è donna il volto della protesta vicentina – .

è donna il volto della protesta vicentina – .
è donna il volto della protesta vicentina – .

Che si parli della questione palestinese o del caso della giovane giornalista minacciata nel centro della città palladiana a Vicenza in questi giorni il volto della critica o della protesta è una donna. Oggi, 1° luglio, Emanuela Natoli, presidente di Movimentiamoci, in una nota diffusa questa mattina ha infatti criticato la scelta della procura locale per richiedere l’archiviazione per l’aggressione verbale subita nel mese di ottobre dalla giornalista Martina Mazzaro. Il 26 giugno, però, si era ripetuto “un flash mob” organizzato da sole donne ai veneziani «il dramma vissuto in Palestina, il cui popolo è sottoposto da mesi al genocidio perpetrato dall’esercito israeliano».

IL PREAMBOLO
Il 26 giugno il “Gruppo Donne per la Palestina di Vicenza” ha organizzato “due flash mob”, cioè due assembramenti improvvisi, uno in piazza Castello e uno in piazza San Lorenzo. muovendosi in corteo tra le due piazze del centro cittadino», annuncia Angela Rotella in una nota diffusa il giorno successivo dalla stessa attivista, uno dei volti di spicco della rete. «Decine di partecipanti, tra le settanta e le ottanta persone, malgrado a tratti piovesse» hanno preso parte all’evento. Durante il quale la sirena antiaerea suonò in modo simbolico. In quel momento alcune persone si sono sdraiate a terra, come se fossero morte, e sono state poi “coperte con un lenzuolo bianco”. Le note del «Requiem di Mozart accompagnavano la rappresentazione di quei corpi ancora sull’asfalto, con i passanti che si fermavano ad osservare la scena». Si è trattato essenzialmente di una denuncia allegorica di quanto sta accadendo “a Gaza e non solo a Gaza” dice Rotella.

A margine dei flash mob ci sono stati diversi interventi al megafono. Interventi in cui si parlava della “complicità del governo italiano che da ottobre, in piena guerra, continua a fornire armi a Israele” nel contesto dell’impegno militare che il governo di Tel Aviv ha posto in essere per annientare la proiezione di Hamas su quei territori: una formazione politica e terroristica allo stesso tempo. Ma il contrasto costa un massacro in termini di vittime, “soprattutto donne e bambini”. Solo pochi giorni fa il gruppo umanitario britannico Save the Children, spiega Rotella, aveva denunciato che a Gaza risultavano dispersi quasi 21mila bambini palestinesi, “forse morti sotto le macerie o detenuti dalle forze israeliane”, “che si sommano ai 15mila bambini uccisi dall’esercito israeliano dal 7 ottobre”: data dell’attacco terroristico di Hamas sul suolo israeliano noto come «Alluvione di Al Aqsa» nel contesto di un conflitto che è ormai nell’aria da oltre mezzo secolo.

ACCUSA
In piazza, i partecipanti hanno denunciato il fatto che, “di fronte alle numerose violazioni dei diritti umani e ai crimini di guerra commessi da Israele, né l’Unione Europea, né alcun paese occidentale, né molti paesi arabi hanno imposto sanzioni e misure che limitano o bloccano le relazioni economiche e commerciali con Israele. L’impunità concessa a Israele insieme al sostegno fornito attraverso la costante fornitura di armi colloca l’UE, gli USA e molti paesi occidentali come complici e corresponsabili, quindi colpevole, della tragedia palestinese”. Nel corso della manifestazione (nella foto un momento del flash mob in piazza San Lorenzo davanti a Palazzo Repeta) i manifestanti hanno parlato anche della scarsa copertura mediatica che la stampa italiana sta fornendo agli scontri in corso nelle zone di Gaza e Rafah come segnalato il giorno dopo in giro il canale Telegram «Occhio alla Palestina»Questa è una battaglia che si combatte da mesi the writer Alessandro Di Battistaun ex parlamentare del M5S che però se n’è andato da tempo.

NON SOLO UNA QUESTIONE GIUDIZIARIA
Più locale invece è la chiave della posizione assunta da Movimentiamoci, l’associazione che da anni si batte per i diritti delle madri vittime di abusi giudiziari e più in generale per i diritti delle donne. Il presidente Natoli in una nota diffusa questa mattina si è soffermato a lungo sul caso Mazzaro, raccontando in un lungo studio il 28 giugno da Vicenzatoday.it. Più specificamente Natoli (il cui pensiero non si discosta troppo da quello della segretaria veneta del sindacato Cub Maria Teresa Turetta) L’operato della Procura di Vicenza ai raggi X. Stigmatizza duramente quest’ultimo per aver chiesto l’archiviazione del caso contro il giovane che aveva minacciato il giornalista, attribuendo la decisione, ora al vaglio del giudice per le indagini preliminari, al contesto difficile e degradato (quello del parcheggio Verdi) in cui l’aggressione verbale avrebbe comportato l’intimidazione del cronista che stava documentando lo stato di degrado di quella porzione di territorio comunale.

«L’IMPOTENZA DELLO STATO»
«Archiviare, come ben sanno le vittime di violenza domestica e di abusi sessuali, sembra ormai una consuetudine, pensata per certificare l’impotenza dello Stato – scrive Natoli – anche di fronte all’evidenza dei reati. Nella definizione di un luogo socialmente così complicato – prosegue il presidente vicentino dell’associazione – osserviamo la constatazione di una triste realtà: pervasa dalla rassegnazione che si cerca di mascherare con un pizzico di cinismo». Poi un ultimo punto: se chi lavora nell’amministrazione della giustizia si sente «così impotente, quale messaggio lancia alla popolazione e, soprattutto, alle vittime? Vorremmo sentire altre parole dalla Procura, senza incolpare la vittimaChe, tra l’altro, svolgeva la sua professione». Tanto che sui quaderni di Vicenzatoday.it Natoli ripete più volte «con tutta la determinazione di cui siamo capaci noi donne» il suo «no al bavaglio alla stampa: anche se sono tanti i casi in cui la categoria deve comunque farsi un esame di coscienza».

Una professione che però, “quando esercitata con scrupolosità e piena cognizione di causa”, sembra sempre più sotto attacco, innanzitutto “da parte di una certa classe politica”protesta Natoli. Secondo lei, da troppo tempo “stiamo assistendo a veri e propri attacchi allo stato di diritto”. Attacchi in cui “paradossalmente, l’impronta garantista delle nostre leggi sembra venire prontamente in soccorso” di chi viola il codice penale “a danno delle vittime”. Visto che sempre più “si finisce puntualmente per dare la colpa a queste ultime, nella scia più classica del ‘se l’erano cercata’”.

 
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