Benevento
Conosco la strada da Benevento a Campobasso come le mie tasche, ho lasciato un pezzetto del mio cuore in ogni curva. L’ho guidato centinaia di volte, sotto la pioggia, il sole e talvolta la neve. Sempre ad orari impossibili: alle 6 del mattino o a tarda sera. La velocità mantenuta è stata costante, quello che conta è la media che determina il tempo finale. Inutili gli spostamenti da un estremo all’altro, in gioco c’è il rispetto delle regole anche lungo la strada statale che unisce due terre, Sannio e Molise, che hanno molto in comune.
Se fosse possibile, adesso potrei fare quei 67 chilometri ad occhi chiusi, ricordando i tanti sacrifici, l’ansia del ritorno, per non togliere nemmeno un minuto al mio lavoro, che amo. Quante cose mi sono passate per la mente, in questi anni. Ho potuto riflettere, durante il viaggio, pensare a ciò che non ho potuto fare, alle soddisfazioni ricevute, ai dolori vissuti. Dicono che il tempo è galantuomo perché, all’improvviso, restituisce ciò che è stato perduto o portato via.
Non so se sia davvero così, certe assenze sono incolmabili e purtroppo lasciano spazio solo ad infinita dolcezza e nostalgia. Sono le molle che ci spingono ad andare avanti, a dare sempre il massimo, a onorare la memoria e trasmetterne rispetto. Non è affatto facile, ci vuole una buona dose di equilibrio, piedi rigorosamente per terra, ancorati alla realtà. Sono vietati i voli pindarici, il sangue freddo e la massima attenzione.
Quella che non ho mostrato durante la settimana: in vista di tagliare un traguardo particolarmente importante, ho guidato mentre il cuore, per l’emozione, batteva così forte che non mi sono reso conto del rischio che avevo corso: incappare nel terribili maglie di uno degli autovelox posizionati lungo il percorso. Trappole costose, guai a chi ci finisce dentro. Ho sorriso con chi era con me: ne siamo usciti, per fortuna. Al diavolo i punti patente e le multe, almeno questa volta mi sono guadagnato un pizzico di fortuna. Quel giorno ero molto felice.
