Il ritorno di Piero Pelù, ‘Deserti’ tra rock e world music – Musica – .

Il ritorno di Piero Pelù, ‘Deserti’ tra rock e world music – Musica – .
Il ritorno di Piero Pelù, ‘Deserti’ tra rock e world music – Musica – .

È un viaggio attraverso le tante anime di Piero Pelù, quello intrapreso dal rocker fiorentino con il nuovo album, ‘Deserti’. Il lavoro in studio è anche ciò che segna il ritorno sulle scene di Pelù dopo un anno di stop forzato, a causa dei problemi legati al forte shock acustico subito in sala di registrazione e al successivo rinvio del tour. “Questo nuovo album – ha detto Pelù – si inserisce prepotentemente in una trilogia non ancora ben definita ma iniziata con ‘Pugili Fragili’. Mentre scrivevo ho trovato un filo conduttore che collegava i due album. Ho una sorta di malattia per le trilogie, le tetralogie e chi più ne ha più ne metta e ho pensato che questa fosse un’altra buona occasione. Dall’uscita di ‘Pugili Fragili’ nel 2020, tutto quello che sarebbe potuto succedere ci ha gettato nella mischia. disagio (da qui il nome ‘Trilogia del disagio’). A noi il compito di essere energia positiva, anche se essere artisti oggi è sempre più difficile”. Dodici brani in totale, quelli raccolti in ‘Deserti’, che raccontano il DNA multiforme di Pelù. “Ho ritrovato lì tutta la mia anima dagli anni Ottanta a oggi – ha spiegato la voce dei nuovi ‘Picasso’ e ‘Maledetto Cuore’ – e questo mi ha permesso anche di ricordare quante volte avevo già parlato di deserti in passato. L’ho fatto in ‘Fata Morgana’ e in tante altre canzoni, con i Litfiba e come solista.
È una vera attrazione che mi porta spesso anche in Marocco”. ‘Deserti’ è anche la sintesi del pensiero di Pelù sulla società e sulla socializzazione, degli ultimi quattro anni che definisce un “poker di colpi mortali tra penademia e guerre violentissime alle porte dell’Europa”, il mondo che va in pezzi e una politica incapace di fermare il peggio. “Non potevo fare a meno di notare una grande desertificazione intorno a noi – ha detto Pelù – nella società, nelle periferie, tra i ragazzi alle prese con i social, oltre che nell’affettività. Poi c’è il deserto ambientale, perché per esempio la Sicilia sta diventando ufficialmente un deserto e invece di pensare a nuove ed efficienti invasioni vogliono costruire un ponte che non sarà mai finito e che divorerà miliardi”. Musicalmente il discorso va nella stessa direzione, con tanti riferimenti alle note che da sempre guidano la carriera di Pelù. “È un album complesso fatto di punk ma anche di Mussorgsky e di musica etnica, che sono sempre stati i miei riferimenti. Ci sono ovviamente e con orgoglio i suoni dei Litfiba e montagne di chitarre rock suonate da Giacomo Castellano, uno dei migliori chitarristi rock mai esistiti, oltre a Ghigo, ovviamente”. Anche le storie di ‘Novichok’, ‘Tutto e subito’, ‘Baraonde’ e tutti gli altri titoli del nuovo album sono il risultato di un anno trascorso alle prese con i problemi dell’acufene. “L’anno di stop forzato – ha detto Pelù – mi ha lasciato imprigionato in uno stato depressivo maggiore. Ritrovarmi con le orecchie devastate in studio di registrazione, dopo circa un milione di concerti fatti a modo mio, è stato surreale. Oggi ho ancora un rombo costante nelle orecchie, che però tecnicamente sono riuscito a superare con una catena tecnologica di macchine che mi permette di giocare”. A suonare e cantare, tornerà anche Pelù con il nuovo tour che partirà da Spilinbergo il 29 giugno, che farà tappa in varie località italiane per tutta l’estate, per poi fare tappa nei club (Firenze, Milano e Torino) a novembre

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