lettere e armi per difendere il figlio che uccise i cugini di Vittoria – .

«Figura centrale capace di connettere diversi clan ed emblema della transizione della criminalità organizzata verso forme più sofisticate di infiltrazione nell’economia legale”. Questa, in sintesi, la descrizione che danno gli inquirenti re del packaging al mercato ortofrutticolo di Vittoria (nel Ragusano) Emanuele Greco. Per tutti Elio è il nome di spicco tra i sedici arrestati nell’operazione antimafia Fenice di due giorni fa. Elio Grecoresta però soprattutto a il cuore di papà. Soprattutto verso il figlio Rosario. L’uomo che, sotto effetto di alcol e cocaina, la sera dell’11 luglio 2019, a bordo del suo SUV colpì a perdifiato e uccise i suoi due cugini Alessio e Simone D’Antonio undici e dodici anni. Quando Saro finisce in carcere, accusato di omicidio stradale duplice aggravato, non viene accolto bene – per usare un eufemismo – dagli altri detenuti. Finché non arriva un intervento dall’alto: quello del padre che, per venire in suo aiuto, sguaina tutte le sue armi. Metafora a parte, qualche anno prima lo aveva già fatto per «vendicare l’onta subita» sempre dal figlio.

Il percorso criminale

greco anziano può vantare un lungo percorso criminale pieno di bivisoprattutto con il Clan Rinzivillo-Emmanuello di Gela e con quello di Carbonaro-Dominante dell’area vittoriana. Uno “propensione alle attività criminali» che ha dimostrato fin da giovane, come ricostruito dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania Stefano Montoneri. Erano gli anni settanta quando il costruzione di serre agricole a Vittoria. Tra gli anni Ottanta e Novanta passa al rapine a mano armata E rapimenti. Attività criminali che gli avrebbero procurato profitti illeciti nei quali Greco avrebbe poi investito per finanziare le sue iniziative settore agricolo e dei imballaggi per frutta e verdura. Area nella quale sarebbe così riuscito a stabilire una «posizione dominante» con la tua azienda Pacchetto Vittoria e con altre società collegate. Posizione che avrebbe mantenuto nonostante i sequestri di beni per oltre 35 milioni di euro e che avrebbe «sfruttato per consolidare il suo controllo sulla Mercato ortofrutticolo di Vittoria. Dove – si legge nell’ordinanza – attività imprenditoriali e metodo mafioso si intrecciano in modi sempre più sofisticati e meno violenti”.

La spedizione punitiva

Tranne alcuni eccezione in cui l’uso della violenza sembra obbligatorio. Questo è il caso di spedizione punitiva organizzato da Elio Grecoinsieme ai figli e a un cugino, la notte del 25 febbraio 2019 per «vendicare l’onta subita e per riaffermare la supremazia mafiosa». Per averlo subito la vergogna era suo figlio Saròinsultata e aggredita da due uomini, pare per questioni legate al mondo dell’ narcotici. Un attacco contro uno, tuttavia, viene percepito come un’offesa all’intero gruppo. «”Tutti greci succhiami«». Del resto, secondo quanto riferito dallo stesso Saro ai parenti, questo sarebbe stato il frase pronunciata da uno degli aggressori prima di prenderlo a pugni. «Ha finito di vivere», è la frase di uno dei fratelli. A causa di ciò, ottengono armi da familiari e altre persone a loro vicine e, per tutta la notte, si sono messi addosso alla ricerca dei due uomini.

In carcere “come Dio comanda”

E questa non è l’unica volta in cui Greco avrebbe guidato le sue azioni il cuore di papà. Quando finisce il figlio Saro in carcere per omicidio stradaleè la nuora a informarlo delostilità con cui fu accolto dagli altri prigionieri. «All’inizio volevano discutere con lui – racconta Elio Greco che non sa che in casa sua ci sono delle microspie che registrano le conversazioni – Gli hanno detto: “Non puoi restare nella sezione“. Gli ho subito inviato una lettera con una delle mie amico di Catania. E gli disse: “Sii obbediente perché altrimenti, dove ti incontro e ti incontro, Ti mando nelle celle di isolamento«». Basta questa lettera per far cambiare le cose perché i rapporti di potere non cambiano né fuori né dentro il carcere. Del resto per lo stesso Elio ci sarebbe stato «rispetto in carcere. Sai quanto lo temevano in prigione? Alle 9 televisione spenta, qualche dannato bordello, casinò. Lì lei lo ha sostenuto come Dio comanda!». Una testimonianza che viene da Gaetano Valente il quale, considerato il sostituto di Greco, ha potuto trarre vantaggio lui stesso dalla situazione. Appena portato in prigione un’ora dopo avrebbe ricevuto un messaggio direttamente nel suo cellulare cellulare già carico e pronto per essere utilizzato. Sarebbe stato consegnato da un detenuto catanese addetto alla distribuzione dei pasti. «Questo – sentenzia – perché c’è rispetto».

 
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