Fagioli in e modulo 4-3-3 – .

È sempre dolce ritornare nei luoghi in cui siamo stati felici; È emozionante camminare tra le pietre storiche dell’Olympiastadion di Berlino che 18 anni fa assorbì le urla del nostro trionfo mondiale. Alla vigilia di quell’Italia-Francia, in chiusura dell’allenamento, Totti segnò un rigore beffardo, Peruzzi lo para e festeggia con il gesto dell’ombrello. Quel gufo di Michel Platini profetizzò: “Batterai la Francia nel 2030”. Lo ha detto in conferenza stampa il tecnico Marcello Lippi: “Mi dispiace, non ho abbastanza pazienza. Soddisfatto della finale? Assolutamente no… Se lo perdiamo ci arrabbiamo come animali”. Una grande partita si prepara così: con il cuore leggero di giocatori consapevoli delle proprie forze e con il forte carisma di un leader che sa trasmettere fame e orgoglio. Stasera non ci giochiamo il mondiale, ma solo la possibilità di fare un altro passo verso l’Europeo: dagli ottavi ai quarti. Non dobbiamo battere la Francia del divino Zidane, ma solo la Svizzera dell’umanissimo Xhaka. Ma questa è anche una partita importante, perché, qualificazione a parte, dovrà darci risposte significative e in qualche modo segnerà la crescita di una Nazionale giovane che ha come orizzonte il Mondiale ’26.

Nuovo percorso

Con 4 Mondiali in maglia e l’esperienza storica che porta con sé la squadra azzurra, rifiutiamo di sentirci sfavoriti, ma è oggettivamente vero che la Svizzera, in questa parte del torneo, ha impressionato più di noi. Non abbiamo ancora fornito una prestazione completa, in termini di fisicità, compattezza tattica e qualità tecnica, come quella degli svizzeri contro la Germania. Il centrocampo di Xhaka e Freuler è importante, la banda bolognese (Aebischer, Ndoye, Freuler…) è stata riempita di sapienza da Thiago Motta. Squadra difficile da superare. E, visto che ci hanno espulso dall’ultimo Mondiale, non lo scopriamo adesso. Spalletti cambia ancora. Se aveva accettato il vezzo del 3-5-2, anche sotto la pressione dei giocatori, per un’Italia “con meno bellezza e più sostanza”, capace di conquistare il punto qualificazione, ora, scampato il pericolo grazie al miracolo Zaccagni , riprende in mano il timone. Come a dire: “Marinai, vi ho ascoltato nella tempesta. Ma ora che è finita, si torna a navigare verso la bellezza. Gli italiani devono essere orgogliosi di noi. Questo non è abbastanza.”

Tempo di fagioli

È bello. È il suo calcio e deve seguire. Lo abbiamo intuito nel buon primo tempo contro l’Albania. Torniamo alla formazione a 4: 4-3-3. Persi per squalifica il rampante Calafiori e per infortunio Dimarco (l’ultimo Grosso), Spalletti lancia Mancini, cresciuto nel mito di Materazzi, accanto al febbricitante Bastoni, con Di Lorenzo e Darmian terzini. Ma la novità più intrigante è in sala macchine. Il tecnico sospende a tempo indeterminato la fiducia a Jorginho e apre la porta a Fagioli, che bussa da tempo. Dovremmo guadagnare in dinamicità, interdizione e velocità di circolazione. Per lo juventino, rimasto fermo per 7 mesi, un’occasione unica, un esame di maturità contro un centrocampista ostico, in un teatro solenne come l’Olympiastadion di Berlino. Se salda le sue idee alla corsa di Barella e alle geometrie di Cristante, potrebbe emergere un reparto di prospettive e soddisfazioni. I tre hanno caratteristiche complementari (ordine, tecnica, aggressività) e, sulla carta, sanno dividersi bene le funzioni. Il reparto potrebbe ricevere un buon aiuto dall’altra scommessa della serata: El Shaarawy che quest’anno ha dimostrato di aver raggiunto una notevole maturità tattica e di lavorare bene sulla fascia in entrambe le fasi. Speriamo nel vero Chiesa sulla destra.

Muro Gigio

Spalletti si è riservato un dubbio: il centravanti. Scamacca o Retegui. Più sfondamento il primo, più guerriglia il secondo. La sensazione è che il bergamasco sia avvantaggiato. Anche per le parole del mister: «Scamacca ha qualità, creatività e un fiuto che ti fa a pezzi. Ho avuto pochi giocatori con un tiro così potente. Se ti tira addosso non hai tempo di muoverti». Se hai uno così, lo devi trovare a tutti i costi. Dobbiamo fare gol. Non farlo alla Svizzera ci è costato un Mondiale. Stasera ne abbiamo assolutamente bisogno. E lui serve Chiesa ’21. In tre partite, Scamacca e Retegui hanno combinato due tiri in porta: sveglia. Ci aspettiamo una dura battaglia, anche oltre il 90°. Gli svizzeri, ripensando ai rigori di Jorginho, sorridono e sperano nel bis. Sicuri? Ieri abbiamo visto Donnarumma seduto in sala stampa. Allargava le braccia e toccava i muri. Poi Sommer si è seduto… Avevamo il Muro di Berlino (Gigi) e ce l’abbiamo ancora (Gigio). Avanti, andiamo avanti.

 
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