Recensione Labyrinthus Stellarum Vortice dei Mondi – .

Recensione Labyrinthus Stellarum Vortice dei Mondi – .
Descriptive text here

Adesso si chiama metallo nero cosmico. La sezione atmosferica del genere, cioè dedicata esclusivamente alla creazione di musica e parole che viaggiano nello Spazio.

Naturalmente le definizioni hanno il loro tempo. Forse bastava qualcosa di meno impegnativo black metal atmosferico. Tuttavia, l’aver voluto approfondire un tema che da millenni appassiona studiosi e appassionati di tutto il mondo, ha consentito alla Labirinto Stellarum salire sulla loro astronave per viaggiare dove nessuno è mai arrivato.

Per delineare i confini della proposta della combo ucraina è necessario, però, partire da qui post-neroa sua volta una forma di declinazione dell’enorme calderone che contiene il gioco dello shoegaze. Il black metal è fortemente caratterizzato da uno straordinario uso degli arrangiamenti, quindi, per creare quell’atmosfera di cui sopra.

Appena un anno dopo la cellula embrionale intitolata “Tales of the Void”, l’album d’esordio, i due fratelli Alex Andronati E Misha Andronati hanno affinato, perfezionato e dato libero sfogo alle loro idee grazie alla pubblicazione del loro secondo figlio “Vortice dei mondi”.

Un’operazione apparentemente di routinecosa subito smentita dal brano d’apertura ‘Trascendenza’dotati di una musicalità straordinaria attraversata, come scariche elettriche, da meravigliose melodie. Alex dà la sua voce, aspra, ruvida; urlo che canta la disperata constatazione dello sterminio di Gea, perpetrato dagli innumerevoli orrori di cui il genere umano è capace. Inoltre intasa il disco, come già detto, con una potente introduzione di tastiere, orchestrazioni, inserimenti ambientali volti a scatenare potenti allucinazioni oltre l’orizzonte degli eventi, sia acustici che, soprattutto, visivi.

La morbidezza delle armonie del suddetto brano, ma anche degli altri, induce nella mente, infatti, un significativo stato lisergico, totalmente visionario, in cui stelle, pianeti, nebulose, galassie, buchi neri e tutti gli oggetti che costellano un Universo nato tredici miliardi di anni fa.

Ancora, “Vagare interstellare” traccia le coordinate astronomiche dove potrai spaziare nel vuoto assoluto tra una stella e l’altra. Il suono è pieno, ordinato, e spesso accarezza il cuore dei coraggiosi viaggiatori nel tempo come una sorta di conforto, dilatato dalla teoria della relatività generale di Einstein. Mentre le galassie, allontanandosi l’una dall’altra a causa della legge di Hubble-Lemaître, sfrecciano accanto all’astronave mostrando i loro colori indescrivibili, le loro sorprendenti forme ellittiche, la brillantezza della vita, il loro canto struggente.

BENE, “Vortice dei mondi” segue tutte queste peregrinazioni spostandosi nello spazio-tempo per mostrare, con la meraviglia delle note, l’incomparabile bellezza delle stelle di neutroni, degli sciami di comete, delle nane bianche, supenovae che, come fantasmi, emergono all’improvviso dal nulla (“Dal nulla”).

Il suono dell’LP, pur essendo autoprodotto, è di livello qualitativo più che buono, potendo così competere senza timori con le case produttrici ufficiali. Ciò probabilmente deriva da un’eccellente programmazione della batteria (per la quale c’è aiuto da Dmytro Bokhan), che rende il suono stesso professionale, distinguibile in ogni momento. Ma, soprattutto, spesso, profondo al punto da attivare le emozioni più tristi dell’animo umano, come una struggente malinconia derivante dal dolore del sogno infranto di poter navigare davvero sulle onde gravitazionali. C’è insomma una fervida nostalgia per incommensurabili paesaggi alieni osservati con l’occhio della musica, bloccati nella loro linea temporale percorsa dall’inizio alla fine senza deviare dal loro destino (“La luce dei mondi morenti”).

La traccia di chiusura, che non è altro che la title track “Vortice dei mondi”conclude l’epopea galattica di Labirinto Stellarum scivolando in un immenso vortice di Mondi in perenne equilibrio tra loro, permettendo così, forse, la nascita di un wormhole, o Ponte Einstein-Rosen, per esplorare parti dell’Universo distanti miliardi di anni luce.

E lì, a un punto indefinito, finalmente, morire.

Daniele “dani66” D’Adamo

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Pearl Jam, la recensione di Dark Matter – .
NEXT “Il mio è un album di poeti e pornostar. Dedico una canzone al mio ragazzo che sbaglia i congiuntivi. Bruni? Generoso” – .