Italia e Cina hanno una storia di relazioni lunga 700 anni, sarebbe un errore interromperla – .

Italia e Cina hanno una storia di relazioni lunga 700 anni, sarebbe un errore interromperla – .
Italia e Cina hanno una storia di relazioni lunga 700 anni, sarebbe un errore interromperla – .

Il Presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping è arrivato a Parigi in visita ufficiale dopo 5 anni di assenza da uno Stato europeo, quando era a Roma nel 2019. Anche a Palermo si è recato come una visita simbolica dalle molteplici sfaccettature, ma sicuramente come segno di amicizia verso la storia d’Italia. Questa volta è andato in Francia per celebrare i 60 anni delle relazioni diplomatiche franco-cinesi, (forse) per ricambiare la visita che Emmanuel Macron fece a Pechino nel marzo 2023, o forse perché Macron è un “atlantista” euro-francese?

Rapporti tra Italia e Cina

Sarebbe stato importante se anche Xi Jinping fosse venuto in Italia, perché nel 2024 ricorrono i 700 anni dalla morte di Marco Polo. Ma forse questo non è avvenuto perché nel 2024 il governo italiano ha annunciato l’uscita dal memorandum Iniziativa Belt and Road di accordo tra la nostra repubblica e quella cinese. Marco Polo scoprì la “Via della Seta” nel 13° secolo tra Europa e Cina mentre il governo Meloni cancellò la “Nuova Via della Seta” del 21° secolo. Si dirà che sono paragoni sbagliati dopo secoli, ma a me sembra che rinunciare all’accordo sulla “Nuova Via della Seta” sia stato un errore. Per almeno tre ragioni: la prima è che la Cina e i cinesi hanno una cultura storica indelebile e per questo ammirano l’Italia. La seconda è che i rapporti tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Popolare Cinese sono stati pazientemente costruiti a partire dagli anni Cinquanta. La terza è che l’Italia avrebbe potuto giocare un ruolo importante, proprio per i suoi storici rapporti con la Cina, in questo drammatico inizio del XXI secolo. L’Italia avrebbe dovuto cancellare il Memorandum, essendo l’unico Stato del G7 ad averlo firmato, è sbagliato per noi e per l’Ue. L’Italia non deve inventare il “futuro” dimenticando la “storia” che è il suo patrimonio e che conta molto nelle relazioni. con la Cina.

Dal 1324 al 2024: la Via della Seta

Va quindi ricordato che Marco Polo (1254-1324) arrivò in Cina negli ultimi decenni del XIII secolo e morì a Venezia 700 anni fa. Il centro del suo lavoro è la “Via della Seta” e cioè un lungo viaggio nel tempo e nella geografia, nell’economia e nella cultura dei rapporti tra Italia e Cina. Rapporti che si consolidarono per la scienza e la cultura con Matteo Ricci (1522-1610), il gesuita che arrivò in Cina nel 1582 e vi rimase fino alla morte, svolgendo anche il ruolo di consigliere scientifico dell’Imperatore. Queste due personalità sono ancora presenti nella storia della Cina al punto che le loro effigi (le uniche personalità occidentali) compaiono nelle decorazioni del Museo della Capitale, dove si tengono anche i massimi incontri del Partito Comunista Cinese.

2024, addio alla Nuova Via della Seta

Dai festeggiamenti di Marco Polo si arriva al 2024, anno in cui il governo Meloni esce dall’accordo denominato “Belt and Road Initiative” siglato nel 2019 tra Italia e Cina, della durata di 5 anni, salvo disdetta di una delle parti . Dal punto di vista della dignità diplomatica con cui doveva essere trattata la Cina, la gestione è stata molto attenta da parte del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e della diplomazia della Farnesina. Già all’inizio di settembre 2023, infatti, il ministro si è recato in Cina rilanciando l’accordo di “Partenariato strategico Italia-Cina” in vigore dal 2004. Ha avuto così la possibilità di attutirne la cancellazione sui media e nei rapporti diplomatici.

La Via della Seta ha una storia nella Repubblica Italiana.

La decisione italiana è stata però un errore perché l’Italia aveva con la Cina un ruolo privilegiato nel contesto politico internazionale, che affonda le sue radici sia nella storia della nostra Repubblica sia nell’intensità dei rapporti culturali, scientifici ed economici. Molti altri Stati europei hanno avuto e hanno rapporti economici importanti con la Cina, ma non credo che ci sia quella particolare consonanza storico-culturale che c’è con l’Italia. A tal fine è interessante evidenziare tre momenti cruciali nei rapporti tra Italia e Cina. Uno è culturale, l’altro è economico, il terzo è istituzionale. Molte sono le analisi su questa evoluzione e tra queste farò grossomodo riferimento ad alcune di Carla Meneguzzi Rostagni.

Legami culturali, economici e istituzionali: 1950-1970

Il primo collegamento Italia-Cina fu culturale, segnato dalla missione nel 1954 di una delegazione di intellettuali guidata da Francesco Flora, uno dei più grandi letterati italiani, crociano, antifascista e linceo. La seconda missione fu nel 1955 e la terza nel 1956, guidata da Ferruccio Parri, probabilmente la più ricca di personalità culturali e accademiche. L’elenco dei partecipanti a queste missioni è impressionante. Basta menzionarlo Carlo Cassola, Franco Fortini, Carlo Ternari, Gianfranco Vigorelli, Curzio Malaparte, Goffredo Parise.

Il secondo collegamento era economico-imprenditoriale. A partire dal 1950, importanti imprenditori capirono che, se la linea ufficiale del governo era quella del rigoroso rispetto della scelta atlantica, le restrizioni ai rapporti economici con la Cina danneggiavano anche la ricostruzione italiana e il suo riposizionamento internazionale. Altri paesi europei, tra cui Francia e Germania, puntavano già ad accordi commerciali con la Cina comunista. Nel 1958 Enrico Mattei decise che l’Eni dovesse andare anche in Cina e così ci fu un crescendo di rapporti che negli anni videro anche delegazioni “tecniche” cinesi in Italia. In questo lungo viaggio colpisce una frase di Enrico Mattei: “L’Italia non ha colonie né nemici nel Terzo Mondo; può rappresentare la punta di diamante della politica di cooperazione con la Cina: una politica necessaria nella corsa verso l’anno 2000″. Anche il presidente Meloni, che ha lanciato il Piano Mattei per l’Africa, dovrebbe tenere conto di questa valutazione.

Il terzo collegamento era politico-istituzionale. Sostenitori dei rapporti tra Italia e Cina si possono trovare in numerose personalità politiche sia della sinistra democristiana (La Pira, Gronchi, Fanfani, Vanoni, Moro) che tra i socialisti (Saragat e Nenni). Ma il passaggio al riconoscimento istituzionale è stato difficile per non offendere gli Usa. Si arrivò così al 1968, quando Pietro Nenni, Ministro degli Esteri del governo Rumor, diede un impulso decisivo al riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese e all’instaurazione dei rapporti tra i due Stati. Ma è tra il 1969 e il 1972 che il suo successore come ministro, Aldo Moro, completò il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese e quindi l’ufficialità dei rapporti diplomatici con la Repubblica Italiana. Questo è un “pezzo” di storia della nostra “Repubblica Costituente” erede dell’“Assemblea Costituente”.

Cooperazione sistemica e costruttivamente ibrida

Il sistema delle relazioni bilaterali ha continuato a crescere ed è quindi impossibile riassumerlo. C’è quello economico con le imprese italiane in Cina e viceversa, con investimenti e flussi commerciali. Molti sono anche i cinesi residenti in Italia, con i connessi ed importanti flussi turistici che ne derivano. Esistono accordi culturali tra cui il riconoscimento dei titoli universitari nonché degli Istituti Italiani di Cultura in Cina e dei Centri Confucio in Italia. Esistono collaborazioni scientifiche, tecnologiche e di innovazione caratterizzate da “Settimana Cina-Italia” che ha tenuto nel mese di novembre in Cina il suo dodicesimo incontro annuale. Esistono in Italia organismi per le relazioni bilaterali italo-cinesi come la Fondazione Italy China Council (ICCF), l’Angi (Associazione Italo-Cinese New Generation), l’Istituto Italo-Cinese (fondato dal senatore Vittorino Colombo nel 1971 su impulso del il ministro degli Esteri Aldo Moro).

Sulla Nuova Via della Seta.

Per questo è bene ricordare che se il Memorandum “Belt and Road Initiative” è stato firmato dal governo Conte nel 2019, esso è stato costruito quando il Primo Ministro italiano era Paolo Gentiloni. Personalità che conosce bene la storia della nostra Repubblica. Nel 2017, infatti, Gentiloni si è recato in Cina per partecipare al Forum “One Belt one Road”, ovvero la “Nuova Via della Seta” come maxi progetto di collegamento infrastrutturale, sia marittimo che terrestre, tra Asia ed Europa. La stima riservata a Gentiloni dal Presidente Xi Jinping è stata evidente e rilevata sia prima che durante la Cerimonia di apertura del Forum dove si è seduto accanto. Quando Xi Jinping venne a Roma nel marzo 2019, dove fu firmato il memorandum, era chiaro che il presidente cinese considerasse l’incontro con il presidente Sergio Mattarella al Quirinale l’evento “simbolico” cruciale della sua visita.

Il messaggio di Xi Jinping a Mattarella per la rielezione del 2022

Il messaggio lo conferma Il presidente Xi Jinping ha rivolto le congratulazioni al presidente Mattarella per la sua rielezione: “I rapporti tra Cina e Italia – si legge nella nota – hanno un fondamento profondo, una solida base nell’opinione pubblica e un solido legame di interessi che costituiscono un esempio per la comunità internazionale del rispetto reciproco, della ricerca di un terreno comune, mettendo da parte le differenze a favore della cooperazione”. La stima per l’Italia e per il presidente Mattarella è quindi evidente.

Insomma, esiste un sistema Italia-Cina molto importante e credo che dal punto di vista dei rapporti di “fiducia” tra Cina e Stati Ue l’Italia sia stata finora considerata la più affidabile. Ecco perché la storia conta e va rivisitata soprattutto nel 2024 nel nome di Marco Polo “Pioneer” e nel nome di Matteo Ricci “Scienziato”.

 
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