«No a un Galimberti 3. Più vicini ai cittadini» – .

«No a un Galimberti 3. Più vicini ai cittadini» – .
«No a un Galimberti 3. Più vicini ai cittadini» – .

CREMONA – Nella tua campagna elettorale e nella lista che fa riferimento a te si parla molto di comunità e di senso di appartenenza. Cosa vuoi evidenziare?
«Le sfide che riguardano il futuro di questa città e di questo territorio sono talmente alte che non coinvolgeranno solo i futuri amministratori locali, chiunque essi siano. Interesseranno l’intera comunità. Penso, ad esempio, all’inverno demografico e alla necessità di iniettare nuova linfa vitale alle città, sia economiche che sociali. Per fare questo è necessario uno sforzo collettivo che coinvolga istituzioni, imprese, associazioni e cittadini. Dobbiamo dare vita ad un nuovo patto comunitario. Identificare insieme le priorità e le strategie più efficaci, tenendo conto dei nostri elementi competitivi, delle risorse disponibili, nonché delle opportunità e dei vincoli interni ed esterni. Nessuno può sentirsi escluso, nessuno può puntare il dito senza essere direttamente coinvolto”.

Perché parli di vincoli interni ed esterni?
«Il nostro futuro non è solo nelle nostre mani. Sarebbe quanto meno ingenuo immaginare che sia sufficiente riunire la città in assemblea e scrivere un buon progetto per il futuro perché questo poi si realizzi. Non tutto dipende da noi, dobbiamo esserne consapevoli. Ci sono vincoli interni ed esterni da tenere in considerazione per costruire azioni concrete e non irrealistiche. Penso, ad esempio, che la decisione di Luciano Pizzetti candidarsi al consiglio comunale va proprio in questa direzione. La sua esperienza di governo e le sue relazioni ad alto livello saranno molto utili per una Cremona che vuole connettersi con le grandi direttrici dello sviluppo”.

Azioni concrete e non irrealistiche implicano la necessità di ridurre le aspettative?
«No, vuol dire che il reale margine di manovra è misurabile in gradi e dipende da quanto saremo bravi a fare rete con altri territori con progetti di valore. Ecco perché sorrido (amaramente) quando leggo i proclami del centrodestra che, dal comodo ruolo di opposizione, raccontano ai cremonesi favole irrealizzabili. Non verranno creduti perché i miei concittadini hanno una caratteristica che li accomuna tutti: il senso della realtà, cioè i piedi ben piantati per terra”.

Puoi fare un esempio di ciò che definisci “progetti di valore”?
“Sì, naturalmente. Faccio due esempi. Il primo riguarda l’imminente riqualificazione dell’ex ospedale come parte integrante del progetto denominato ‘Giovani al centro’, perché prevede la riprogettazione dell’intera area che comprende l’ex chiesa di San Francesco, la Cittadella dei servizi alla persona e il Parco dei il Vecchio Passeggio, ma anche gli edifici che oggi ospitano l’asilo nido San Francesco, l’asilo nido Martini e la scuola media Campi, oltre a piazza Lodi e piazza Giovanni XXIII, per rigenerare spazi del centro da dedicare ad attività culturali e sociali coinvolgendo in particolare i giovani”.

E il secondo?
«Il Festival Monteverdi ha recentemente ottenuto dal Parlamento il riconoscimento come festival nazionale e importanti risorse economiche che renderanno l’evento ancora più unico e attrattivo. Qui Cremona ha potuto giocare il suo valore unico e distintivo, il genio musicale del cremonese Monteverdi, per affacciarsi sulla scena nazionale ed internazionale offrendo un evento di alto livello che parla non solo ai cremonesi ma a tutti coloro che Italia e nel mondo che riconoscono la monumentalità del ‘Divino Claudio’. Cremona può replicare questo esempio virtuoso con tante altre vocazioni e unicità sia del passato che del presente. Penso, ad esempio, all’agroalimentare, ma anche alla grande opportunità nel settore universitario resa possibile dagli investimenti della Fondazione Arvedi Buschini. Si tratta di un progetto che punta a un’idea di sviluppo di qualità della città che tutti dobbiamo impegnarci a valorizzare. Forse dobbiamo credere un po’ di più in noi stessi”.

Ritorno ai vincoli. Quindi il nostro futuro si decide altrove?
«Siamo sempre noi a dover immaginare e costruire il nostro futuro ma tenendo conto anche di tutto ciò che accade oltre i nostri confini amministrativi. Le dinamiche di sviluppo nazionale e internazionale agiscono anche sulla nostra comunità come vincoli o come opportunità. È necessario conoscere questi contesti, frequentarli, incrociare i loro progetti per portare nuove risorse a Cremona. Ti faccio un esempio: Milano è ormai una metropoli su scala europea e non solo. È illusorio pensare che la sua enorme capacità di polarizzare risorse, talenti e opportunità non influenzi positivamente o negativamente anche la nostra traiettoria di sviluppo”.

Quindi è in corso una guerra contro il Ducato di Milano?
«Sono contrario alla guerra. Avere una metropoli europea a meno di cento chilometri è un’opportunità. Lo sarebbe ancora di più se avessimo collegamenti più rapidi con il capoluogo lombardo, il raddoppio della linea ferroviaria potrebbe fornire questa opportunità. Si tratta, però, di entrare in dialogo con Milano e, allo stesso tempo, di costruire in Lombardia alleanze forti con le città che intendono continuare ad avere un ruolo attrattivo e non diventare periferiche di qualcosa, anche se grande. Penso a Brescia e Bergamo, oltre a Mantova. Abbiamo molti problemi in comune che possiamo affrontare insieme. Va aperto anche un tavolo con la Regione per valutare la necessità di non polarizzare tutte le opportunità sul capoluogo lombardo o addirittura di non leggere i bisogni con una lente milanocentrica diversa da quella del sud della Lombardia. Sarebbe un errore imperdonabile”.

C’è chi ti vede come la continuazione dell’esperienza Galimberti, vero?
«Devo dire che questa storia di continuità e discontinuità è solo un’arma polemica brandita dal centrodestra. Per avanzare e progredire, le città hanno bisogno sia di tradizione che di innovazione. È fondamentale cambiare per adattarsi al futuro che ci si presenta, così come è prezioso mantenere quanto di buono è stato fatto. Gianluca Galimberti su alcune cose con cui è andato in continuità Oreste Perri e su molti altri ha dato discontinuità. Trovo tutto questo saggio e rispettoso del bene di una comunità. Ciò varrà naturalmente anche per me se i cremonesi avranno fiducia in me. Le faccio un esempio: negli ultimi decenni tutti i consigli comunali di centrosinistra o di centrodestra, così come tutti i sindaci che si sono succeduti, hanno confermato il valore di alcune scelte strategiche, penso alle circoscrizioni il riscaldamento, il cablaggio in fibra della città o il Polo Tecnologico avviato da un’amministrazione e concluso da un’altra. Chi amministra deve guardare al bene comune e non ad altro”.

Ci sarà quindi un Virgilio 1 e non un Galimberti 3?
«È chiaro che voglio aprire una nuova stagione politica, la mia coalizione di centrosinistra è un connubio di esperienza e innovazione, vogliamo andare oltre i perimetri e aprire un dialogo con l’intera città. Credo di aver svolto fedelmente il compito affidatomi in questi anni. Sono profondamente grato a questi anni, ai colleghi che hanno lavorato con me, ora penso di avere l’esperienza e le conoscenze per gestire un’amministrazione complessa e articolata come il Comune di Cremona. Se mi candido è perché credo di essere portatore di nuove priorità, anche grazie agli obiettivi raggiunti, ma anche di nuove idee per il futuro di Cremona. Ogni sindaco porta se stesso nel ruolo che ricopre, porta il suo carattere, le sue esperienze, la sua personalità e il suo entusiasmo”.

Se parliamo di un Virgil 1 allora ditemi cosa cambierà?
«Favorerò il cambiamento di tutto ciò che penso debba cambiare per il bene dei cremonesi e non avrò paura di farlo. Dire di voler cambiare tutto come fa il centrodestra è il modo migliore per non cambiare nulla. L’esperienza di questi anni mi ha permesso di apprezzare i successi dell’azione amministrativa nonché di comprenderne gli inevitabili limiti. Voglio iniziare da qui. Dalla consapevolezza che una città per vivere e prosperare deve saper tenere insieme due aspetti: la visione alta e strategica, cioè i grandi progetti di sviluppo e di crescita sociale ed economica, con la visione più quotidiana delle legittime aspettative dei singoli cittadini in termini di decoro urbano, di insicurezza percepita, di solidarietà, di maggiore attenzione ai dettagli. Voglio un’amministrazione più vicina alle esigenze della vita quotidiana, voglio un livello politico capace di tenere insieme il rapporto con il singolo cittadino e quello con la classe dirigente più ampia di questa città. Dobbiamo favorire un rapporto più costruttivo con alcuni mondi, penso al terzo settore, alla necessità di instaurare una collaborazione in cui tanti soggetti privati ​​possano essere non solo attori ma veri protagonisti di percorsi di co-progettazione. Penso – conclude Virgilio – al commercio e all’opportunità di creare un distretto urbano capace di mettere su un piano di parità l’ente pubblico e le categorie economiche. Credo infine nel ruolo delle istituzioni pubbliche all’interno di una funzione gestionale e non come soggetto accentratore di iniziative e progetti”.

 
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