la minima prova dagli atti che egli avrebbe potuto accordarsi con l’allora prefetto per celebrare un matrimonio invece dell’evento che era stato autorizzato – dice al riguardo l’avvocato Bartoletti – la circostanza che tra i due indagati c’era una buona amicizia, in assenza di ulteriori prove, non può certo costituire prova di un pactum sceleris”.

Poi sottolinea: «Dal quadro probatorio emerge l’esatto contrario. Dai tabulati telefonici risulta, infatti, l’assenza di telefonate tra gli indagati nel periodo circostante i fatti di cui all’atto di accusa”.

“Se il prefetto fosse stato davvero a conoscenza delle reali intenzioni di voler organizzare un matrimonio avrebbe ragionevolmente raccomandato di attendere fino al sabato successivo per poter svolgere l’evento nel pieno rispetto della legge (…) inoltre, se ci fosse stato un accordo tra gli indagati, sarebbe davvero irragionevole che il prefetto trasmettesse il provvedimento a tutti gli organi istituzionali preposti per legge ad effettuare i controlli anti-covid. L’invio dell’autorizzazione alla Questura, al Comando provinciale dei carabinieri, al Comando provinciale della Guardia di finanza e al Comando della Polizia locale di Soriano nel Cimino avrebbe, con estrema probabilità, portato – come di fatto è avvenuto – a verificare il rispetto dei protocolli e delle norme anti-Covid ”.

Secondo la difesa, inoltre, “l’attività di ospitalità potrà svolgersi nel rispetto del mantenimento del distanziamento interpersonale, dei protocolli e delle linee guida”.

“Per quanto riguarda il prefetto – spiega Bartoletti – si trattava di autorizzare un’attività lavorativa (riunione aziendale con servizio fotografico), non sospesa all’epoca dei fatti, con la somministrazione del pasto esclusivamente agli ospiti del struttura ricettiva (massimo 65 persone). Il provvedimento autorizzava un’attività della durata di più ore (dalle 11 alle 20), pertanto si poteva dedurre che non si trattasse di un semplice pranzo, ma piuttosto di un vero e proprio servizio di ospitalità consistente nell’organizzazione e realizzazione di un meeting aziendale e di un servizio fotografico per il richiedente. azienda presso una struttura ricettiva e agrituristica, che potrebbe offrire i propri servizi nel rispetto delle norme anti-Covid”.

Inoltre, il prefetto, raccomandando nel suo provvedimento ‘il rispetto delle prescrizioni previste dalle disposizioni normative recanti le misure anti-Covid 19 in entrambi i casi’, ha considerato con scrupoloso dettaglio sia l’ipotesi di ‘prestare il servizio richiesto negli spazi esterni giardini e portici di circa 3000 mq”, è l’ipotesi in cui ‘qualora non fosse possibile a causa di condizioni climatiche avverse l’utilizzo degli spazi esterni, verranno utilizzati gli spazi esistenti di circa 400 mq dotati di vetrate scorrevoli’, verificato l’eventuale realizzazione delle misure previste dalle disposizioni vigenti”.

In conclusione: “Il provvedimento emesso dal prefetto non autorizzava una deroga alla legge, ma si limitava a riconoscere un’attività già consentita dalla legge (quella delle strutture ricettive e dei servizi di ristorazione per le aziende). Pertanto, anche se non ci fosse stato l’intervento della Prefettura, l’evento aziendale si sarebbe potuto svolgere”.

Silvana Cortignani


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Presunzione di innocenza

Nell’ordinamento penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della Costituzione italiana secondo cui una persona “non è considerata colpevole finché non viene condannata in via definitiva”.

19 aprile 2024

Tag: struttura offerta servizi conformità norme antiCovid

 
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