sfiorava la costa – .

Un grande squalo è stato avvistato ieri, mercoledì 24 aprile, nelle acque di Stretto di Messina. L’esemplare ha sfiorato la barca di un gruppo di pescatori a pochi metri dalla costa di Pentimele, nella periferia nord di ReggioCalabriaa pochi metri dall’ingresso del porto.

Perché lo Stretto di Messina è un habitat ideale per gli squali

Come ogni anno, con l’intensificarsi delle attività ricreative, lungo l’area dello Stretto di Messina si moltiplicano gli avvistamenti o le semplici segnalazioni di squali che si aggirano nel braccio di mare che separa il continente dalla Sicilia. E come al solito c’è chi mette in dubbio la veridicità degli avvistamenti, affermando che “gli squali non esistono nel Mediterraneo” o anche di più “nello Stretto di Messina“. In realtà, fin dalla notte dei tempi, i fondali dello Stretto di Messina sono abitati da innumerevoli specie acquatiche di rara bellezza che si radunano in queste acque così ricche di nutrienti. Tra questi si trovano anche diversi esemplari di squali, che possiamo considerare specie autoctone dello Stretto, che rappresenta l’habitat ideale per la ricerca del cibo, anche per le specie abituate a vivere a grandi profondità.

Tra questi troviamo la verdesca o squalo testa piatta, meglio conosciuta con il nome scientifico di Hexanchus griseus Bonnaterre. In dialetto conosciuto anche con il termine “mucca pisciata”, come viene più volte individuato dai pescatori che ogni giorno vivono nello Stretto di Messina, date le sue notevoli dimensioni. Il Capopiatto è la specie più grande della famiglia Esanchidi. La caratteristica principale degli squali a testa piatta è che hanno un’unica pinna dorsale.

Inoltre le loro dimensioni possono variare tra i 140 ed i 480 cm. Ma alcuni esemplari possono superare anche i 5 metri di lunghezza, molti dei quali sono stati osservati anche nella zona dello Stretto. Non c’è quindi da stupirsi se ogni tanto le feluche che solcano le acque dello Stretto di Messina si imbattono in esemplari di dimensioni piuttosto grandi. Questi tipi di squali sono abituati a vivere a grandi profondità, e spesso, durante le ore notturne, come spesso accade nello Stretto di Messina, possono risalire in superficie per predare altri pesci o talvolta anche pesci spada e calamari.

Nelle acque dello Stretto di Messina, pescose e ricche di vita grazie alle forti correnti di marea che producono un ricambio idrico davvero unico al mondo, Testa piatta è una specie molto comune, solitamente innocua per l’uomo. Inoltre, l’habitat abissale offerto dallo stretto, con i fondali che scendono sotto i 500 metri nella zona meridionale del Canale, è ideale per questa specie di animali, spesso abituati a vivere a grandi profondità.

Lo squalo Testa piatta è una specie abbastanza conosciuta in gran parte del Mar Mediterraneo e solitamente innocua per l’uomo. Ma lo Stretto di Messina resta l’unico luogo del Mediterraneo dove è più facile osservarlo, anche nei tratti sotto costa, a profondità relativamente basse per questa specie. Innumerevoli sono gli incontri e le osservazioni compiute da numerosi subacquei esperti (lo Stretto vanta anche i migliori team a livello nazionale) e appassionati di pesca subacquea tra le sponde siciliane e calabresi.

Come tutte le altre specie di squali, il Testapiatta preferisce cacciare nello Stretto, durante l’entrata della corrente “Verticale” che spinge enormi masse d’acqua dalle profondità del Mar Ionio fino all’imboccatura settentrionale dello Stretto. Per la sua particolare batigrafia, il fondo dello Stretto può essere paragonato ad una montagna asimmetrica, con i versanti opposti che presentano pendenze decisamente diverse. La cresta di questa sorta di imponente rilievo sottomarino è rappresentata da quella che i locali chiamano “sella”, ovvero il punto meno profondo situato tra l’abitato di Ganzirri, lungo la sponda siciliana, e Punta Pezzo, sull’opposta sponda calabrese.

Proprio dalla “sella”, posta lungo la foce settentrionale del braccio di mare, dove il fondale raggiunge i 64 metri, i due versanti cominciano a digradare rispettivamente verso il basso Tirreno e lo Ionio. Quella che si tuffa verso il Mar Tirreno (a nord) degrada molto più dolcemente, fino a raggiungere i 1000 metri di profondità al largo del Golfo di Milazzo, mentre per trovare la profondità batimetrica di 2.000 metri bisogna spingersi oltre l’isola di Stromboli. Il versante meridionale, invece, degrada molto bruscamente verso lo Ionio, con una pendenza molto ripida, tanto che a soli 4-5 chilometri dalla “sella” i fondali scendono sotto i 400-500 metri.

Nel tratto tra le città di Messina e Reggio, nella parte centrale dello Stretto, si scende sotto i 500 metri, fino ai 1.200 metri poco a sud di Punta Pellaro. Valori inferiori ai 2000 metri si verificano al largo di Capo Taormina, dove i fondali sprofondano rapidamente negli abissi dello Ionio, con una pendenza molto ripida a pochi chilometri dalla costa. Questo profilo batimetrico, così aspro, favorisce l’insorgere di frequenti e violente correnti marine di marea, tra le più forti osservate sul nostro pianeta, che tendono a risalire questo gradino con particolare energia, spingendo in superficie acque molto fredde, pesanti e profonde. proveniente dalle profondità del Mar Ionio.

All’interno dello Stretto, infatti, è presente un dislivello perenne, di circa 27-28 cm, tra le acque dello Ionio e quelle del Mar Tirreno, che diminuisce man mano che ci si avvicina al punto di contatto dei due bacini, dove scompare naturalmente. Quando le acque del Mar Tirreno, a nord di Capo Peloro, sono in alta marea, quelle dello Ionio, a sud di Capo Ali, sono in bassa marea. Lungo lo Stretto, quindi, si attiva una situazione intensa “gradiente di marea” che tende a riempirsi gradualmente, in media ogni 6 ore, con l’innesco di impetuose correnti di marea che in determinate occasioni possono raggiungere velocità davvero notevoli.

Quando sul basso Tirreno è in corso l’alta marea, le acque del Tirreno confluiscono verso lo Ionio, colmando questo dislivello. Verrà chiamata la corrente che ha origine in direzione nord-sud (da Messina a Catania). “Discendente”. Il flusso di “Discendente” inverte la situazione, innalzando la superficie del bacino ionico che, raggiunto un certo livello, tende a refluire nel Mar Tirreno attraverso le linee di Ganzirri e Punta Pezzo.

In questo modo il processo si inverte e si sviluppa una corrente definita e contraria “Verticale”, che risalirà la zona dello Stretto di Messina da sud a nord fino alla foce settentrionale di Capo Peloro, facendo straripare le acque ioniche su quelle tirreniche. Come è noto, entrambi i flussi si manifestano gradualmente, non contemporaneamente in ogni punto, a partire dalle acque antistanti Capo Peloro per estendersi successivamente alle altre zone dello stretto, fino alla sua foce più meridionale, lungo la costa ionica messinese, in il tratto che sale fino a Capo Taormina.

Queste correnti sono attive in tutto lo strato d’acqua, dal fondo alla superficie. In questo contesto, nei giorni di luna piena, quando si raggiunge il massimo “gradiente di marea” tra il Mar Ionio e il Tirreno, con un notevole rafforzamento delle correnti, gli squali Capopiatti sembrano cullarsi dalla corrente “Verticale” (da sud a nord) che dalle oscure profondità del Mar Ionio li spinge dritti in superficie nella parte centrale dello Stretto di Messina, dove trovano l’habitat ideale per la caccia a piccoli pesci e calamari, sempre abbondanti nelle acque del questo ricchissimo braccio di mare. Appena terminata la caccia attendono l’ingresso della corrente opposta, la “Discendente”molto forti e violenti in superficie, che li riportano nelle profondità dello Ionio.

Esemplare di Squalo testa piatta osservato nei fondali dello Stretto di Messina

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