Celebrazione eucaristica in occasione della conclusione dei festeggiamenti in onore di Sant’Antonio di Padova – Arcidiocesi di Sassari – .

Nel pomeriggio di domenica 16 giugno, Mons. Gian Franco ha presieduto la celebrazione eucaristica ad Olbia in occasione della conclusione dei festeggiamenti in onore di Sant’Antonio di Padova, organizzati dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo.

Di seguito l’omelia tenuta dall’arcivescovo.
«San Paolo, questa sera, ci aiuta a scoprire il senso della vita cristiana, della vita umana. È un pellegrinaggio che facciamo con fiducia, un viaggio che facciamo confortati dalla fiducia nel Signore, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio, lontani dal Signore finché viviamo nel corpo. Siamo pieni di fiducia con il desiderio di dimorare con il Signore.

È un’immagine che viene accolta dalla comunità cristiana originaria, ma anche da ogni persona, perché esprime la situazione, la condizione della persona umana. Siamo tutti persone in viaggio. E il senso dell’esilio, l’immagine dell’esilio, non è un disprezzo per le realtà terrene, non è un disprezzo per la vita terrena, ma piuttosto l’immagine, la condizione che esprime la situazione di chi è orientato verso la patria definitiva.

Il significato dell’esilio dice che siamo in cammino e siamo in cammino verso una nuova cittadinanza: la cittadinanza di Dio, cioè la patria celeste. Attraverso questa immagine viene spiegato il senso della vita. La nostra vita trova compimento in Dio. Il cammino che percorriamo è un cammino che già si svolge su questa terra. Il Signore è già presente nel nostro cammino e la sua presenza ci riempie di fiducia.

Questo è anche il senso della preghiera, della devozione ai santi. Sant’Antonio da Padova è uno di quei santi popolari attraverso i quali si esprime con forza la dinamica e la dimensione della fiducia e del cammino.

Quanti pellegrinaggi si fanno alla tomba di Sant’Antonio a Padova! Quanti piccoli pellegrinaggi si fanno e sono stati fatti a questo piccolo santuario di Sant’Antonio alle porte della città – della nostra città di Olbia – e poi alla chiesetta dedicata a Sant’Antonio, segno vivo di un popolo in cammino che attraverso l’intercessione dei Santi ripone la propria fiducia in Dio.

Probabilmente, in una società in cui non è sempre così naturale riporre la fiducia in Dio, siamo chiamati a riscoprire il significato, il valore e l’importanza della fiducia in Dio.

Viviamo in una cultura in cui la performance della persona umana è spesso messa in primo piano. E questo sarebbe un bene, ma lo diventa meno quando Dio sembra non avere più spazio in questo progetto. Sembrerebbe che possiamo raggiungere tutti i nostri obiettivi, tutti i nostri obiettivi, tutti i nostri programmi, solo con le nostre forze.

Qui si verifica un cortocircuito nella vita della persona umana, perché viviamo come se Dio non esistesse.
Molte volte, soprattutto nelle situazioni di fragilità, malattia, crisi, sofferenza, debolezza, il Signore ci aiuta a capire che ci ha dato tanti talenti, ci ha dato tante forze.

La creatura umana è dotata di molte energie fisiche e intellettuali, ma è pur sempre una creatura limitata. Il limite non è di condizionamento, ma è semplicemente il limite di differenziazione tra l’essere creatura e l’essere creatore.

Sant’Antonio da Padova è un Santo al quale ci rivolgiamo per riportare a lui tanti bisogni, tanti interrogativi, tanti interrogativi. È un Santo della fiducia, un Santo che accompagna il cammino. Ed è lui stesso che ha camminato nella sua vita, perché è vero che lo ricordiamo come sant’Antonio da Padova, ma veniva dal Portogallo, da Lisbona, e quindi ha fatto molta strada dal Portogallo passando per il Nord Africa, arrivando in Italia.

Cosa lo ha portato a camminare? La testimonianza di altri cristiani. Quando seppe del martirio dei primi martiri francescani, i seguaci di San Francesco, rimase profondamente toccato dalla loro testimonianza e desiderò così incontrare il Santo, seguire le sue orme, spendere la vita testimoniando Gesù. Ecco la testimonianza della fede che può trasformare i cammini delle persone.

Molte volte oggi ci chiediamo come sia possibile trasformare una vita, come sia possibile trasformare un’esistenza, come sia possibile trasformare la vita di una società che sperimenta dimensioni molto belle della vita umana, del mondo in questo momento , ma anche le tragedie di guerre, conflitti, lacerazioni.

Il compito trasformativo del cristiano passa attraverso il cammino della testimonianza. La testimonianza è una forma di predicazione che Papa Francesco chiamerebbe “evangelizzazione per contagio”. A volte nelle testimonianze non si pronunciano parole, non si fanno discorsi, non si scrivono libri, non si dice nulla. È un modo di essere, è un modo di vivere. Questa è la santità, questa è la sequela del Vangelo. È quella che Papa Francesco chiama la “santità della porta accanto”, la santità della vita quotidiana, nelle famiglie, nelle madri, nei padri, nei nonni, nelle nonne, nei luoghi di lavoro, nella vita ordinaria, nei luoghi di lavoro. La testimonianza è trasformativa. Ed è stato così trasformativo che sant’Antonio ha deciso di lasciare tutto, lasciando la comunità dei canonici regolari di sant’Agostino, per scegliere un percorso di donazione ancora più profondo e radicale, attraverso il cammino francescano.

Quindi Sant’Antonio è un Santo molto attuale, molto importante. È vero che è ricordato come il Santo della grande predicazione, il Santo dei miracoli, ma il grande miracolo che annuncia, che ha sperimentato nella sua vita, è stato il miracolo della testimonianza. E lo ha vissuto, lo ha trasmesso ai suoi contemporanei. È quel miracolo che non fa rumore. La testimonianza non è mediatica; la testimonianza tace. La testimonianza non è blasonata. La testimonianza sceglie la strada del silenzio, dell’umiltà.

La testimonianza è simile a quel granello di senape di cui parla oggi il Vangelo. È il più piccolo di tutti i semi, ma una volta gettato in terra, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante del giardino. È proprio vero, molte volte le parole non sono efficaci nella costruzione del Regno di Dio, ma efficace è la testimonianza.

Ed era la via di San Francesco e la via di Sant’Antonio. A volte la cultura viene contrapposta all’assenza di cultura. In questi due Santi però sono accostati, nel senso che sant’Antonio ricevette da san Francesco la facoltà di dedicarsi alla predicazione, allo studio, ma ben consapevole che avrebbe messo insieme le due cose, la testimonianza di vita con parole.

In questo senso anche Sant’Antonio diventa per noi un modello. Costruire ogni giorno il Regno di Dio nel silenzio, costruire ogni giorno il Regno di Dio nel silenzio operoso. Il seme gettato in terra marcisce e dà la vita, non resta inattivo. Il silenzio e l’umiltà non sono inattività, non sono acidità egoistica, come dice Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, ma è piuttosto presenza viva, umile, presenza generativa e rigeneratrice.

E in un tempo in cui la vita umana sente profondamente il bisogno – e anche le nostre comunità sentono il bisogno di rigenerarsi – questo cammino, questo stile, è tanto importante perché è un cammino che matura da dentro, matura da dentro. Cresce e diventa la più grande di tutte le piante, ma non solo la più grande, diventa anche un luogo di accoglienza. Il Regno di Dio e la vita cristiana sono simbolo di accoglienza. Il Regno di Dio non esclude nessuno, accoglie tutti. Papa Francesco ritorna spesso su questo tema: tutti hanno una porta aperta nella Chiesa. Il suo sogno di una Chiesa con le porte aperte era la profezia francescana nel medioevo e questa profezia è la profezia evangelica che continua sempre, in ogni tempo e in ogni momento. Alla sua ombra, infatti, possono nidificare gli uccelli del cielo, tutti, non alcuni sì ed altri no.
Ed ecco allora che tanti ricorrono anche ai santuari, ricorrono al santuario di Sant’Antonio, per esempio, perché si sente, si percepisce che è un luogo dove ogni situazione umana può essere accolta, può trovare spazio, può trovare accettazione. Questo santuario deve essere vita, segno del Regno di Dio, come lo sarà la Patria eterna, una volta terminato questo pellegrinaggio terreno, quando uomini di ogni lingua, cultura, nazione e religione troveranno posto nella casa di Dio”.

 
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