«Il metodo è sbagliato» – .

Una furia rassegnata: una rabbia che sale e poi viene domata. È la sintesi della concitata riunione del gruppo dei Pd in ​​Regione: tre ore di discussione per rivedere le decisioni dell’ Michele Emiliano sulla nomina dei tre nuovi consiglieri. Al Pd non piace nulla: contesta le scelte ma soprattutto stigmatizza il metodo del governatore. Ha preso nomine senza consultare i territori, senza ascoltare il gruppo, senza mettere in discussione il partito (a Bari e a Roma). Al punto che uno dei consiglieri arriva a dire che «in queste condizioni potremmo anche chiudere la legislatura e tornare a casa». Una frase arrabbiata. L’incontro, però, si è concluso nella direzione opposta: con un richiamo del segretario regionale De Santis al senso di responsabilità. Dobbiamo affrontare le elezioni di giugno e prima ancora respingere la mozione di sfiducia del centrodestra. Il che, se approvato, porterebbe alle dimissioni di Emiliano e, di fatto, allo scioglimento del Consiglio. Il Pd chiederà agli altri partner di maggioranza di accogliere la richiesta dell’opposizione e metterà in discussione la mozione il 7 maggio. “E quel giorno – dice uno dei consiglieri dem – saremo allineati e coperti: voteremo uniti e la mozione sarà respinta”.

Nel corso dell’incontro si sono levate voci critiche, con accenti e argomentazioni diverse: chi ha attaccato Emiliano, chi ha attaccato il Pd, chi ha attaccato entrambi. L’intervento è stato molto duro Filippo Caracciolo, costretto nei giorni scorsi a dimettersi dalla carica di capogruppo dopo essere stato rinviato a giudizio qualche mese fa. “L’unico che ha pagato sono stato io”, dice. Attacca l’“intervento inappropriato” del M5S, uscito dalla maggioranza dopo le indagini di Bari: una decisione che ha risucchiato il Pd nella stessa logica giustizialista. «Il Pd pugliese non aveva mai rinunciato a tenere alta l’asticella della legalità. Ma fino ad ora aveva saputo farlo con maturità ed equilibrio”. Adesso, però, arrivano input non garantiti da Roma. Caracciolo, originario di Bat, contesta la nomina a consigliere di Debora Ciliento: la sua contadina, vicina alla rivale Francesco Boccia. Ma non c’è solo Ciliento nel mirino. Sono arrivate critiche, questa volta dai salentini, a cominciare da Donato Metalloall’indicazione di Viviana Matrangola, originario di Nardò. Il Pd leccese la considera un corpo estraneo al partito e alla sinistra, semmai più vicina al sindaco di Nardò, la destra Pippi Mellone.
Il toast MaurizioBruno ha sottolineato il quadro politico emerso dal rimpasto. La sintesi: avevamo un alleato, sinistra italiana, e non ce l’abbiamo più a causa della defenestrazione dell’ex consigliere Maraschio; Non sappiamo se i 5 Stelle torneranno con noi; con l’educazione civica non sappiamo “dove andremo a finire” a causa dell’eccessiva conformità nei loro confronti. “Bel risultato.” E poi a Brindisi “mai nessun incarico”, dice Bruno, che si aspettava un risarcimento per una provincia spesso trascurata. Pier Luigi Lopalco lo riassume così: «Emiliano ama i 5 Stelle, moltissimo l’educazione civica, non gli piace per niente il Pd». Tradotto: i dem vengono sempre sacrificati. Lucia Parchitelli contesta il metodo di Emiliano: ha preso il nuovo appuntamento proprio mentre il gruppo si riuniva, senza informare nessuno. «Eppure siamo 13 consiglieri, la metà della maggioranza». Tutti hanno osservato che si trattava di un piccolo rimpasto, per niente paragonabile a quello che ci si aspettava. «Si poteva fare di più – commenta il capogruppo Paolo Campo – Prendiamo atto delle decisioni e andiamo avanti». La mozione di sfiducia verrà respinta, lo prevedono tutti. Molti però vorrebbero una linea chiara da parte del partito nazionale. Difficile però che ora arrivi alla vigilia delle elezioni.

Lo choc barese

Un altro shock, per altri motivi, arriva Bari. Nicola Biancofiore, segretario del club Carrassi-Poggiofranco, si è dimesso. Biancofiore (zona Schlein) resta nel Pd, ma lascia la guida del club. La causa è da ricercarsi nella scelta di sostenere il candidato sindaco alle elezioni comunali Michele Laforgia e non Vito leccese (indicato dai dem). «Le mie dimissioni – afferma – hanno il sapore della resistenza, della libertà e del coraggio». Nei giorni scorsi il segretario comunale Gianfranco Todaro aveva chiesto a tutti i leader baresi di candidarsi nella lista del Pd per «confermare e, se possibile, superare il risultato raggiunto 5 anni fa: cioè il 16,9%. Di fronte a questa richiesta Biancofiore ha deciso di dimettersi”. Nei giorni scorsi Titti De Simone, anche lui sostenitore di Laforgia, aveva lasciato la presidenza dell’assemblea cittadina. Biancofiore e De Simone sono tra i 5 Pd che si sono astenuti nel voto che ha confermato la corsa del leccese.

 
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