Sul corpo di Giulio Regeni «sono state ritrovate quasi tutte le torture compiute in Egitto e descritte, tra cui pugni, calci, uso di mazze, ustioni». Lo ha detto in aula il professor Vittorio Fineschi, specialista in medicina legale e consulente della Procura di Roma, nel corso di una nuova udienza del processo sull’omicidio, sequestro e tortura del ricercatore italiano. Fineschi, nel 2016, eseguì l’autopsia sul corpo di Regeni: «Gli accertamenti medico-legali effettuati in Egitto erano al di sotto dello standard minimo – ha affermato rispondendo alle domande del sostituto procuratore Sergio Colaiocco – quanto descrivono non è compatibile con quanto abbiamo trovato. Le indagini medico-legali in Egitto sono state incomplete e poco approfondite”. L’Egitto – ha spiegato ancora in aula lo specialista – «nel corso degli anni ha pubblicato due lavori scientifici sulla tortura, uno dei quali relativo a 140 casi con l’elenco dei metodi di tortura praticati sui vivi, come persone arrestate e poi torturate anche con trascinamento del corpo, mazze, ammanettamento di polsi e caviglie, bruciore. In un’altra pubblicazione – ha rimarcato Fineschi – cioè uno studio retrospettivo relativo a 367 casi di tortura avvenuti negli anni 2009 e 2010 in Egitto, vengono riportati numerosi metodi di tortura che poi sono stati rinvenuti anche sul corpo di Giulio Regeni, ad esempio le percosse sui piedi finché tutte le ossa siano rotte».
Il dottor Marcello Chiarotti, tossicologo e consulente della Procura di Roma, ha informato in aula che la morte di Giulio Regeni può essere «stimata tra le 22 del 31 gennaio e le 22 del 2 febbraio 2016. Regeni non aveva fatto uso di alcuna sostanza stupefacente o stupefacente o sostanze velenose, gli esami tossicologici hanno dato tutti esito negativo”. Nel caso sono accusati quattro 007 egiziani.
