La rete di Marcellone Colafigli, “bomba atomica” della Banda della Magliana. Due cerignolesi tra i finanziatori – .

La rete di Marcellone Colafigli, “bomba atomica” della Banda della Magliana. Due cerignolesi tra i finanziatori – .
La rete di Marcellone Colafigli, “bomba atomica” della Banda della Magliana. Due cerignolesi tra i finanziatori – .

MArcello Colafigli detto “Marcellone” è stato catturato ancora una volta. Nonostante il regime di semilibertà, Colafigli, uno dei componenti storici della Banda della Magliana, continuò la sua carriera criminale nel traffico di droga, gestendo affari tra Italia, Spagna e Colombia con collegamenti anche nella provincia di Foggia.

Sono 28 le persone arrestate dai Carabinieri e dalla Dda di Roma: 11 in carcere, 16 agli arresti domiciliari e una persona obbligata a firmare. Altri cinque sono solo sotto inchiesta. Tra gli uomini ammanettati e condotti in cella compaiono due Cerignolani, Pasquale Napolitano57 anni conosciuto come “Uncle”, “The Black”, “The Dark” o “The Tanned” e Gaetano Saracino45 anni conosciuto come “Il ragazzo”.

Il boss Colafigli, avvalendosi anche del suo prestigio criminale di storico appartenente alla “cosca Magliana”, pur essendo in semilibertà, avrebbe costituito e diretto l’associazione stipulando accordi – direttamente o tramite i suoi più stretti collaboratori Alessandro Brunetti, 61 anni conosciuto come “Sandro” di Roma e Savino Damato, 83enne detto “Il Vecchio” di Barletta ma residente anche a Roma – appartenente ad un gruppo criminale albanese guidato da Erion Hyseni detto “il Biondo”, posseduto, assieme ai suoi connazionali Naser Xhylani chiamato “Il Sud” o “Leon” e Rolando Nurce detto “Landi” o “Il Pischello”, di un’importante rete di contatti con narcotrafficanti internazionali in Colombia per la fornitura di cocaina e in Spagna per hashish.

Sarebbero emersi rapporti anche con un gruppo ben radicato nel quartiere romano della Massimina, rappresentato da Riccardo Tinti detto “Il Carrozziere” o “Rik”, preposto alla commercializzazione nella zona e con la sostanza importata finanziatori degli acquisti all’ingrosso del Foggiano, i Cerignolani Napolitano e Saracino. Gli inquirenti avrebbero documentato gli incontri avvenuti a Roma tra Napolitano “Lo Zio” e lo stesso Colafigli. Il contributo dei due pugliesi è stato significativo per la parte economica dell’operazione. “Marcellone” si sarebbe detto “sicuro di avere copertura nei finanziamenti – riporta l’ordinanza di 369 pagine del gip – sia da parte dei suoi amici casertani (persone che aveva incontrato insieme agli albanesi) sia di ‘Zio’ ovvero i uomo di Cerignola Napolitano”. La frase intercettata: “Abbiamo Caserta che scommette, abbiamo ‘Zio’ che scommette e abbiamo il mio amico che scommette”.

“Nei casi in cui sono emerse difficoltà nell’attuazione di piani criminosi – riferiscono le carte dell’inchiesta -, Colafigli è intervenuto personalmente, pianificando, ad esempio, un raffinata rapina attraverso una simulazione di operazione di cambio valuta presso una banca del quartiere Massimina di Roma oppure risolvendola direttamente i gravi problemi sorti con i delinquenti di Cerignola (avendo consegnato la somma di 200mila euro al gruppo Colafigli) per l’impossibilità di effettuare l’importazione del carico di cocaina per il furto del denaro”.

L’organizzazione di Colafigli avrebbe acquistato una grande quantità di cocaina, 30 chili da importare in Italia dalla Colombia (città di Turbo, vicino a Medellin) tramite trasporto all’interno di un container con destinazione finale i porti di Gioia Tauro o Napoli, quindi importazione non realizzato a causa della perdita della somma di 200mila euro destinata ai fornitori. In questo caso ci sono anche due persone che non sono state ancora identificate del tutto, è un mistero “Pachito”Colombiano e un ragazzo “Cittillo” di Napoli.

La banda di Colafigli avrebbe sempre avuto importanza dalla Spagna diverse centinaia di chili di hashish a 1700 euro al chilooltre mille euro per il trasporto, per poi essere immesso sul mercato a 4500 euro al chilo. La “roba” sarebbe arrivata in Italia nel doppio fondo di un camion targato spagnolo. Colafigli, Brunetti, Damato e Tinti avrebbero organizzato e coordinato tutta l’attività di importazione dello stupefacente, Xhylani, Hyseni e Nurce si sarebbero occupati della logistica, i due cerignolesi avrebbero invece finanziato l’acquisto donando all’organizzazione una somma di 200mila euro mentre Maurizio Fantini avrebbe assicurato l’attività di scarico nella sua falegnameria. L’organizzazione si sarebbe avvalsa di autisti e guardie.

Marcellone Colafigli

L’intercettazione: “Sei una bomba atomica”

Eloquente per determinare la caratura di Colafigli, una conversazione intercettata tra il boss e uno degli arrestati, il romano Fabrizio Fabriani, 36 anni, suo autista: “Non so cosa pensare… mio Dio… ma allora sei troppo pericoloso. Sei una figura troppo importante… una bomba… sei una bomba atomica“. E “Marcellone”: “Mi vedi così”. Fabriani: “Ma io ti vedo così… dicono così… i giornali… i cazzi… le mazzi… ma quali 40 anni fa? Che sono tutti quelli che… hanno tutta la tua età… quando fanno tutte queste cose… i quadrati… i cazzi… i grappoli… ci sono sempre quelli della tua età eh… della tua epoca sono… non è che siano i nuovi quelli eh.”

Il capo: “Mi vedi come un malato di mente? Di’ la verità, andiamo“. Fabriani: “Un po’ sì, dai. Ma non malato nel senso che sei pazzo e sporco…”. È ancora: “Ma io non ti faccio paura… sono tranquillo… sono il tipo che ti spaventa secondo te?“. E Fabriani: “Hai una storia, sei un personaggio”.

Poi Colafigli ha lasciato intendere di aver fatto del male solo a chi lo meritava: “Sono una persona che rispetta… mi capisci … capisci? Mi sento una brava persona, capito? Perché dentro di me mi sento così… perché non faccio niente a nessuno… capisci? Significato cosa? Non manco di rispetto alle persone… nemmeno agli spazzini.”

La cosca, Renatino e “Mafia Capitale”

“Marcellone”, l’uomo che ha ispirato il personaggio di “Buffalo” nella serie “Romanzo Criminale”, è uno degli esponenti storici della Banda della Magliana, l’organizzazione criminale attiva a Roma dagli anni ’70 fino all’inizio degli anni ’90. È stato anche il mandante dell’omicidio di Enrico De Pedis detto “Renatino”, uno dei capostipiti della cosca, il “Dandy” della serie tv, ucciso il 2 febbraio 1990 in via del Pellegrino nella Capitale.

De Pedis, il più “imprenditoriale” dei boss, legato anche alla chiesa, aveva ormai fatto “il salto di qualità” e aveva smesso di “spartire” i proventi criminali con gli altri esponenti del gruppo romano. Una mossa imperdonabile per quelli della vecchia guardia come Colafigli. La vendetta fu atroce e spietata ma segnò anche la fine della cosca e l’inizio di una nuova era criminale fatta di faccendieri, prelati, politici e funzionari. Un’epoca culminata con la maxi operazione “Mafia Capitale” di qualche anno fa. Il resto è storia.

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