Prosciutto di Parma minacciato da cinghiali e peste suina, bloccato l’export – QuiFinanza – .

Prosciutto di Parma minacciato da cinghiali e peste suina, bloccato l’export – QuiFinanza – .
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appestare suino mette il prosciutto secco di Parma, Eccellenza italiana esportata in tutto il mondo. Il numero sempre più elevato di casi censiti in Emilia Romagna, infatti, mette a rischio la filiera che da gennaio 2022 fa i conti con la malattia insediatasi sul territorio e mette a rischio la produzione.

Pericoli non per la salute umana, ma per il settore commerciale che da mesi lotta per restare a galla mentre affronta il problemacontinue restrizioni che, di mese in mese, vede nuovi Paesi rifiutarsi di importare prosciutto. E lo chiedono le aziende, con l’export bloccato misure drastiche.

Peste suina e rischio per il prosciutto di Parma

Dal 7 gennaio 2022 è scattato l’allarme nella filiera produttiva del prosciutto di Parma, con numerosi casi di peste suina segnalati sul territorio. Nella zona, infatti, sono state ritrovate diverse carcasse di cinghiali che, dopo le analisi, sono risultate infette dalla malattia che, però, sembra non essere entrata negli allevamenti.

Ma nonostante l’assenza di pericoli temporanei, per il settore del prosciutto ill’incubo continua. Si continua soprattutto per il Consorzio del Prosciutto di Parma dopo che l’Unione Europea ha pubblicato un regolamento che amplia le zone soggette a vincolo. E i proprietari degli allevamenti finiscono sotto inchiesta per aver nascosto la malattia.

Al momento, almeno secondo quanto accerta La Repubblica 15 stabilimenti che producono prosciutto di Parma non possono più esportare in Canada, un paese che non accetta prodotti provenienti da aree riservate. Ma anche Cina, Giappone E Messico hanno bloccato le esportazioni, mettendo di fatto in difficoltà le imprese.

Tuttavia, gli Stati Uniti e l’Australia resistono, anche se i problemi potrebbero essere dietro l’angolo. La minaccia, infatti, è il passaggio del virus dai cinghiali ai suini, una diffusione che metterebbe a serio rischio anche gli allevamenti e porterebbe alla carenza di materia prima.

Negli ultimi mesi il cuore della Food Valley, Parma e il suo distretto del prosciutto, sembra essere sotto attacco, con i ritrovamenti di carcasse di cinghiali infetti da peste suina che si sono recentemente verificati sempre più vicino ai paesi protagonisti della produzione di salumi.

Proposta l’abbattimento dei cinghiali

Cosa possiamo fare allora per cercare di arginare un pericolo che sembra ormai imminente? La Regione ha risposto chiedendo una drastica riduzione del numero dei cinghiali, nel tentativo di debellare il virus per salvare l’allevamento e l’export di carne suina.

Vuole dunque la Coldiretti, che riferisce che la filiera vale oltre 20 miliardi di euro le misure. Gli stessi che Stefano Fanti, direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma, vorrebbe vedere in atto.

“Siamo chiari, quello che sta accadendo deve essere trattato come un’emergenza, altrimenti non ne usciremo”, ha detto, sottolineando che c’è grande preoccupazione e forte è la paura della peste suina.

La richiesta, senza giri di parole e senza giri di parole, arriva dunque forte e chiara dal Consorzio che chiede un passo in più: “L’esercito contro i cinghiali, fondi per la biosicurezza, trappole e recinzioni, ma anche per i cacciatori. Non abbiamo bisogno di rinfreschi domani.” Richieste che sono arrivate anche al commissario straordinario per la peste suina, Vincenzo Caputo, il quale ha affermato che saranno presto accolte, promettendo interventi militari, abbattimenti e risarcimenti per cercare di arginare un problema che potrebbe comportare danni ingenti per il settore e per l’Italia. economia.

 
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