Quel viaggio verso la morte, la strage ferroviaria di Viareggio – .

Quel viaggio verso la morte, la strage ferroviaria di Viareggio – .
Quel viaggio verso la morte, la strage ferroviaria di Viareggio – .

«Ogni 29 giugno passa fischiando il treno delle 23,48. I macchinisti lo ricordano sempre, è il loro saluto, il loro gesto di rispetto per le vittime di questa strage dimenticata da tutti”. Queste le parole di uno dei sopravvissuti al Viareggio massacrel’incidente ferroviario in cui persero la vita 32 persone. Il treno fischia, per rispetto, in memoria di quel giorno di inizio estate, quando una delle 14 cisterne del convoglio cariche di GPL, danneggiata dall’impatto, provocò un incendio che distrusse un intero quartiere. Una scintilla per incenerire tutto. Dove un tempo c’erano case e vite ora c’è un monumento con i nomi dei morti e la “casa della memoria” con gli oggetti rubati all’incendio. Pupazzi, disegni, cose appartenute ai bambini.

Quando il cielo sopra Viareggio si tinse di rosso

«Tutto brucia… credo che tutti nella stazione siano morti!». La prima voce a raccontare la storia Viareggio massacre è quello dell’ingegnere. L’orologio aveva appena segnato le 23:49, quando a pochi passi dalla stazione il treno merci in partenza da Trecate, in Piemonte, e diretto a Gricignano, in Campania, esce improvvisamente dai binari. Uno dei serbatoi carichi di GPL si ribalta su un fianco e si apre. Il gas avanza come un killer silenzioso finché, sul suo cammino, incontra una scintilla che fa scoppiare un incendio.

È un inferno. Così dicono i soccorritori che instancabilmente hanno scavato tra le macerie fumanti, sperando che sotto quelle pietre, in mezzo alla distruzione, ci sia ancora vita. Questo è ciò che sussurrano coloro che sono riusciti a sopravvivere, condannati a portare per sempre sul proprio corpo le cicatrici del dolore vissuto.

I treni non esplodono!

Undici persone persero la vita quella notte. Per altre ventuno, morte per ustioni, l’agonia fu più lunga. Quaranta giorni. Emanuela Menichetti ha lottato così tanto, anche lei era tra i volti di chi non ce l’ha fatta. L’ultima volta che sua madre ha sentito la voce della figlia era il 29 giugno. Emanuela ha chiamato la madre dal pronto soccorso dell’ospedale della Versilia: “C’è stato un incidente… ma io sto bene… è esploso un treno…”, ha detto. “Ma cosa stai dicendo, bambina mia… I treni non esplodono!”, ha risposto la mamma, ricordando quella notte.

Non è stato solo il prezioso lavoro dei pompieri a impedire ulteriori esplosioni. Anche due ferrovieri in servizio alla stazione hanno impedito che il disastro avesse conseguenze ancora più terrificanti: hanno bloccato l’arrivo di un treno Intercity, altrimenti sarebbe entrato nello scalo mentre l’incendio stava devastando persone e case.

A distanza di anni, le ferite di Viareggio sono ancora aperte. Le famiglie delle vittime continuano a chiedere giustizia e a lottare affinché una tragedia simile non si ripeta mai più.

 
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