È Miriam Prato la protagonista dell’incontro presso l’Officina dell’Arte di Angelo Fusconi, in programma domani alle 10. Non esiste una definizione univoca per descrivere l’artista stradellare dell’Oltrepò Pavese, le cui opere pittoriche, introdotte da Bruno Suppo, sono guardatelo anche domenica. Restauratrice, studiosa di carte e incisioni antiche, poetessa, scrittrice di fiabe e per diversi anni pittrice, Miriam ha un rapporto molto personale con gli artisti del passato, in particolare incisori, come Dürer, Mantegna, Bruegel, Beham; infatti parte da quelle opere, le penetra, se ne appropria per farle rivivere sotto forma di pop art. Non si tratta di irriverenza, ma piuttosto di un recupero colto e raffinato della tradizione, di un rinnovamento dell’antico che fa sì che “ne esorcizziamo la distanza e ce ne appropriamo nuovamente, ridisegnandone il valore metaforico, alla luce della complessità del nostro presente”. L’antico, insomma, come spunto per colorate interpretazioni e curiosi giochi compositivi. Dopotutto, cos’è l’arte se non invenzione, creazione, idea? E così, ad esempio, il rinoceronte corazzato e incolore di Dürer, già più fantasioso che reale, viene di tanto in tanto riprodotto da Prato con “i toni civettuoli di una femminilità ostentata o di una truce mascolinità esibita”. Così come scene di battaglie navali, come la grigia “Battaglia di Lepanto” di Gustave Dore’ (1571), acquista, con tecnica mista su tela, i toni del blu cobalto, gli abiti dei marinai che dalla svettante prua di una vela la nave cerca la salvezza nella scialuppa di salvataggio; Inoltre, i vialetti e le aiuole geometriche curate dai giardinieri di una nobildonna ritratta nell’incisione di Nicolaes De Bruyn (XVII secolo) intitolata “La Primavera”, trovano nell’interpretazione pittorica e cromatica di Prato, l’esplosione di gialli, lilla, rosa che appartengono, in realtà, a quella stagione. Oltre ai suoi dipinti, l’autrice presenterà anche il suo ultimo libro “Il Montepiùbello”. Miriam regala ad ogni acquirente del libro una stampa tratta da una sua opera.
Raffaella Candoli
