«La stabilità politica paga, il Piano Mattei dimostra quanto siamo credibili» – .

Professor Cingolani, la scelta italiana di invitare i Paesi BRICS e l’Africa al G7 in Puglia è stato un forte richiamo alla condivisione globale del futuro del pianeta: è questa anche la sua visione?

«È stata una scelta assolutamente impareggiabile – risponde Roberto Cingolani, scienziato, ex ministro e amministratore delegato del Gruppo Leonardo -. In un momento di così diffusa frammentazione sotto ogni punto di vista, commerciale, militare, distribuzione della ricchezza, riuscire a mettere tanti attori attorno allo stesso tavolo è una conquista, rende plurale ciò che altrimenti sarebbe destinato a rimanere separato. È qualcosa che dovrebbe rendere orgogliosi gli italiani”.

E che ovviamente ha un impatto significativo anche sulle prospettive delle grandi aziende italiane che lavorano all’estero, no?
“Questo è tutto. Sapere che il mio Paese comunica correttamente con quelli in cui è presente il Gruppo Leonardo, e parliamo di 61 Paesi nel mondo per circa 55mila lavoratori complessivi, non può che rafforzare la nostra credibilità. Essere supportati nel nostro lavoro quotidiano è sicuramente una cosa molto positiva. L’internazionalità, sia chiaro, è un valore aggiunto che fa bene alle nostre aziende”.

Ma qual è il minimo comune denominatore che deve tenere insieme Paesi così diversi?
«Penso che per il futuro del pianeta nessuno, salvo pochissime eccezioni, possa rinunciare a trovare un percorso comune, nel sacrosanto rispetto delle diverse culture. Se pensiamo di investire solo nelle differenze non andremo da nessuna parte. Abbiamo un solo pianeta dove vivono miliardi di persone sotto molti aspetti diverse tra loro: per questo non possiamo costruire una società globale basata solo sulle rivalità. Ecco perché quando ci sediamo attorno allo stesso tavolo per parlare di cose che riguardano tutta l’umanità andiamo nella direzione giusta, figuriamoci se ciò avviene ai massimi livelli”.

Sono necessari motori di condivisione speciali?
«Cultura e politica, ecco i motori di aggregazione che ritengo più indispensabili di altri. E parlo di politica al massimo livello, cioè di quella capacità di allargare gli obiettivi che poi permette alla cultura di essere davvero dal basso, dal basso verso l’alto. Averlo pensato e realizzato in occasione del G7 italiano è stato un segnale importante. Penso al processo di pace che è stato avviato con il vertice di Lucerna in Svizzera: è vero che la Cina non è andata lì e che molti Paesi stanno riflettendo ma intanto cominciamo a far parlare di un tema decisivo come la pace , precisamente. E questa capacità di favorire il dialogo è fondamentale”.

L’Italia e il Piano Mattei, e non solo: il dialogo con i Paesi in cui il nostro Paese investe o è presente da tempo va nella direzione da lei indicata?
«Vedo due livelli: già quando mi occupavo di energia o come scienziato ho sempre immaginato che fosse necessario pensare all’Africa non come un problema ma come un’enorme risorsa. È il continente più giovane e sappiamo quanto sia importante per il nostro futuro: l’Africa ha bisogno di infrastrutture e crescita e noi abbiamo una posizione geografica ma anche culturale ideale per accelerare questo processo. E anche questo è a cavallo tra cultura e politica. E poi vedo l’Italia verso l’Europa: quando ero ministro dell’Energia ho capito che era importante portare in Europa una voce pacata, sobria, misurata. Penso che sia importante anche oggi mantenere questo approccio, dando contributi importanti e guadagnando quella credibilità fuori dall’Europa e quindi anche in Africa che ci permette poi di essere un Paese di riferimento. Non dimentichiamo che l’Italia è considerata un Paese molto tollerante, non viene mai vista come un Paese predatore o, peggio ancora, colonialista. In Africa, e l’ho verificato personalmente, c’è un altissimo livello di accettazione del nostro Paese. La nostra simpatia sociale si sta facendo strada ovunque e questo significa che dobbiamo continuare a investire su tutto questo. E portare questa nostra cultura nel mondo significa aprire spazi e opportunità in tanti settori, dall’industria alle infrastrutture”.

Quanto conta la stabilità politica italiana che, come ha ricordato anche il direttore napoletano nel suo editoriale di ieri, è in questo momento un fattore raro e allo stesso tempo strategico per l’Europa e non solo?
«Non è una questione di colore politico. La stabilità paga sempre. Come la precisione, la puntualità. Avere una forma di chiarezza politica, indipendentemente dall’appartenenza a questo o quel partito, come nel caso ad esempio di un sistema bipolare, consente agli altri paesi di percepire il nostro come un paese stabile. Cambiare un governo ogni 18 mesi non va certo in questa direzione”.

Come conciliare l’aggregazione di Paesi così diversi con il tema dell’intelligenza artificiale che può creare paure e rigidità proprio laddove modernità e innovazione non sono ancora così diffuse come in Africa?
«Guarda, ti rispondo da scienziato: non devi avere paura di ciò che non conosci, devi solo studiarlo. È vero che in alcuni Paesi queste tecnologie possono fare paura ma se vogliamo migliorare la loro condizione dobbiamo garantire gli strumenti e le opportunità di conoscenza, formazione e crescita anche a livello infrastrutturale che permettano di capire che l’Intelligenza Artificiale è sicura e affidabile . E soprattutto che possa essere disponibile a tutti. Ebbene, credo che il punto centrale sia proprio questo: ho più paura che l’intelligenza artificiale e i dati finiscano nelle mani di pochi che la possibilità che sia conosciuta e quindi praticabile da tutti. Solo così potrà esserci una diffusione pacifica della tecnologia: se la possediamo tutti, sarà molto più difficile che venga manipolata. Diffonderlo e contribuire a un open source, a un modello ampio, significa correre molti meno rischi”.

Leonardo è sinonimo di innovazione e il piano di digitalizzazione lanciato dal Gruppo, che con il progetto Nemesi coinvolge anche lo storico stabilimento di Pomigliano d’Arco, conferma che questo percorso è obbligato al Sud come nel resto del mondo?
«Stiamo calibrando il nostro intero piano industriale per i prossimi 5 anni su intelligenza artificiale e digitalizzazione a tutti i livelli. Una scommessa che, partita dai nostri laboratori di supercalcolo, stiamo progressivamente portando su tutti i nostri prodotti e sistemi come nel caso di Pomigliano. Un percorso irreversibile, da qui passa tutta la sicurezza e quindi la capacità di difesa del Paese, i dati, la capacità di previsione, gli algoritmi, la velocità di analisi dei dati. C’è grande soddisfazione per quello che abbiamo fatto, come per il progetto Nemesi che hai citato. Oggi dobbiamo essere in grado di resistere anche alle crisi internazionali e se, come attualmente nel caso della Boeing, ci sono problemi, è chiaro che anche noi che operiamo nel settore delle aerostrutture possiamo risentirne. Ecco perché l’impegno di Leonardo è quello di diversificare il più possibile queste produzioni: ci stiamo lavorando molto. Prepareremo un piano che ci permetterà di superare anche questo momento e non ho dubbi che ce la faremo”.

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